Acqua Bene Comune: per il Pd è il momento della chiarezza

acquaIn vista della direzione nazionale del partito democratico del 28 marzo 2011 chiediamo al segretario e alla direzione tutta di prendere una posizione chiara ed esplicita per 2 SI sui referendum in difesa dell’acqua bene comune. Chiediamo anche che il partito democratico mobiliti tutte le sue strutture territoriali per vincere i referendum.
Dal giorno in cui è iniziata la raccolta di firme, moltissime realtà locali del PD spontaneamente hanno aderito alla raccolta impegnandosi sul campo al fianco di movimenti, associazioni e cittadini. Forte era ed è la convinzione che l’acqua sia un bene comune e in quanto tale debba essere gestita. Il successo della raccolta delle firme ce lo ha confermato.
Da subito abbiamo avviato una iniziativa interna al partito democratico, da questa spinta nascono i democratici per l’acqua bene comune.
Il 15 giugno 2011 gli italiani sono chiamati al voto su 4 referendum: nucleare, legittimo impedimento e i 2 referendum contro la privatizzazione dell’acqua.
Noi ci batteremo con i cittadini per raggiungere il quorum e per la vittoria di 4 SI.
Non possiamo immaginare altra scelta da parte del nostro partito. Non sarebbe capita. Non sarebbero capiti tatticismi da corridoi volti ad oscurare uno dei quattro quesiti, non sarebbe capito un atteggiamento di Si nei confronti di un referendum e di No nei confronti di un altro.
Crediamo che il Pd, in questa fase di difficoltà debba riappropriarsi con coraggio di questo tipo di battaglie di civiltà: è il momento delle scelte chiare.
Potremmo liquidare la discussione sottolineando come anche il modello di gestione mista pubblico/privato ha mostrato tutti suoi limiti proprio nella incapacità di attrarre gli investimenti privati. Limite che è dovuto all’enorme divario tra necessità e possibilità, è stimato che gli investimenti necessari al sistema idrico italiano sarebbero di 60 miliardi di euro.
Sottolineando come sarebbe difficile trovare un privato che ha la possibilità di investire cifre di questa entità. Ma anche se si trovasse certamente non lo farebbe per spirito civico ma per ottenere un rendimento adeguato attraverso la tariffa, come del resto prevede la legge esistente. La bolletta è l’unica base possibile per finanziare l’enorme mole di investimenti necessaria nei prossimi anni.
Qualcuno dovrebbe quindi spiegare per quale motivo gli utenti ed i consumatori in aggiunta al costo degli investimenti dovrebbero farsi carico di remunerare anche l’utile dell’azionista. Si dice che questo assicurerebbe una maggiore efficienza di gestione e tutelerebbe meglio i consumatori. Ci permettiamo di dubitarne. In situazioni di monopolio naturale come l’acqua una logica privatistica è più facile che produca effetti distorsivi che maggiore efficienza o tutela. Efficienza e tutela che sono necessari.
Basti pensare al pericolo che il privato per ottenere un risultato economico tagli la manutenzione degli impianti.
Pensiamo però che il tema non sia solo questo.
Nel mondo globalizzato dobbiamo e vogliamo affrontare la sfida dei beni comuni in una dimensione inedita, nuova, che sia capace di guardare al futuro e non solo al presente.
I beni comuni come l’acqua sono dei diritti fondamentali indispensabili per la sopravvivenza. Tutti ne devono avere accesso.
La loro natura è caratterizzata da un attitudine a soddisfare bisogni collettivi, condivisi. I beni comuni appartengono a tutti e a nessuno, nel senso che tutti devono poter accedere ad essi e nessuno può vantare pretese esclusive. Devono essere amministrati muovendo dal principio di solidarietà. Devono includere la dimensione del futuro, e quindi devono essere governati anche nell´interesse delle generazioni che verranno. Perché sono patrimonio dell´umanità.
La difesa dei beni comuni ha quindi una natura chiaramente politica, che non si lascia racchiudere nello schema tradizionale del rapporto tra proprietà pubblica e proprietà privata.
Esiste un evidente nesso tra beni comuni e diritti del cittadino. Un bene come l´acqua non può essere considerato una merce che deve produrre profitto. L’acqua non può essere ridotta alla logica del mercato ma deve aprire una riflessione su un aspetto nuovo della sostenibilità: che non è solo quella imposta dai rischi del consumo scriteriato dei beni naturali (aria, acqua, ambiente). Se tutto deve rispondere esclusivamente alla razionalità economica, l’effetto può essere quello di un’erosione delle basi morali della società.
Siamo stati immersi nella furia dei particolarismi e nell’estrema individualizzazione degli interessi da cui dobbiamo uscire. I beni comuni si sottraggono alla logica dell’uso esclusivo e, al contrario, rendono evidente che la loro caratteristica è quella della condivisione, che manifesta con nuova forza il legame sociale, la possibilità di iniziative collettive.
Con loro ritorna il tema dell’eguaglianza, perché i beni comuni non tollerano le discriminazioni nell’accesso se non a prezzo di divisioni che disegnano davvero una società castale visto che beni fondamentali per la vita, come la stessa salute, sono più o meno accessibili a seconda delle disponibilità finanziarie di ciascuno. Intorno ai beni comuni si propone così la questione della democrazia e della dotazione di diritti d’ogni persona.
Spostando lo sguardo sui beni comuni siamo obbligati a misurarci con problemi interamente nuovi.
Per questi motivi, con lo sguardo rivolto al futuro e non al passato dobbiamo difendere l’acqua come bene comune.
Per questi motivi chiediamo alla direzione del partito democratico di sollevare lo sguardo dal presente per guardare al futuro del nostro paese in una accezione nuova e coraggiosa.
E’ il momento del ritorno della politica e del coraggio per questo chiediamo 2 Si chiari sui referendum per l’acqua bene comune.

21 marzo 2011
Da PaneAcqua

vedi anche: http://pdacquapubblica.wordpress.com/aderiscono/

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