U.S.A.: un paese pericoloso per la pace mondiale

giornaleNel suo ultimo libro lo studioso John Kleeves racconta la storia “non romanzata” degli Stati Uniti: “Presto comincerà la loro crisi”. “Gli Usa, un Paese pericoloso per la pace mondiale” *Intervista a John Kleeves * [di Gianluca Savoini “La Padania”, 4 giugno 1999]

 

“L’obiettivo del governo americano è quello di governare il mondo allo
scopo di sfruttare tutte le risorse economiche mondiali. Per questo
motivo gli Usa vanno definiti per quello che sono: non un Paese fondato
sui principi della democrazia e della libertà, ma sul desiderio di
sottomettere tutti gli altri popoli. Un Paese pericoloso, quindi”.
E proprio così (Un Paese pericoloso) si intitola il nuovo libro di John
Kleeves (Società Editrice Barbarossa, tel. 02-201310), ricercatore di
filosofia di progettazione e studioso di fenomeni socio-economici legati
al processo di industrializzazione. “Per ottenere questo scopo gli Usa
adottano metodi oltremodo sanguinari – evidenzia Kleeves -: dal 1945 al
1990 gli interventi militari americani hanno provocato la morte di 30
milioni di persone”.
 
*Professor Kleeves, avendo gli americani vinto la Seconda guerra
mondiale e la Guerra Fredda, è vietato parlare male di loro, non glielo
ha mai detto nessuno?*
“Compito di un osservatore di politica internazionale è quello di
valutare i fatti senza paraocchi ideologici. Non è colpa mia se il
potere Usa si è dimostrato imperialista e fortemente orientato ad
imporre la sua volontà in ogni angolo del pianeta. E poi, come scrivo
nel mio libro, non è vero che Washington abbia vinto la Seconda guerra
mondiale”.
 
*Non l’ha vinta nemmeno Hitler, però..*.
“So di esprimere una valutazione che nessuno condivide, ma se guardiamo
bene quali erano gli obiettivi che gli Usa si erano prefissi, ci
accorgeremo che nessuno di essi è stato raggiunto. In Europa gli
americani avrebbero voluto mantenere la vecchia /balance of power/, che
era stata minacciata dalla Germania nazista, mentre in Oriente il
problema era rappresentato dal Giappone, che nel 1937 aveva iniziato la
conquista del mercato cinese e andava quindi fermato a tutti i costi
(non per nulla la bomba atomica americana ebbe come cavie umane proprio
i giapponesi)”.
 
*Invece è andata diversamente?*
“Certo, visto che la Russia è arrivata fino all’Elba, diventando la
potenza egemone e rompendo la balance of power, mentre in Oriente il
mercato cinese rimase fuori dalla portata della penetrazione
statunitense e nel 1949 la Cina divenne addirittura comunista. E dopo
aver perso la Seconda guerra mondiale l’America ha perso anche la Guerra
Fredda”.
*
Anche se sono crollati i sistemi comunisti?*
“Non per merito degli americani, ma per fallimento interno. L’obiettivo
centrale della geopolitica americana è quello di annientare la Russia, o
almeno di immobilizzarla tra i suoi ghiacci. Dal ’45 al ’50 sembrava
ormai imminente un attacco nucleare di Washington contro l’Urss e fu la
“cortina di ferro” innalzata da Stalin a far fallire il progetto.
Vent’anni fa l’amministrazione Carter lo dichiarò esplicitamente: “un
giorno dovremo combattere contro i russi, questo è sicuro”, dissero i
consiglieri dell’allora Presidente americano. Anche perché se l’Europa
si accordasse con i russi, a livello economico-commerciale e anche
strategico-militare, per gli americani sarebbe la fine del grande sogno
di dominio mondiale. Questo “rischio” per gli americani esiste tuttora,
a dimostrazione che nemmeno la Guerra Fredda è stata vinta da loro”.
*
Lei nel suo libro fa balenare l’ipotesi del non lontano crollo
dell’impero americano. Ne è davvero sicuro?*
“Negli Usa esistono forti contraddizioni interne e non è assolutamente
vero che il suo esercito sia in grado di dominare il mondo. A livello di
truppa, il soldato americano vale pochissimo. E senza truppe forti di
terra, nessuno può fare il “gendarme del mondo”. Per questo sono certo
che il piano americano sia destinato a fallire”.

ESTRATTO DEL LIBRO

(…) l’Italia ho già detto che è di Tipo A (cioè quando
gli USA hanno la possibilità di imporre totalmente la propria volontà sul
governo del Paese soggetto). Anzi, è il decano e il leader sia morale che
politico che economico delle neocolonie USA in Europa. Se c’è un Paese
europeo che fu una effettiva, totale e legittima preda di guerra degli USA
nella WWII questo fu l’Italia: fu una delle due potenze dell’Asse, fece la
sua guerra, la perse e fu occupata, rimanendolo sino adesso (oggi come oggi
ci sono un paio di centinaia di basi militari USA sul territorio italiano,
qualcuno dice solo 106). L’Italia non ebbe neanche la fortuna della
Germania, di essere in parte occupata dai Russi e di poter rinegoziare a
Muro crollato. Logico quindi che l’Italia sia quello che è.
 

 
Certo, la situazione non venne sbandierata ai quattro venti, anzi ci fu
subito un accordo, più che per tenerla nascosta, perché non se ne parlasse.
Venne inventata la Resistenza e la sua mistica, venne inventata una
Repubblica e una nuova Costituzione, vennero inventati i partiti e le
elezioni, con lo scopo di distrarre, ingannare, illudere. Straordinaria la
classe politica italiana post 1945, selezionata con criteri assolutamente
antimeritocratici, sia dal punto di vista professionale che intellettuale
che soprattutto morale: largo ai peggiori fu la parola d’ordine. Era ovvio,
perché i migliori – specie i migliori dal punto di vista morale – non si
sarebbero prestati, e difatti tranne le eccezioni di pochi illusi, di pochi
ingenui, non si prestarono. Si trattava infatti non di fare politica, ma di
fare polverone, di fare sceneggiate, di darla a bere ai connazionali, nel
frattempo stornando un bel po’ di soldi pubblici per dirottarli una frazione
nelle proprie tasche e il grosso verso la categoria ora dominante, quella
dei Kapò. Infatti anche con l’Italia gli USA adoperarono il loro solito
sistema neocoloniale: la spartizione delle risorse locali con l’elite ricca
del Paese, che in cambio mantiene il popolo tranquillo, lo addormenta e lo
distrae magari con il grande spettacolo della politica parlamentare, delle
sue liti, scandali, polemiche, elezioni, referendum eccetera, e
all’evenienza lo reprime.
 

 
In questo modo l’elite ricca del Paese diviene nella sostanza una categoria
di Kapò, che in cambio di favori esclusivi controlla e reprime la massa
connazionale, che viene sfruttata a piene mani. Naturalmente i kapò allo
scopo assumono alle loro dipendenze una numerosa manovalanza di sottokapò, i
politici, gli intellettuali, i figuranti generici, e la torma dei
vigilantes, mazzieri e tonton macutes variamente addobbati.
 

 
La spartizione delle risorse nazionali italiane fra una elite traditrice in
patria e gli USA è stata evidente: dopo il 1945, con una certa gradualità
imposta dalla discrezione, sono scomparsi interi settori industriali
strategici: aeronautica civile e militare, cantieristica navale militare,
costruzione di artiglierie fisse e semoventi, industria elettronica e
informatica, industria aerospaziale, missilistica, estrazione del petrolio
all’estero e anche in patria (Mattei fu addirittura ucciso per
ridimensionare l’Agip). Ciò era allo scopo di far importare all’Italia quei
prodotti dagli USA, è evidente.
 
Nel contempo l’Italia era invasa di prodotti “culturali“ USA, come musica,
libri e film, contro i quali non veniva posta alcuna restrizione.Clamoroso
il caso della cinematografia, dove il neorealismo italiano – un filone
troppo di successo anche nel mondo, dove faceva ombra a Hollywood – fu
soffocato nel giro di pochi anni privandolo dei crediti cinematografici
perché “il genere non andava più“. Sistemi analoghi venivano usati anche nel
settore industriale: il Personal computer fu inventato dall’ing. Perotto
della Olivetti, che lo brevettò, ma in breve tempo guarda caso il brevetto
finì alla IBM.
 

 
La ricerca scientifica italiana fu di fatto proibita: fingendo incapacità e
dabbenaggine della classe politica e sciocco baronismo della classe
universitaria si evitò sempre accuratamente di renderla agibile in Italia,
allo scopo di indirizzare i ricercatori italiani all’estero e nell’ambito in
grande maggioranza, naturalmente, negli USA. Attualmente ogni anno circa
10.000 giovani ricercatori italiani vanno a lavorare all’estero, direi negli
USA, dove seminano i benefici industriali derivanti dalle loro scoperte,
brevetti, invenzioni. E se qualche dirigente italiano si oppone a questa
direttiva, a questa politica o, se si preferisce, a questi ordini americani,
viene durissimamente punito, e vedasi certamente il caso dell’ex presidente
del CNR Felice Ippolito. Il dottor Montezemolo in nome della Confindustria
invoca il potenziamento della ricerca e sviluppo in Italia: bene, ma spero
che sappia di cosa parla. E mi piacerebbe ascoltare l’opinione in proposito
di qualche ministro dell’Istruzione, di uno di quelli più votati alla
“efficienza“: efficienza per chi, per l’Italia o per qualcun altro? E’ per
quello che insistono tanto sull’insegnamento della lingua inglese, perché
sanno che i giovani talenti scientifici sono destinati agli USA? Per quanto
riguarda gli stessi ricercatori italiani all’estero, sono addirittura
orgogliosi di lavorare “in America“ e per carità se possono dire “al MIT,
M-a-s-s-a-c-h-u-s-e-t-t-s I-n-s-t-i-t-u-t-e of T-e-c-h-n-o-l-o-g-y “: geni
forse, ma ingenui sicuramente.In pratica, come tutte le colonie, l’Italia
deve pagare un tributo annuo al padrone, sotto forma di una passività
commerciale imposta per importare beni che si potrebbero fare in casa (nutro
seri dubbi sulle cifre dell’interscambio Italia-USA che vengono diffuse).
 

 
E questa non è solo una opinione mia: nel 1995 nel suo libro “La grande
scacchiera“ lo ha addirittura ammesso Zbigniew Brezinski, l’eminenza grigia
del regime USA. Il flusso di migliaia di ricercatori invece è proprio
l’equivalente degli ostaggi della miglior gioventù che nell’antichità i
vincitori pretendevano dai vinti. Tutto ciò per l’Italia ha comportato e
comporta la perdita di centinaia di migliaia, forse di milioni di posti di
lavoro, e ha comportato certamente la compressione del salario di quelli
rimasti occupati, ed è realmente sbalorditivo rilevare come mai nessun
sindacalista italiano, come certamente nessun politico, abbia protestato, o
almeno mostrato di aver compreso la situazione.Tutto ciò dal 1945 alla CMB,
quando la dominazione USA sull’Italia era soft. Dopo il 1990, in pratica
quando si cominciò a parlare guarda caso di un sistema politico bipartitico
e maggioritario, questa dominazione è divenuta hard, perché gli USA non
hanno più restrizioni né remore e quello che vogliono lo prendono. E si
hanno avuto le privatizzazioni, che hanno avuto e stanno avendo (occorre
tempo) il classico effetto neocoloniale: sottrazione di risorse al popolo
(vendita a “privati“ di aziende di erogazione, utilities, acquedotti, reti
elettriche e telefoniche, centrali, rotaie e vagoni, immobili pubblici,
assicurazioni, banche ecc; si parla anche di vendere a “privati“ le strade,
le coste) e loro ripartizione tra l’elite di Kapò locali e le
Multinazionali, Finanziarie e altre Aziende USA. Al banchetto al momento
sono fatte partecipare entità anche di altri Paesi, ma ciò cesserà al
momento opportuno. E tutto, ripeto, avviene nel silenzio di politici,
giornalisti, scrittori eccetera di ogni e qualsivoglia partito, anche del
più marxisticamente o “nostalgicamente“ puro e intransigente: la connivenza
dei sottokapò è totale. Sto forse affermando che c’è un complotto contro il
popolo italiano? Certo che sì: l’Italia è un Tipo A e la sostanza della
situazione di questi Paesi è proprio l’esistenza di un complotto contro i
rispettivi popoli.(…)
 
Fonte: http://sitoaurora.altervista.org/Kleeves/Kleeves1a1a.htm
vedi anche: http://sitoaurora.altervista.org/Kleeves/Kleeves.htm

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