Cresce il microcredito, ma soprattutto for profit

Il rapporto tra le attivita’ di microcredito e di microfinanza da una parte e la grande stampa internazionale dall’altra appare in generale piuttosto variabile nel tempo; magari per mesi i giornali dei principali paesi occidentali tendono ad ignorare del tutto il fenomeno, salvo poi – in altri periodi – pubblicare anche decine di articoli sull’argomento e per di piu’ concentrati nello spazio di poche settimane. In generale, comunque, la stampa tende a guardare al fenomeno con un sentimento che mi sembra sostanzialmente di simpatia, ma distaccata.

L’ultima ondata di attenzione al tema si e’ manifestata da poco, in particolare nella seconda parte del mese di luglio e nei primi giorni di agosto, periodo nel quale l’estensore di questo testo – senza fare particolari ricerche sul tema – e’ incappato in numerosi articoli pubblicati sull’ argomento da The Economist, Le Monde, The New York Times, The Financial Times, The Guardian; e immaginiamo che, per imitazione, anche diversi altri importanti organi di stampa si siano interessati da vicino alla stessa questione nel medesimo periodo. Puo’ essere di qualche interesse raccontare brevemente i temi e i ragionamenti sviluppati in tali articoli.

Gli argomenti affrontati sono stati diversi, ma essi si sono concentrati per la gran parte su due questioni: da una parte gli sviluppi del fenomeno negli Stati Uniti, dall’altra la trasformazione crescente delle attivita’ di microcredito in un business che puo’ portare elevati profitti per i suoi promotori; su questo secondo tema la stampa ha passato in particolare in rassegna il caso dell’India, sicuramente molto significativo in proposito.

Per quanto riguarda il primo argomento, gia’ qualche anno fa avevamo dato notizia dell’apertura di una filiale della Grameen Bank di M. Yunus a New York e avevamo successivamente informato di alcuni ulteriori sviluppi dell’argomento. Secondo quanto riferisce ora un articolo del New York Times del 28 di luglio, da allora la banca ha aperto quattro nuove filiali a New York e una ad Omaha, Nebraska, mentre ha dei piani operativi per ulteriori prossime aperture in diverse parti del paese. Al di la’ del caso della banca di Yunus e anche di quello di Kiva, organizzazione nota anche da noi e molto presente ora negli Stati Uniti, il mercato dei microprestiti sta registrando in questo periodo un vero e proprio boom, in relazione, in particolare, alla situazione indotta dalla recessione e dalla conseguente stretta creditizia riscontrabile nel paese in particolare verso le attivita’ economiche di minori dimensioni. Il microcredito oggi si presenta cosi con un’immagine molto rafforzata e tende ad allargare notevolmente la sua audience. Sono ora attivi nel paese ben 362 uffici specializzati nei quali e’ possibile chiedere ed ottenere un prestito.

Si e’ sviluppata, in particolare, l’attivita’ di prestito in direzione delle piccole e delle micro imprese, con l’importo di ogni transazione pari in genere a qualche migliaio di dollari o, in qualche caso, anche a qualche decina di migliaia. Lo sviluppo dell’attivita’ negli Stati Uniti, come riferisce sempre il New York Times, e’ stato inoltre agevolato dal fatto che il pacchetto di stimoli all’economia varato nel 2009 dal governo Obama prevedeva anche uno stanziamento di 54 milioni di dollari a favore della Small Business Administration per lo svolgimento di un’attivita’ di prestito e di assistenza tecnica alle societa’ di microcredito; il meccanismo messo in piedi in proposito sta funzionando abbastanza bene.

Molto rilevante anche il secondo tema affrontato in diversi articoli, quello della deriva delle attivita’ del settore verso la ricerca di profitti e la quotazione in borsa. In India il settore del microcredito e della microfinanza e’ in grossa espansione; basti pensare che esso e’ cresciuto, tra il 2004 e il 2009, del 107% all’anno per quanto riguarda il livello dei prestiti; esso comprende oggi prestiti per un totale di circa 2,5 miliardi di dollari con circa 22,6 milioni di clienti. Un’operazione tipica, secondo quanto riferisce il Financial Times del 21 luglio, si aggira sui 200-250 dollari e comporta un interesse medio di circa il 28%. La domanda di credito non soddisfatta si aggirerebbe nel paese intorno ai 18 miliardi di dollari e sarebbero necessarie grandi iniezioni di capitale per fare adeguatamente fronte alle esigenze di tale mercato.

Il settore e’ stato all’inizio avviato e portato avanti da organizzazioni locali nonprofit, con l’obiettivo, tra l’altro, di ridimensionare la terribile piaga dell’usura che perseguita in particolare le campagne indiane. Ma ora stanno conquistando la scena degli attori piu’ aggressivi, orientati al profitto e sostenuti dalle banche commerciali ” che prestano il denaro al settore a tassi che si aggirano tra il 13 e il 19% – e da fondi di private equity. Il principale protagonista della scena della microfinanza e’ la Sks di Vikram Akula, personaggio sul quale avevamo fornito qualche notizia parecchio tempo fa, ma sono attive anche altre grandi organizzazioni, quali la Basix e la Spandana.

La notizia e’ ora quella che la SKS, che era stata a suo tempo avviata come un’organizzazione senza scopo di lucro e che ha ora l’obiettivo di diventare la piu’ grande organizzazione al mondo nel settore, ha deliberato un aumento di capitale riservato al mercato di borsa e che ha cosi raccolto 350 milioni di dollari in un colpo solo. Il fatto ha un precedente, del quale avevamo pure a suo tempo riferito, quello della messicana Compartamos, che aveva effettuato un’analoga operazione nel 2007; tra l’altro la societa’ messicana ha da allora raddoppiato i suoi profitti annuali. I commenti all’operazione da parte degli operatori tradizionali del settore non sono molto favorevoli. Cosi lo stesso M. Yunus ha dichiarato, a proposito di Vikram Akula e secondo quanto riferisce The Economist del 29 luglio, che si tratta di un giovane capace, ma che ha preso la strada sbagliata quando ha deciso di usare i microprestiti per farci sopra dei soldi.

Comunque tale deriva capitalistica del settore, in India come nel resto del mondo, e’ incoraggiata in ogni modo dalle grandi organizzazioni internazionali, dalla Banca Mondiale allo stesso ONU.

(Tratto da: http://www.finansol.it)

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