In 10 anni, il numero di giovani dipendenti in ruoli dirigenziali è passato dal 9,7% al 6,9% e tra i quadri dal 17,8% al 12,3%. In calo anche i giovani imprenditori, passati dal 22% al 15% e i liberi professionisti, dal 30% al 22%. I contratti di lavoro precari, quindi, non fanno fare carriera: difficilmente le collaborazioni si trasformano in contratti a tempo indeterminato. Il 73,1% dei giovani che alla fine del 2006 aveva un contratto di collaborazione, a distanza di un anno era ancora nella stessa posizione.
Soltanto un giovane collaboratore su 5, quindi il 22,6% del totale, è passato a lavoratore dipendente; ma per la metà di questi il passaggio è stato ad un contratto a tempo determinato. Nell’arco di un anno, solo un collaboratore su dieci è entrato a pieno titolo nel mondo del lavoro standard, ottenendo un contratto a tempo indeterminato.
E c’è un altro grave fenomeno in aumento: l’inattività. Tra il 2006 e il 2007, sono cresciuti di 200 mila unità i giovani inattivi, cioé che non lavorano e non cercano lavoro. Oltre 220 mila i giovani che nel 2006 erano occupati e nel 2007 hanno rinunciato a cercare attivamente un lavoro.
Il rapporto del Cnel si sofferma sul mondo politico, universitario e sugli ordini professionali: giornalisti, medici, avvocati, notai. Cominciamo dall’università. L’età media dei docenti universitari in Italia è di 51 anni; il 50% dei professori di prima fascia ha superato i 60 anni e 8 docenti su 100 hanno dai 70 anni in su. I giovani, cioè i professori con meno di 35 anni, sono il 7,6%, su un totale di 61.929 docenti e i ricercatori. Di questi giovani docenti quasi tutti sono ricercatori; solo 311 sono professori associati e 21 professori ordinari.
Dieci anni fa la maggior parte dei docenti universitari avevano un’età compresa tra i 46 e i 50 anni; oggi hanno tra i 56 e i 60 anni. E i giovani sono sempre di meno: nel 1997 l’1,1% del totale dei docenti aveva meno di 30 anni e il 7,3% tra i 31 e i 35; a distanza di 10 anni, nel 2007 le percentuali sono scese rispettivamente allo 0,9% e al 6,7%.
Nelle libere professioni, purtroppo non va meglio. Il giornalismo, la medicina, l’avvocatura e il notariato hanno tempi di accesso lunghissimi: per i più stage, tirocini gratuiti e condizioni di estremo precariato o sotto-occupazione di susseguono senza soluzione di continuità fino a oltre 40 anni. Qualche esempio: l’età media dei praticanti giornalisti è di 36 anni. I medici con non più di 35 anni sono poco meno del 12%, mentre i 35-39enni, rispetto a 11 anni fa, sono diminuiti del 13,8%. Mentre gli avvocati, pur iscritti all’albo, sono costretti per anni e anni a un ruolo umiliante di garzoni di bottega, e tra i notai due su dieci sono figli d’arte.
C’è, inoltre, un deficit democratico ai danni dei giovani e della loro rappresentanza in Parlamento: dal 1992 ad oggi i deputati under 35 non hanno mai raggiunto il 10% (a eccezione della legislatura 1994-96), e attualmente alla Camera sono solo il 5,6%. A fronte quindi di un’importante fetta di giovani tra i 25 e i 35 anni, pari al 18,7% della popolazione maggiorenne, si ha un peso parlamentare di questa fascia d’età che è meno di un terzo (5,6%).
Ben diversa è la condizione di altre fasce di età: tra i 36 e i 45 anni si riscontra un rapporto equilibrato tra rappresentanza politica e incidenza sociale. Con l’avanzare dell’età il rapporto si capovolge: la fascia 46-50 anni costituisce l’8,4% della popolazione adulta ma il 20,5% degli eletti e quella 51-55 e’ il 7,6% della popolazione e il 20,5% degli eletti.
Il motivo di questa scarna presenza di giovani in Parlamento, secondo il Rapporto, è da attribuire al fatto che non vengono quasi mai collocati ai vertici delle liste elettorali. Risultato: nel Pd solo il 7,5% dei candidati giovani è stato eletto, nel Pdl il 16,1% ma solo per effetto della vittoria riportata. La Lega è l’unico partito nel quale questo divario anagrafico si riduce: 11,4% di eletti tra gli under35 contro il 20,1% degli over35.
UniCredit, che ha collaborato alla realizzazione del Rapporto, ha colto l’occasione per rinnovare la partnership con il Forum nazionale dei Giovani che risale al 2006 ed è improntata al sostegno e alla valorizzazione del mondo giovanile e di un meccanismo di ricambio generazionale che faccia emergere nuovi talenti e creatività.
E alla valorizzazione dei giovani il Gruppo dedica impegno e risorse: è stato infatti studiato un sistema di programmi di sviluppo e monitoraggio per individuare nuovi talenti e affiancarli nei primi stadi della loro carriera: “UniQuest”, rivolto a 100 tra i migliori giovani che sono nel Gruppo e “Talent Management Review”, rivolto a 1600 colleghi, con l’obiettivo di individuare anticipatamente le doti dei singoli, per facilitarne la carriera e accelerarne la crescita, attraverso progetti internazionali. “Fino a che età si è giovani? Una realtà multiforme, complessa, variegata come variegata è la natura umana. Dipinti come una generazione sbandata, priva di valori, incapace di tessere relazioni durature, una generazione invisibile, troppo spesso un problema, e quasi mai un’opportunità”.
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