Stasi, internet ed il mostro del sesso

Moralismo e cattiva informazione generano mostri che non esistono.

Negli ultimi giorni due notizie hanno riguardato la Rete: la dichiarata volonta’ del centro destra di limitare la liberta’ di parola, nascondendo la cosa dietro una presunta repressione della “violenza politica”, e le nuove accuse ad Alberto Stasi per detenzione di materiale “pedopornografico”.

Conoscere il funzionamento di internet e comprenderne l’essenza e’ cosa molto complessa. Utilizzare un pc, collegarsi e navigare richiede poche competenze, del tutto essenziali, ma altra cosa e’ essere in grado di maneggiare in modo consapevole l’hardware (il macchinario), i software (i programmi) e le basi culturali sulle quali si basa l’intero sistema.

Il ritardo italiano in questo campo e’ gravissimo ed il Palazzo e’ abitato da persone che senza alcuna competenza speculano su un fenomeno del quale non sanno quasi nulla. Non e’ una novita’ nel nostro Paese, endemicamente contrario all’innovazione.

La campagna contro Facebook ed i blog e’ stata spiegata perche’ alcuni idioti hanno salutato l’inaccettabile aggressione al premier con ululati di gioia. Si puo’ fare un esempio estremo per spiegare meglio quanto sia strumentale la volonta’ di censura del centro destra. Quando furono assassinati Falcone e Borsellino i mafiosi festeggiarono a champagne. I magistrati, ovviamente, non hanno indagato sulle marche del prezioso vino o sugli operai edili che avevano costruito gli appartamenti nei quali i criminali si sollazzavano, ma hanno cercato i responsabili del delitto.

Internet e’ solo un luogo, un ambiente, nel quale al pari di un bar, di un cinema, di una scuola, di una strada transitano persone. E’ un posto neutro all’interno del quale i ‘passanti’ fanno quello che vogliono. Essendo del tutto ‘virtuale’, cioe’ non ‘reale’, pero’, quello che accade e’ del tutto ‘immaginario’. Cosi, anche i sostenitori di Massimo Tartaglia sono da iscriversi nell’elenco degli imbecilli e non in quello che riguarda pericolosi ‘killer terroristi’. Se due individui si incontrano in un giardinetto, cominciano a parlare, litigano e si picchiano passano da una condizione di confronto ad una di violenza materiale. Se due individui si mettono in contatto su una chat e cominciano ad insultarsi la fase ‘aggressiva’ si evince dal fatto che cominciano a scrivere con caratteri in maiuscolo, la forma piu’ grave di conflitto possibile. In pratica nessuno si fa male, eppure i due sono stati protagonisti di una rissa. Miracoli del virtuale.

In ogni caso se un reato, ad esempio una minaccia estorsiva, si compie effettivamente in rete, questo non la rende comunque meno punibile. Le leggi contro i reati si applicano perfettamente anche a quelli compiuti tramite internet, e non c’e’ nessuno bisogno, anzi sarebbe controproducente, di inventarne di nuove. L’unico motivo per creare nuove leggi in questo settore e’ infatti quello di avere secondi fini, tipicamente di volerle usare per inasprire il controllo sociale.

La proposta di ‘oscurare’ i luoghi (siti, blog, chat) nei quali si verificano cose per alcuni ‘inopportune’ e’ quindi una cosa del tutto ingiustificata e per altro velleitaria, poiche’ un internauta, se vuol proseguire la sua attivita’, puo’ agevolmente trasferirsi in qualche decimo di secondo in un un altro ambiente virtuale e continuare.

Perche’ allora pensare a leggi speciali per internet? Forse perche’ si ritiene di stabilire a priori di cosa i cittadini possano occuparsi e di cosa non debbano.

La limitazione della liberta’ di espressione su internet, per questo motivo, e’ piu’ grave ancora della censura ai giornali o alla tv, perche’ colpisce i singoli, ovunque essi siano. Trasferendosi in un luogo ‘reale’, la proposta di ‘controllare’ internet ricorda l’attivita’ liberticida delle dittature, nelle quali non solo si vieta la liberta’ di stampa, ma gli agenti della polizia segreta si occupano di arrestare chiunque dica qualcosa contro il regime nelle strade, sui tram, allo stadio. I Paesi che applicano limitazioni all’accesso in rete sono rete sono l’Italia, la Cina, in alcune fasi l’Iran, ed in modi diversi Bielorussia, Birmania, Cuba, Libia, Maldive, Nepal, Corea del Nord, Uzbekistan, Arabia Saudita, Siria, Tunisia, Turkmenistan e Vietnam. Paesi nei quali non ci si limita a colpire gli internauti, ma si mettono in galera anche semplici cittadini al di la’ della loro attivita’ in internet.

Ma che c’entra tutto questo con Alberto Stasi ed il materiale ‘pedopornografico’?

Sin dai suoi primi passi la rete, nella sua funzione di ambiente virtuale, ha compreso il sesso, esattamente accade nella realta’ ‘atomica’. Gia’ prima di internet, sistemi di comunicazione ‘arcaici’ come il ‘Minitel’ francese o lo stesso ‘Videotel’ italiano ospitavano chat nelle quali si parlava di sessualita’ e si sperimentavano le prime forme di sesso virtuale. Erano i primi anni ’80, 29 anni fa.

I rapporti fisici in rete non sono possibili, ovviamente, ma le pulsioni sessuali trovavano modo di esprimersi comunque, attraverso strade a volte bizzarre e stravaganti. Il relativo anonimato permesso dalle discussioni sul digitale consentivano ai piu’ disinibiti di realizzare una delle fantasie piu’ diffuse: quella di intrattenersi con uno sconosciuto incontrato per caso. In molti casi i protagonisti di queste vicende speravano in una successiva fase ‘reale’ dell’incontro, ma un grandissimo numero di internauti, specialmente americani, australiani o canadesi, erano convinti che si trattasse di ‘safe sex’, ovvero di ‘sesso sicuro’, perche’ non prevedendo nulla di concreto impediva il contagio dell’Aids.

Nello stesso tempo l’area ‘porno’ di internet diventava quella a maggior consumo, la parte piu’ visitata dell’universo digitale.

Questa vera e propria rivoluzione dei costumi, partita dai Paesi piu’ evoluti in campo tecnologico, si e’ poi estesa anche nel resto del mondo. I primi siti di foto a pagamento sono stati superati con l’avvento dei grandi contenitori di filmati ‘free’, liberi, ed oggi sono centinaia gli ‘Youtube’ porno, nei quali si postano non solo video ‘professionali’, ma anche una quantita’ non irrilevante di immagini amatoriali, riprese da cittadini con la passione dell’esibizionismo, contenti di vedersi e di farsi vedere in momenti che un tempo erano definiti ‘intimi’.

La frequentazione di questi ‘tube’ e’ estesa a tutto il globo e comprende qualsiasi categoria sociale: uomini e donne, giovani ed anziani. Inoltre e’ totalmente gratuita ed e’ assolutamente innocua. Il numero di visitatori e’ quantificabile in decine di milioni di persone ogni giorno, che si connettono da casa, dagli uffici, dagli internet cafe, persino dai giardinetti dove esistono reti wireless. Specifici software ed impedimenti di accesso proteggono i minori.

Puo’ accadere che cercando quello che si ‘preferisce’ i motori di ricerca indirizzino su siti nei quali sono immagazzinati materiali nei quali ci sono bimbi o adolescenti. Si tratta di video intollerabili, perche’ i protagonisti sono vittime non solo di della violenza degli adulti, ma anche e non di rado, di quella sociale. In alcuni Paesi asiatici l’immensa poverta’ induce i genitori a vendere i figli, che vengono avviati al mercato della prostituzione. Per quanto possa sembrare un fatto tremendo in occidente, in quelle societa’ la cosa e’ considerata del tutto naturale. In India le ragazzine consacrate alla dea Yellamma vengono addirittura offerte alla divinita’ dalle famiglie, con una cerimonia religiosa che impegna l’intero villaggio nel quale vivono le malcapitate e la comunita’ invidia la sorte benevola di quelle povere fanciulle perche’ andranno a vivere nella citta’, in case eleganti, avranno bei vestiti e cibi succulenti.

Succede per questo che ci si possa imbattere in video ‘pedopornografici’, che immediatamente il pc conserva nella sua memoria, in luoghi ‘nascosti’, dei quali forse il 90 per cento dei possessori di computer ignora l’esistenza. Puo’ succedere anche che alcuni, piu’ sprovveduti che perversi, decidano di conservare quei materiali, proprio per la loro natura ‘estrema’, esattamente come farebbero loro stessi o altri se trovassero le riprese dell’esecuzione di un condannato in uno stadio cinese o di un barista ucciso in un bar di Los Angeles da una gang metropolitana. Potenza dell’orrido, utilizzato anche da alcune tv, che mandano in onda riprese di incidenti mortali, sciagure sanguinose, sparatorie sanguinolente.

La ‘detenzione’ di materiale raccolto in rete, quindi, e’ al pari della censura su un blog, una forma di repressione ‘ideologica’, che punisce persone del tutto non responsabili di alcun concreto fatto criminale. Le valutazioni morali possono essere infinite, ma in termini pratici e’ estremamente pericoloso affermare che possedere cose di dominio pubblico sia un reato o indichi una predisposizione a compiere delitti, perche’ secondo questa teoria si dovrebbe ripristinare l’indice sui libri, stabilendo quali sono leggibili e quali no.

Il codice penale italiano, recentemente riformato in questo settore, considera la semplice detenzione di una immagine pedopornografica un reato piu’ grave dell’omicidio colposo, punendolo con 4 anni di reclusione. Lo stesso codice penale, con ineffabile e perversa  insistenza, parifica le immagini di fantasia (fotomontaggi, disegni, grafica 3D) che rappresentino scene riferibili a minori a foto reali. Avere in casa un libro di foto di Hamilton o di altri fotografi famosi e’ quindi un rischio serio.

I commenti e le deduzioni che giornalisti e inquirenti fanno, quindi, in situazioni nelle quali vengono trovati sugli hard disk materiali ‘proibiti’ sono del tutto avulse dalla logica sulla quale si basa il funzionamento di internet. Punire il virtuale e’ come fare un processo alle intenzioni, comminare pene a chi immagina di fare, ma mai e poi mai farebbe quello che ha solo supposto.

Alberto Stasi, come milioni di internauti quotidianamente nel mondo, ha guardato dei porno prima di scoprire l’omicidio della sua fidanzata, ha conservato immagini, filmato se stesso. I video di Pamela Anderson con i suoi fidanzati sono un cult della rete, lo stesso vale per Paris Hilton, per qualche famosa cantante rock o giornalista televisiva. Eppure in nessuna intervista, anche su RaiUno, c’e’ stato chi ha supposto che dietro lo sguardo un po’ assente della giovane ereditiera americana si celasse un ‘mostro’ di perversione.

Le foto di Amanda Knox su Facebook, cosa ben piu’ innocente, hanno scatenato impeti moralistici infiniti, mentre sono decine le ragazze che inseriscono proprie immagini sul social network, compresa Noemi Letizia, festeggiata il giorno del suo compleanno dal presidente del Consiglio.

Il rapporto tra rete, censura e sesso e’ cosa molto complessa e le deformazioni della stampa, collegate all’azione di alcuni parlamentari, stanno allontanando sempre di piu’ gli italiani dal presente, imponendo una visione quasi ‘satanica’ di internet.

Un altro dei ritardi di un Paese che vive sempre piu’ un isolamento culturale profondo ed un clima nel quale una maggioranza governativa che parla di superamento delle ideologie sta costruendo un regime da pensiero unico nel quale e’ proprio l’ideologia (e non gli ideali) ad essere il motore del consenso. E nel quale si colpevolizza il virtuale ed assolve il reale.

(Tratto da: http://www.inviatospeciale.com/)

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