La chiesa e gli animali

Tornata l’estate si pone l’annoso problema dell’abbandono degli animali (1). Voglio dire ai possessori di animali di non abbandonare i loro amici, di non ritenerli privi di sentimenti come invece li ritiene la chiesa cattolica. Questo articolo spera di dare un contributo alla loro salvezza. Ratzinger nella cappella sistina, l’anno scorso, celebrando dopo 40 anni, per la prima volta, la messa dando le spalle ai fedeli ha affermato che la vita eterna non è per gli animali.

di Ludovico Polastri


Giovanni Paolo II aveva sottolineato che gli animali non sono privi del soffio divino («la Genesi ci mostra Dio che soffia sull’uomo il suo alito di vita. C’è dunque – disse – un soffio, uno spirito che assomiglia al soffio e allo spirito di Dio. Gli animali non ne sono privi»), in altre parole hanno un’anima. «Mentre nelle altre creature ( gli animali n.d.a.), che non sono chiamate all’eternità, la morte significa soltanto la fine dell’esistenza sulla terra, in noi il peccato crea una voragine che rischia di inghiottirci per sempre, se il Padre che è nei cieli non ci tende la sua mano» queste le parole di Benedetto XVI che sanciscono una discontinuità con il pensiero dei suoi recenti predecessori, in particolare Paolo VI che invece aveva affermato: “Un giorno rivedremo i nostri animali nell’eternità di Cristo” (http://www.corriere.it/animali/08_gennaio_14/papa_animali_vita_eterna_ff9d3a2e-c2b8-11dc-ab8f-0003ba99c667.shtml). Insomma un bel caos mentale e se riguarda i papi (e non solo il “il papi”) bé, allora c’è da esserne preoccupati. Per alcuni di loro rivedremo i nostri animali dopo la morte, essendo l’anima immortale, per Benedetto XVI non se ne parla. A questo proposito basterebbe prendere in considerazione, per affermare che gli animali hanno, eccome, un’anima, la bella e toccante storia del leone Christian che ha fatto commuovere migliaia di persone riconoscendo i suoi proprietari abbracciandoli dopo anni di cattività (http://www.corriere.it/cronache/08_luglio_29/leone_affettuoso_f8dc222c-5d59-11dd-9a8c-00144f02aabc.shtml). Non ce l’ha invece questo prete (direttore di una nota radio cattolica) (http://www.youtube.com/watch?v=nCKFxXzCR64) che, oltre che insultare altri credo religiosi (alla faccia del dialogo inter-religioso), afferma che gli animali non hanno il senso del Dio (c’è l’ha lui invece…) o quest’altro http://espresso.repubblica.it/dettaglio/io-fratel-pedofilo/2082940&ref=hpsp ( …chi è in questo caso l’”animale”?). Comunque proseguiamo, cercando di dare alcuni spunti di riflessione per dirimere la controversia. Cosa sente sotto la pelle il leone, l’elefante, il delfino? Essi hanno esperienze mentali, sentimenti, consapevolezza interiorità simile alla nostra? Negli ultimi decenni fisiologi, biologi, psicologi, hanno accumulato su questo tema una grande quantità di informazioni realistiche e stimolanti. Tutti sanno che un forte legame accomuna l’uomo all’animale. Dopo Lamark e Darwin sappiamo che dalla linea di antenati comuni, primati antropomorfi, derivarono, quindici milioni di anni fa, rami collaterali di ominoidei scimmiformi dotati di capacità espressive ( con buona pace delle teorie creazioniste): gioia, tenerezza, paura. Successivamente derivò il ramo degli ominidi, linea che portò, tre milioni di anni fa, all’australopiteco dall’aspetto umanoide e dopo un altro milione di anni all’” homo abilis”, poi all’”homo erectus” e finalmente, circa mezzo milione di anni fa all’”homo sapiens”. Un unico flusso vitale sviluppa, con lente modificazioni, tutti i viventi. Uomini e animali sono evolutivamente legati tra loro da affinità funzionali biologiche e da affinità ancor più profonde: proteine plasmatiche, sequenze genetiche, composizioni biochimiche organiche. L’attività delle cellule cerebrali attesta l’esistenza della presenza del pensiero, alla stessa stregua dell’essere umano. L’attività elettrica cerebrale produce, per processo interno, l’esperienza mentale della consapevolezza, senza necessità di soffi o aliti divini esterni. E’ a questo livello che l’anima, con i suoi contenuti di pensiero, sentimenti, viene spinta all’esistere. Se la stessa attività elettrica cerebrale, se la corteccia cerebrale, le aree motorie, visive, olfattive, sono sostanzialmente simili nell’uomo e nell’animale, se le stesse reazioni chimiche e biochimiche accomunano uomo e animale, allora possiamo affermare che esiste un pensiero soggettivo cosciente, intelligente anche negli animali e giustificare anche un discorso sull’anima. Insomma o tutti abbiamo un’anima o tutti ne siamo privi. Ciò che ci differenzia dagli animali e di cui andiamo fieri sono le qualità intellettuali e le virtù morali, che a ben vedere non abbiamo. E’ stato scientificamente provato che gli animali assumono informazioni, le memorizzano, riconoscono luce, colori, suoni, eventi piacevoli o meno, sono capaci di apprendimento, di essere educati. Si ritiene, a buona ragione, che tutto ciò si possa chiamare intelligenza. Le antiche religioni egiziana, greca fino a Platone, le religioni orientali riconoscono agli animali l’anima che sopravvive dopo la morte. I buddisti e gli induisti ( alla faccia di quel povero prete del filmato) ritengono che l’”atman”, soffio divino, grazie al quale si vive, riguardi anche gli animali: ogni vivente è manifestazione della divinità. Alla domanda se l’animale abbia un’anima la risposta biblica sembra essere chiara. Nel Genesi Jahweh minaccia allo stesso modo uomini ed animali, “vi domanderò conto del sangue che alimenta la vita di ognuno di voi…ne domanderò conto ad ogni animale” (Gen. IX,5). Jahweh afferma addirittura la responsabilità penale a carico dell’animale come fosse dotato di consapevolezza: ”se un bue con le sue corna colpisce a morte un uomo, l’animale sia lapidato…e non si mangi la sua carne” (Es.XXI,28). La lapidazione era la stessa pena inflitta alla donna colpevole di adulterio. Ancora in Genesi (IX,9) è stupefacente che Jahweh prometta un patto, un’alleanza, anche con gli animali: “stabilirò -dice- un mio patto con voi e con tutti gli esseri animati che son con voi: uccelli, armenti e tutte le bestie della terra”, un patto “con ogni carne che è sulla terra” (Gen. IX,17). Nella bibbia quindi gli animali sembrano assurgere a dignità a tal punto da concludere patti bilaterali con Dio. Il cristianesimo invece ignora il mistero dell’animale e rifiuta a priori la sua eventualità di elaborare pensieri e sentimenti. Partendo dal versetto “siate signori della terra…dominate i pesci del mare, gli uccelli dell’aria” (Gen 1,20), il cristianesimo ritiene lecita la vivisezione dell’animale tagliandogli le corde vocali per non sentirne le urla (vedere l’enciclopedia cattolica). Ricordo che Agostino Gemelli, frate francescano, è stato il vero pioniere della vivisezione in Italia. Questo sadico ha effettuato numerosissimi esperimenti, negli anni intorno al 1908, su varie specie di animali, specialmente sui gatti, nel quadro delle sue particolari ricerche intorno all’ipofisi. Tali esperimenti consistevano principalmente nella trapanazione del cranio dell’animale e nella asportazione dell’ipofisi. Il suo consiglio ai discepoli era quello di procedere, preliminarmente, alla resezione delle corde vocali degli animali (operazione da lui chiamata, piuttosto eufemisticamente, “devocalizzazione”), allo scopo specifico di evitare che questi, con i loro lamenti, potessero segnalare all’esterno il genere di esperimenti che si conducevano in laboratorio, mettendo in agitazione l’opinione pubblica che – sono parole sue – certamente “non avrebbe capito”. Non solo. Egli sostenne, in conversazioni e in appositi scritti, che gli esperimenti sugli animali vivi sono senz’altro leciti, non solo per il progresso della scienza, ma anche perché – e in questo sta la sua “originalità”, se così vogliamo chiamarla, rispetto alla posizione di tanti suoi colleghi, nonché la sua convinzione che il dolore dell’animale non sia paragonabile a quello dell’uomo, in quanto “incosciente”. In sostanza, secondo questo squilibrato d’un frate, si trattava, più che altro, di contrazioni nervose istintive; nulla di cui impietosirsi. Chissà che cosa ne avrebbe pensato il santo di Assisi, del quale i “Fioretti di San Francesco” ci hanno tramandato tanti e così commoventi testimonianze del grande amore che egli nutriva per tutte le creature viventi. Possiamo affermare che non esiste un’etica cristiana nei riguardi dell’animale. Concludo con una storia, avvenuta nel 1750 a Venres, in Francia, protagonisti un frate e un’asina. La santissima e vergognosa inquisizione cattolica li misero sotto processo: l’accusa rivolta al frate era quella di sodomia nei riguardi della bella asina. Insomma erano tutti e due da mandare al rogo, se non altro perché, essendo l’animale privo di capacità intellettive, non poteva essere dichiarato colpevole. Come uscirne? Il priore del convento firmò unitariamente ad altri “uomini pii ed autorevoli” una attestazione che l’asina del convento, consenziente all’atto sessuale, si era sempre comportata bene ed in definitiva era vergine. L’asina ed il frate furono assolti. 1. (http://www.lastampa.it/lazampa/girata.asp?ID_blog=164&ID_articolo=1266&ID_sezione=339&sezione=News)

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