La Povertà in Italia e la fame nel mondo

Queste che seguono sono considerazioni personali, come SovraEconomista, supportate da dati concreti e vita vissuta in merito all’attuale “situazione globale” di difficoltà che come società civile stiamo affrontando. Fino ad oggi i dati ufficiali di reddito e consumi ci hanno fornito dati rassicuranti; ogni anno l’Istat valuta che il reddito è cresciuto più dell’inflazione, il potere di acquisto è aumentato e i consumi sono saliti. Fino ad oggi non si è mai parlato di recessione (Andrea Tronchin).


Il fatto è che il Prodotto Interno Lordo – PIL sul quale si basano sostanzialmente le analisi, cresce al crescre degli incidenti, dei ricoveri in ospedale, degli interventi finanziari necessari a tamponare le emergenze, delle missioni di pace con sofisticatissimi e costosissimi armamenti ecc. senza considerare le molteplici esternalità negative del sistema che tale presunto PIL produce (es. danno ambientale).

In merito alla povertà, fra il 2000 e il 2006 la percentuale di famiglie al di sotto della soglia di povertà relativa non ha mostrato segni apprezzabili di variazione.

Negli ultimi dodici mesi però, il numero di famiglie in difficoltà è aumentato di oltre il 50%: erano il 13% all’inizio del 2007, sono circa il 20% oggi (rilevazione Isae -Istituto di studi e analisi economica – di gennaio e febbraio 2008). Si tratta di famiglie che, per arrivare alla fine del mese, devono fare debiti o ricorrere ai risparmi accumulati.

Erano quasi 3 milioni all’inizio del 2007, sono quasi 5 milioni oggi.

Considerando che mediamente una famiglia è costituita da 2-3 persone, il fatto che 2 milioni di famiglie in più non riescono a fare quadrare il bilancio significa che in appena un anno il “flagello della povertà” è entrato nella vita di 5 milioni di persone.

Perché è accaduto?

Il fatto è che l’Europa non ha resistito all’onda distruttrice (economia di rapina) della globalizzazione, che prima ha smontato la capacità competitiva delle imprese sul nostro territorio (delocalizzazione delle produzioni) distruggendo il nostro tessuto produttivo (la piccola e media impresa) e poi con l’aumento della domanda dei paesi emergenti, ha prodotto un’ondata inflazionistica senza precedenti immettendo sul mercato globale miliardi e miliardi sotto forma di carta e bit elettronici senza una copertura reale, di beni e cose concrete alla base. Questa realtà è ormai sotto gli occhi di tutti e spiega come mai, da quando c’è l’euro, le persone hanno la sensazione che i prezzi corrano più degli stipendi e chi ha un reddito fisso stia perdendo terreno rispetto a chi invece i prezzi li può fare.

In realtà, i tassi di interesse (sul denaro) sono aumentati e hanno strangolato le famiglie che avevano fatto un mutuo a tasso variabile e in solo due anni, dal 2005 al 2007, lo Stato e gli enti locali hanno prelevato dalle tasche degli italiani quasi 100 miliardi di euro in più; un drenaggio di ricchezza, direzionato per lo più verso i proprietari del denaro (il debito pubblico per più del 60% è rappresentato dal pagamento degli interessi sul debito) che ha frenato la crescita economica (fondamento dello sviluppo per l’attuale sistema economico) e aumentato le difficoltà delle famiglie.

Quali previsioni si possono fare per il futuro di fronte a questi dati ormai incontestabili?

Quando mi capita di parlare in pubblico di queste cose, non manca mai chi mi accusa di catastrofismo nel prendere atto che non c’è una sola proposta valida da parte di governi ed istituzioni (che hanno le mani legate dallo stesso sistema finanziario che ha creato il problema) e che la “crisi economica” è solo all’inizio; normalmente replico a queste persone rimproverandogli di essere degli incoscienti e di non ragionare con il senso del “buon padre di famiglia”, quello della vecchia famiglia contadina che riciclava tutto, anche il tempo, senza sprecare nulla.

Ascoltavo oggi al telegiornale l’analisi di esperti sul problema dell’aumento bestiale dei prezzi degli alimenti in tutto il mondo, dicevano che non c’è abbastanza cibo per tutti, che bisogna mettere a produrre più terra…

In realtà il pianeta ha la capacità di sfamare abbondantemente più del doppio (ed oltre) dell’attuale popolazione mondiale, e ancora si vive il problema dello smaltimento e gestione delle eccedenze produttive in molte regioni (vedi ad esempio in UE le quote latte, il disaccoppiamento, i finanziamenti per il set-aside ecc.), il problema sono principalmente i prezzi degli alimenti (il cibo come merce e non come diritto) sui quali benemeriti assassini speculano in borsa, i monopoli dell’industria agroalimentare (dal gene allo scaffale), la perversa logica di dare da mangiare alle macchine (agro-carburanti) anziché alle persone.

Il problema quindi non è una questione di mezzi (produrre quantità sufficienti) ma di diritti: avere diritto d’accesso al cibo (prezzi reali e accessibili a tutti), ad alimenti sani, culturalmente adeguati e prodotti in modo sostenibile per l’ambiente. Questa è la Sovranità alimentare che come la Sovranità economica è disconosciuta, affossata, combattuta dai monopolisti dell’alimentazione e della finanza (signoraggio primario e secondario sul denaro e applicazione dei tassi di interesse semplici e composti).

La storia ci insegna che gli stati sovraindebitati (es. in Africa) non riscono più ad uscire dalla logica perversa del debito contratto con benevoli enti come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale in cambio di “aggiustamenti strutturali e adeguamenti finanziari” miranti della privatizzazione dei propri beni comuni.

Anche qui il diritto ad una economia sana, come per il cibo, è rifiutata dai più ed è qui che l’Economia Solidale entra in gioco.

Lo scorso fine settimana ero a Napoli per la fondazione di Arcipalago SCEC, questa neonata associazione ha stampato e distribuito alle prime realtà che stanno per adottare il sistema SCEC (Solidarietà ChE Cammina) 1 milione e 200 mila SCEC in totale (valore 1:1 con l’euro). Gli SCEC funzionano come un abbuono riutilizzabile che mediamente si aggira intorno al 20%, se questa quantità di SCEC viene utilizzata una sola volta ciò corrisponde a fissare al territorio, all’economia locale, 6 milioni di euro che così non possono essere drenati via, se si utilizzano due volte sono 12 milioni di euro e così via…

Per molti l’economia è una cosa complicata, in realtà è una cosa semplicissima, si tratta di una convenzione, a differenza delle produzioni reali. Stroncare il flagello incalzante della povertà che sempre di più riguarda l’Italia è possibile, l’Economia Solidale propone strumenti e metodi adatti ad ogni realtà territoriale i cui benefici possono essere immediati, basta crederci, smetterla di essere gli uni contro gli altri, ritrovare la coesione sociale e il senso del bene comune, della democrazia diretta sopra la democrazia della delega. Basta solo “svegliarsi” e guardare con nuovo sguardo al mondo per poter cambiare con convivialità il nostro stile di vita; la mia proposta è di iniziare a farlo ora, prima di andare anche noi ad aumentare il numero degli indigenti e nell’intento di ridurre tale numero (Primo Obiettivo del Millennio).

Andrea Tronchin

 

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