Il razzismo in salsa svizzera

di Emanuela Pessina

BERLINO. Una donna velata da un burqa nero, di cui si intravede solo uno sguardo minaccioso, con dei minareti, rappresentati come missili scuri, che proiettano le loro ombre su una bandiera svizzera stesa. u questa l’immagine scelta dalla destra nazional-conservatrice svizzera (SVP) per la campagna anti-minareti promossa in vista del referendum del 29 novembre, e la polemica e’ gia’ alle stelle. Il razzismo espresso dai manifesti della SVP va a coronare una situazione di per se’ gia’ tesa: il referendum di domenica potrebbe vietare per legge la costruzione di nuovi minareti su suolo elvetico e cio’ costituirebbe, per molti, un’offesa alla liberta’ con la ‘elle’ maiuscola.

L’iniziativa e’ stata lanciata nel maggio 2007 da alcuni confederati di destra contrari alla costruzione di tre minareti in altrettante localita’ svizzere. I cittadini hanno raccolto i voti necessari a indire il referendum: l’SVP, la maggior forza politica in Svizzera, e’ intervenuta a sostegno dell’iniziativa soltanto in un secondo momento. La vittoria del “si” porterebbe all’introduzione nella Costituzione Federale del divieto di costruzione di nuovi minareti, creando una situazione paradossale in uno stato “neutro” e tollerante come la Confederazione Elvetica.

I manifesti discriminanti diffusi dalla SVP, in realta’, sono soltanto la punta dell’iceberg di un problema molto piu’ profondo. Secondo alcuni, il referendum gia’ di per se’ costituisce un insulto alla liberta’ di professare e di espressione dei cittadini. Il governo elvetico si e’ detto contrario all’iniziativa, ma – come si suol dire – il dado e’ ormai tratto e i media di tutto il mondo islamico sono ora puntati verso la Svizzera.

“Noi svizzeri viviamo nel cuore dell’Europa, ma costituiamo un caso del tutto particolare” ha detto al quotidiano tedesco Tagesspiegel, Jean Ziegler, sociologo svizzero e professore alla Sorbona di Parigi. “Centoquindicimila svizzeri hanno votato per indire il referendum: gia’ questo e’ sintomo di quella che io definisco la patologia elvetica”. Secondo Ziegler, la causa di questa “iniziativa carica di intolleranza” e’  la paura: “Per gli oppositori, il minareto simbolizza la pretesa di potere dell’Islam sulla Svizzera”. Paura dell’Islam, certo, che a volte pero’ diventa – erroneamente – sinonimo di paura del terrorismo.

A questo proposito si e’ pronunciato anche Youssef Ibram, l’Imam della moschea di Ginevra, il piu’ grande luogo di culto islamico della Svizzera. Ibram sa che non si tratta di un semplice referendum contro i minareti: la controversia e’ il manifestarsi di un pregiudizio latente tanto radicato quanto pericoloso. “Noi non siamo responsabili per Bin Laden, non siamo responsabili per Al Qaida, non siamo responsabili per i talebani in Afghanistan”, ha sottolineato Youssef Ibram. “Noi siamo responsabili solo di noi stessi”.

Ginevra, tra l’altro, e’ una delle citta’ che hanno permesso l’affissione dei manifesti incriminati: ce ne sono parecchi, anche vicino alla moschea stessa, e non fanno che  aggravare una situazione gia’ molto tesa. Qualche giorno fa, alcuni fanatici oppositori dell’Islam hanno lanciato delle pietre contro la facciata della moschea ginevrina, inaugurata nel 1978 dal re dell’Arabia Saudita in persona: l’attacco non ha provocato nessun ferito, ma ha reso necessario lo stazionamento costante di una pattuglia della polizia svizzera di fronte al luogo di culto. Altre citta’, come Basilea, hanno proibito la diffusione dei manifesti.

Finora, i musulmani hanno costruito quattro minareti in territorio svizzero. Su quasi 8 milioni di abitanti, la Svizzera conta piu’ di trecentomila musulmani: si tratta di una minoranza superiore al 4 per cento. Dopo il cristianesimo (cattolici e protestanti), l’Islam e’ la seconda religione professata nella Confederazione. Tanto per fare un confronto: gli islamici, in Italia, raggiungono uno sparuto 1,6 percento.

Il problema, quindi, va oltre i puri e semplici minareti: il referendum tocca sfere della coscienza svizzera (ma anche europea) particolarmente vulnerabili in questi tempi quali tolleranza, razzismo, paura del diverso e pregiudizio. E offrono uno spunto a riflettere sui fanatismi religiosi, di qualsiasi colore o razza essi siano.

 

(Tratto da: http://www.altrenotizie.org)

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