La fine della Storia

Matteo Zullo, diciannovenne piemontese, al momento in possesso della maturita’ classica, lettore del Giornale del Ribelle e simpatizzante di Movimento Zero, e i cui orizzonti intellettuali si inscrivono in un’area che va da De Benoist a Latouche, da Heidegger a Junger, da Schmitt alla Scuola di Francoforte, ha scritto per il blog questa lucida riflessione sulla dissoluzione post-moderna nella quale siamo immersi.

Ho nostalgia / della grandezza / del mondo, / della sua immensita’‘ – Paul Virilio.

Effettivamente, il nostro mondo non ha piu’ nulla d’esterno, ne’ in senso geografico, ne’ soprattutto in senso culturale. Le differenze, laddove ancora sussistano, sono considerate come residuali, accidenti transeunti sulla strada del sol de l’avenir. Che e’ sempre e comunque quello della societa’ di mercato, liberal-democratica e individualista. La nozione di ‘terzo mondo’ nasce proprio da questo presupposto: l’esistenza di un ‘primo mondo’ cui sarebbe fisiologica la necessita’ di conformarsi. Laddove si individua in uno specifico passaggio della storia lo stadio ultimo della parabola umana, si determinano di conseguenza tutti gli altri come transitori. Il purgatorio sta al Medioevo cristiano come i paesi ‘in via di sviluppo’ alla Modernita’.
L’ipermercato globale porterebbe insomma a compimento il progetto universalista dell’occidente, riuscendo nell’impresa in cui hanno fallito le religioni monoteiste prima e i totalitarismi politici poi. Le categorie della Modernita’ non sono d’altronde altro che categorie teologiche secolarizzate (Schmitt): all’escatologia Cristiana si sostituisce la terra promessa del mercato, e a quest’ultimo si trasferisce la prerogativa messianica sottratta alla rivelazione divina. Al proselitismo Paolino si sostituisce poi l’esportazione della religione laica fondata sulla trinita’ democrazia-libero mercato-diritti umani.
La vocazione provvidenziale, e con essa le nozioni secolarizzate di egualitarismo, individualismo, linearita’ storica, sono condivise da tutte le forme ideologiche prodotte dalla Modernita’ occidentale, dal liberismo economico alle ideologie progressiste. Anzi, la ‘Modernita’ compiuta’ scioglie la tensione oppositiva tra le varie ‘vie al moderno’, dimostrando che esse erano parti complementari di un progetto unitario. Ovvero, il dispiegamento della ‘metafisica della soggettivita” (Heidegger), la quale pone e istituzionalizza progressivamente la trascendenza del soggetto a detrimento della sua oggettivita’ ambientale, relazionale, culturale. E di cui il momento economico (rilascio dell’homo oeconomicus) e quello sociale (liberazione prometeica dell’individuo) rappresentano le due parti integranti.
Destra e Sinistra smettono di rappresentare qualcosa di reciprocamente alternativo, ma si fondono nel creare il pensiero unico della Fine della Storia, eretto sul ticket liberismo economico-prometeismo sociale. Questo avviene al termine della lunga rincorsa, da parte della Sinistra, della Destra sul terreno dell’economia, e, da parte della Destra, della Sinistra nel costume. Come spiega Costanzo Preve, la riproduzione del Sistema avviene a destra nell’economia, a sinistra nella cultura, al centro nella politica.

 

‘Tutto e’ compiuto’ – possono affermare in coro i nipotini di Hegel e di Kant (Fukuyama, Habermas). ‘Il migliore dei mondi possibili’ e’ teorizzato e disponibile una volta per tutte: cio’ che resta e’ farlo coincidere con il mondo reale. D’altronde, perche’ qualcuno non dovrebbe volerlo? Lo ‘spirito del missionario’ valica cosi le frontiere destra-sinistra: da una parte Bush che esporta la democrazia con la guerra, dall’altra l’umanitarismo radical-chic che va in Africa a sottrarre i poveri uomini neri al sottosviluppo e all’ignoranza. La direzione e’ decisa in partenza e non e’ opinabile, perche’ e’ ‘il Meglio stesso’. Di conseguenza, la politica, venendole inibito il ‘mondo dei fini’ e venendo unicamente richiamata sui ‘mezzi’, trascolora a mera gestione dell’esistente, tecnocrazia, impolitica, raziofascismo (Feyerabend).
L’unico atteggiamento disponibile diviene cosi il riformismo, esteso a tutte le latitudini e veicolato a varie intensita’. La ‘megamacchina senza volto’ va semplicemente oliata e lubrificata: il cancro e’ sempre nel Sistema ma non e’ mai il Sistema. Lo spauracchio assoluto diventa la ‘corruzione’. ‘Alti guai’ (e bipartisan) si levano per la ‘speculazione finanziaria’, per la ‘fuga dei cervelli’, per il fatto che non-siamo-ancora-come-la-Svezia. E pazienza se la Svezia ha il piu’ alto tasso di suicidi del mondo (assieme all’efficientissimo Giappone).
Abolita e’ la categoria di ‘Rivoluzione’. Tutte le ideologie presuntamente antagoniste muovono anzi da un’apologia delle premesse del mondo attuale, chiedendo che esse vengano semmai portate alle estreme conseguenze. I movimenti no-global non contestano la ‘globalizzazione’, ma chiedono che si abbia una ‘globalizzazione dei diritti’ oltre che dei ‘doveri’. Essi infatti nascono nel grande ventre del socialismo, il quale e’ niente piu’ che una teoria dell”uguaglianza rispetto ai bisogni’ (Rawls) e predica le redistribuzione delle risorse senza nulla aver da dire sul cosa venga redistribuito.
Cosi e’ pure per i movimenti altroconsumo – commercioequo & affini, i quali forniscono in realta’ la piu’ accorata esaltazione della riduzione del mondo a mega-market globale, a condizione che essa sia totale e completa. Questi gruppi si ergono a piu’ accaniti difensori della diversita’ culturale, fondandola su sfondo relativista. Ma in realta’ un ipermercato globale puo’ solo essere multi-etnico, mai multi-culturale: quella dello scambio mercantile e’ una mono-cultura che tritura la specificita’ riducendo tutto all’astrattezza del ‘valore di scambio’.
Grottesco e’ poi il caso dell’ecologismo, che individua il nodo della questione in un passo ulteriore del progresso (il suo farsi ‘verde’ e ‘sostenibile’), e non in una sua messa in discussione. In realta’ cio’ che la ‘questione ambientale’ mette sotto esame e’ il paradigma stesso su cui si fondano le societa’ moderne, ovvero il paradigma lavorista dell’homo faber, in cui la vocazione dell’uomo viene individuata nella trasformazione compulsiva di cio’ che gli e’ circostante (faustismo) e non nel suo inserimento armonico all’interno di esso (κόσμος greco). Pensiamo solo al nostrano caso Vendola. La sua proposta abbina l’ecologia al background classico della sinistra lavorista: si vorrebbe cioe’ coniugare l’istanza ecologista con la tutela dell’occupazione all’interno di un immutato contesto di sviluppo materiale. Ma questa e’ una contraddizione in se’ (il socialismo e il marxismo sono infatti genuinamente produttivisti), e’ un pastiche indebito tra Novecento e Terzo Millennio.
Qualunque assistenzialismo e’ inoltre incompatibile con l’ecologia: la questione ambientale contesta infatti la dinamica sociale moderna di decisione dall’alto verso il basso perche’ richiama il singolo al ‘principio responsabilita”. Senza cio’, si procede a un ecofascismo per via tecnocratica, che mantiene irrisolta l’incomunicabilita’ tra gli individui e l’ambiente risolvendo solamente gli aspetti esteriori dell”urgenza ambientale’. Ma, come rileva De Benoist, il vero orizzonte non e’ quello di un’esplosione (cioe’ di una catastrofe), bensi di un’implosione. La situazione e’ insostenibile di per se’. Il problema non e’ dato dato da un’occorrenza estemporanea della Modernita’, ma e’ la Modernita’ stessa. Si tratta di fare a quest’ultima un vero e proprio processo alle intenzioni.
Altre presunte zone franche di critica al Sistema rivelano tutta la loro velleitarieta’. Pensiamo agli studenti scesi in piazza nella scorso autunno contro la riforma Gelmini: polemizzano con il potere tecnocratico-produttivista con gli stessi argomenti tecnocratico-produttivisti. Del tutto assente e’ la prospettiva di un’altro, ulteriore e alternativo alla societa’ della competizione, del merito, della crescita. Il governo Berlusconi sarebbe incompetente, incapace di tenere il passo con l’incedere dei processi economici e sociali mondiali. Ammesso e non concesso che sia cosi, il fatto rilevante e’ l’implicita apologia che la contestazione muove alla ‘megamacchina globale’. La Fine della Storia trova i suoi rampolli prediletti. Che si costernano per la ‘fuga dei cervelli’, quando il vero problema e’ la ‘fuga dal cervello’ (Ceronetti), esautorato dal suo ruolo di agente critico. Le fila di quale sistema i ‘cervelli in fuga’ vadano a rimpolpare, niente importa.
Insomma, la rivoluzione della ‘modernita’ compiuta’ rende obsolete tutte le vecchie dicotomie oppositive (destra-sinistra, reazione-progresso’). Il nuovo capitalismo e’ post-borghese e post-proletario, il Potere non e’ piu’ repressivo ma permissivo. La sua tirannia non si esercita piu’ nella tortura e nella coercizione, ma nell’assuefazione a se’ medesimo.
L’alternativa non puo’ piu’ aspettare. La classe rivoluzionaria ha smesso di avere connotazione sociale. E la ‘rivoluzione’ non possiamo aspettarcela nemmeno dall’elite espertocratica degli scienziati. Come ci ricorda MacIntyre, la Modernita’ e’ la storia della subordinazione del genio umanistico a quello scientifico. Il quale e’ per definizione neutrale rispetto ai fini. Cio’ di cui si ha bisogno e’ un’opera demiurgica, il ‘colpo di pennello’ di un intelletto creativo. E. F. Schumacher parla di ‘restaurazione metafisica’. Jonas di rifondazione metafisica dell’etica.
La nuova alternativa e’ quella di una teologia positiva del concetto di ‘limite’, che richiami sull’immanenza dell’uomo rispetto a quanto gli e’ circostante. Da questo deriva la prospettazione di una weltanschauung antitetica a quella liberal-progressista, declinantesi solo successivamente nei vari ambiti economico (decrescita), sociale (differenzialismo), politico (comunitarismo), istituzionale (federalismo). La reunion delle forze della modernita’ sotto l’ombrello della Fine della Storia rende impellente la riunione delle forze della Critica. Nella rinnovata logica dell’et-et (e non piu’ dell’aut-aut): Marx e Heidegger, Pasolini e Ce’line. La post-modernita’ dovra’ coincidere con il quarto nomos della terra.
Stiamo aspettando qualcuno, ma non e’ Godot.

(Tratto da: http://www.ariannaeditrice.it)

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