"Dacci oggi la nostra acqua quotidiana". Lettera pastorale di un vescovo della Patagonia

“La privatizzazione dell’acqua è totale, in quanto riguarda anche la risorsa in sé, oltre alla sua distribuzione e alla sua gestione”, il tutto nel quadro di un silenzioso e progressivo passaggio delle risorse naturali nelle mani di holding straniere.”  Leonardo Boff lo ha definito “uno dei migliori documenti che ho letto negli ultimi anni”, “un testo che farà storia”. Di sicuro, la Lettera pastorale del vicario apostolico di Aysén, in Patagonia, mons. Luís Infanti, dal titolo “Dacci oggi la nostra acqua quotidiana”, è destinata a lasciare il segno.


Presentata dal vescovo, il 26 agosto scorso, insieme al teologo della liberazione brasiliano – un invito, quello rivolto a Boff, che non ha mancato di creare qualche malumore in seno alla gerarchia – e di fronte ad una platea di oltre 500 persone, la Lettera, di 90 pagine, intende offrire una visione etica, a partire dalla fede, della relazione dell’essere umano con il Creato.

Seguendo il metodo del “vedere, giudicare e agire” proprio della teologia latinoamericana (metodo che, dopo un periodo di crisi in seguito ai rilievi di Roma, ha oggi indubbiamente recuperato terreno), mons. Infanti affronta, in quella che è la sua prima Lettera pastorale, la problematica relativa al bene naturale più prezioso – solo il 3% dell’acqua del mondo è potabile, e di questo appena lo 0,7% è accessibile all’uso umano – e minacciato: “In Cile, come in poche altre parti del mondo – denuncia il vescovo – la privatizzazione dell’acqua è totale, in quanto riguarda anche la risorsa in sé, oltre alla sua distribuzione e alla sua gestione”, il tutto nel quadro di un silenzioso e progressivo passaggio delle risorse naturali nelle mani di holding straniere. Secondo il vescovo, se durante gli anni della dittatura militare la Chiesa si spese nella lotta a favore dei diritti umani, oggi la sua missione è quella di lanciarsi nella difesa dei diritti dell’ambiente, essendo peraltro la devastazione ambientale, in Cile, un’eredità diretta del regime di Augusto Pinochet e della Costituzione da lui fatta approvare nel 1980, che segna il traumatico avvio della nuova politica economica neoliberista. Da qui l’obiettivo del vescovo di aprire, con la sua Lettera pastorale, un dibattito sulla necessità di cambiare la Costituzione e di procedere alla nazionalizzazione del cosiddetto oro blu. Battaglia ambiziosa, quella di mons. Infanti in difesa dell’ambiente, ma non isolata all’interno della Chiesa cilena, come stanno ad indicare tanto la condanna ecclesiale del progetto minerario Pascua Lama nella Valle del Huasco quanto la creazione della Pastorale dell’Ambiente a Villarrica o il lavoro condotto attraverso il Dipartimento di Azione Sociale nella diocesi di Temuco.

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