Economia: quando l’autunno è più caldo dell’estate

“La liquidità immessa sul mercato  ha favorito le Banche, e la scelta di non tagliare il tasso d’interesse ha invece penalizzato imprese e consumatori”, così si esprimeva “La Stampa” lo scorso 16 settembre in un articolo che commentava lo scontro fra Trichet ed il presidente francese Sarkozy in merito alle misure adottate dalla BCE per fronteggiare la crisi dei mutui statunitensi. In tale articolo non si spiegava in modo chiaro tale affermazione, pertanto abbiamo chiesto lumi a Fabrizio Zampieri, economista padovano (intervista a cura di Alberto Leoncini).

 


Come spiega questa affermazione?

Concordo con l’affermazione apparsa su “La Stampa”: infatti questa grande immissione di liquidità da parte delle principali Banche Centrali mondiali ha favorito soprattutto il sistema bancario permettendo loro di usufruire di fondi “freschi” a tassi nettamente inferiori di quelli correnti. Questi interventi straordinari hanno permesso quindi a molti istituti finanziari in difficoltà di potersi approvvigionare di denaro in modo da raddrizzare le loro posizioni negative. Purtroppo, ciò non è avvenuto nei confronti delle nostre imprese e dei consumatori che continuano a sostenere mutui e finanziamenti a tassi elevati ed inoltre variabili; le banche continuano ad erogare prestiti con questa formula alquanto penalizzante per i privati. Non dimentichiamoci che i politici e i governanti dell’epoca elogiavano l’euro insistendo sul fatto che la nuova valuta avrebbe rilanciato i nostri sistemi produttivi sfruttando i bassi tassi d’interesse; ebbene il tasso ufficiale di sconto dell’area euro è pressoché raddoppiato rispetto al periodo in cui fu introdotta la nuova moneta. Fa bene Sarkozy a lamentarsi nei confronti di Trichet della situazione pesante che devono sopportare le imprese e i normali cittadini ma il Presidente francese lamenta anche la negativa ricaduta economica  sulle esportazioni delle aziende europee dovuta alla “forza” dell’euro. Proprio in questi giorni l’euro ha stabilito nuovi record nei confronti del dollaro americano (circa 1,43) e delle altre principali valute mondiali (yen giapponese, franco svizzero, sterlina inglese, ecc…) e sappiamo benissimo che una valuta forte penalizza alquanto le vendite dei prodotti made in Italy e made in Europe riducendo quindi i fatturati aziendali e ridimensionando le attività.

Ora, molti economisti ed imprenditori si aspettano che la Banca Centrale Europea, con questi elevati tassi di cambio e con questa eccessiva forza dell’euro, possa intervenire sui mercati finanziari per riportare il cambio ad un livello minore di quello attuale rispetto alle altre principali valute internazionali, ma la Banca Centrale Europea non interverrà. La BCE non aiuterà le nostre imprese poiché forse non tutti sanno che la nostra Banca Centrale non è un’istituzione della Comunità europea. Infatti, l’art. 4 del Trattato non menziona la BCE tra le Istituzioni della Comunità (Parlamento Europeo, Consiglio, Corte di Giustizia, Corte dei Conti e Commissione); alla BCE però il Trattato conferisce personalità giuridica e lo Statuto ne riconosce la più ampia capacità di agire all’interno di ciascuno degli stati membri. Sotto il profilo giuridico-formale, la BCE, come già detto, non è dunque un’istituzione comunitaria, ed i singoli paesi aderenti all’unione monetaria non possono interferire in alcun modo con la sua politica economica; essa può quindi fissare a suo arbitrio il livello del tasso ufficiale di sconto (TUS), la quantità di denaro da immettere sul mercato, decidere la disponibilità ed il costo del finanziamento del sistema bancario e qualsiasi altra azione di sua competenza, in modo indipendente (art. 7 del Protocollo SEBC: “Indipendenza”).

Ma dunque, alla luce di tutto ciò, non è proprio così irrealistica la tesi che si sta sempre più affermando tra molti addetti ai lavori e anche tra un sempre maggior numero di cittadini e rappresentanti di diverse categorie sociali, ovvero che la Banca Centrale Europea è più incline a seguire le direttive economico-finanziarie impartite in primis da alcune grandi banche d’affari americane, ed in secondo luogo a subire le decisioni della Banca centrale americana (FED) che, da un po’ di tempo, ha come primario obiettivo il salvataggio dell’economia americana e la riduzione dell’enorme debito pubblico.  Ed allora si può capire come mai la nostra Banca Centrale, autonoma e privata, non interverrà a breve e permetterà agli amici americani di risolvere i loro problemi anche a scapito delle nostre economie.

Il fatto che il governo francese abbia deciso di alzare la voce, tra l’altro dichiarando di violare il patto di stabilità per rilanciare la crescita interna, mi sembra indicativo per dimostrare una volta di più quanto i vincoli europei mirino non tanto al benessere dei cittadini, quanto ad incentivare le banche e le centrali finanziarie.

Abbiamo sentito che la Northern Bank è dovuta ricorrere ad un prestito straordinario dalla Bank of England (Banca Centrale Inglese). Perché?

La Northern Bank è andata in difficoltà poiché si è trovata alquanto esposta  con i prodotti strutturati sui mutui che hanno perso valore in breve tempo. Sulla notizia si è verificata la corsa di molti risparmiatori a prelevare  i propri liquidi. Si è quindi verificato un fenomeno molto grave: si è  incrinata quella situazione di “tacita fiducia” che esiste fra i clienti e la banca; è un dato statistico che le banche detengono generalmente in cassa solo il 2% del denaro che prestano, questo in base agli accordi “Basilea 2”, pertanto l’uso della “riserva frazionaria” regge fintanto che la clientela non va in massa a chiedere il proprio danaro. In base a quanto detto sopra, infatti, se io verso un euro in banca, questa può concedere prestiti fino a 50 euro.

L’aiuto alla Northern Bank tramite prestiti di denaro straordinari da parte della Banca Centrale Inglese è dunque servito per venire incontro a quella stringente necessità di contante a causa delle numerose richieste di rimborso dei propri fondi da parte dei clienti. In caso contrario la Banca avrebbe rischiato di dichiarare l’insolvenza, mettendo ancor più in evidenza questo sistema perverso di gestione del risparmio in uso tra gli istituti di credito.

Il crescente malcontento della popolazione legato agli aumenti sui generi di prima necessità (pane, latte e derivati, pasta, libri di testo…) ha delle radici macro economiche o è dato dalla contingenza?

Dire che tutto ciò è casuale non è vero: purtroppo molti effetti negativi si sono accentuati dopo l’introduzione dell’euro, se ci si pensa bene. Il Governo, all’epoca aveva istituito dei Comitati provinciali per i controlli dei prezzi ma, ex post, non possiamo certo affermare che questi abbiano funzionato correttamente. La mia opinione è che tale situazione sia stata studiata “scientificamente” a tavolino per spingere all’indebitamento molti cittadini ed aziende europee con la conseguenza di accrescere enormemente il business dei prestiti e dei mutui, magari a tasso variabile, da parte del sistema bancario. Non a caso, dall’introduzione dell’euro ad oggi, le società che hanno avuto i migliori risultati in termini di utili e fatturati aziendali sono quelle bancarie e finanziarie. Tale situazione però ha fatto cadere nell’insolvenza numerose famiglie: nella sola zona di Milano, nell’arco dell’ultimo anno, i pignoramenti e gli espropri immobiliari hanno registrato un incremento del 117%. E pensare che, in occasione dell’introduzione dell’euro, gli italiani dovettero anche pagare una tassa una tantum.

Lei sta lavorando ad un progetto di moneta complementare, ci può dire di che si tratta?

A seguito delle ripercussioni sempre più negative che stanno colpendo le nostre comunità quali l’aumento incontrollato del costo della vita reale causato, come già detto, dall’introduzione dell’euro e le difficoltà delle nostre aziende ad esportare all’estero i propri prodotti/servizi per la “forza” della valuta europea nei confronti delle principali valute internazionali, oltre al calo dei consumi, all’indebitamento crescente delle famiglie, ed alla crisi del commercio, per non dimenticare l’immobilismo della politica, da parte di tutte le classi sociali è sempre più sentita l’esigenza di azioni decise e concrete per ovviare a questa situazione difficilmente sostenibile nel medio-lungo periodo. L’obiettivo quindi di questo progetto consiste nello stimolare la valorizzazione delle risorse non occupate presenti nel nostro territorio e nello sviluppo dell’economia locale (piccola-media impresa, artigianato, attività commerciali, servizi) mediante la creazione di una moneta complementare in funzione anticiclica rispetto all’andamento imposto dalla moneta ufficiale a corso forzoso (euro). Vorrei perciò creare le premesse per l’introduzione nel Nord-Est (a livello regionale o inter-provinciale) di una nuova moneta adatta al particolare sistema economico-produttivo esistente nella nostra area.

Partendo dal presupposto che l’obiettivo della moneta complementare non è quello di sostituire la moneta nazionale, ma piuttosto di aumentarne la liquidità e la velocità di circolazione nelle aree in cui queste funzioni sono limitate a causa di varie problematiche (contrazione dei consumi, alta pressione fiscale, difficoltà nell’export, legislazioni locali deficitarie, ecc…) –praticamente il quadro attuale del nostro territorio-, l’effetto della moneta complementare dovrebbe essere quello di integrarsi alla moneta nazionale, compensando la mancanza di liquidità e favorendo la ripresa dell’economia locale. Tale nuova moneta infatti, proprio per il fatto di essere spendibile solo all’interno di un determinato territorio, stimolerebbe l’industria, il commercio e l’artigianato locale con un notevole vantaggio anche per i consumatori.

Si è detto in precedenza che l’obiettivo delle monete complementari non è quello di sostituire le monete nazionali, ma piuttosto di aumentarne la liquidità e la velocità di circolazione in determinate aree e comunità, attraverso l’integrazione. Queste monete infatti, se osserviamo quelle già esistenti in altre nazioni, sono adoperate per stimolare l’industria, il commercio e l’artigianato locale, sia perché di fatto sono spendibili sul posto, sia anche perché il loro uso garantisce uno “sconto” sui prezzi e quindi un indubbio vantaggio per i consumatori. Senza dubbio gli effetti positivi derivanti dall’introduzione della nuova moneta sarebbero molteplici:

* stimolare in ambito locale l’utilizzo di risorse lavorative e produttive sottoutilizzate;

* sviluppare l’economia dei distretti produttivi;

* creare solidarietà nella comunità in cui circola la nuova moneta tra cittadini ed operatori economici;

* effettuare finanziamenti, senza interessi, alle attività industriali (piccola e media impresa) ed artigianali;

* incrementare l’efficienza dei servizi pubblici, coinvolgendo la popolazione locale che potrà determinare limiti e destinazione delle somme emesse;

* favorire la partecipazione democratica della popolazione alle decisioni sull’economia locale.

Infine, vorrei ribadire che la circolazione e l’utilizzo delle monete complementari è pienamente legale sia nel caso vengano adottate da un consorzio di accettazione (patto territoriale), sia nel caso vengano emesse a diverso titolo da una comunità locale. Non credo il mio possa essere considerato un progetto irrealizzabile poiché sono centinaia nel mondo le monete complementari locali utilizzate con successo, basti pensare alla storica “Ithaca Hours” circolante a New York e zone limitrofe, creata da Paul Glover e giunta al quindicesimo anno di “attività”; inoltre, all’interno di diversi corsi di laurea di indirizzo economico, si studia il caso delle monete complementari attualmente circolanti in Germania, circa 60, tra le quali sono da menzionare il Chiemgauer, la prima e la più nota al mondo, e il Berlin, recentemente adottato nella regione di Berlino-Brandemburgo ed inaugurato dal Presidente del Bundestag, Wolfgang Thierse. L’esperienza ha dimostrato che queste monete si sono integrate con le monete nazionali ed hanno effettivamente favorito la crescita e/o la ripresa dell’economia locale.


Fabrizio ZampieriFABRIZIO ZAMPIERI
: laurea in economia aziendale all’Università Cà Foscari di Venezia e successivo  Master  in discipline   bancarie/finanziarie presso il CUOA. Laurea Honoris Causa in Scienze Finanziarie presso la Libera e Privata Università Internazionale di Roma.  Ha maturato esperienze finanziarie presso primarie società di consulenza del settore. Come consulente si occupa di: analisi e studio dei mercati finanziari, gestione del rischio di cambio e degli  strumenti finanziari, gestione della tesoreria aziendale multivalutaria, gestione dell’indebitamento e  dei  rapporti  Imprese-Banche, con target di clientela “Private” e “Corporate”. Come formatore collabora con associazioni di categoria e imprese attraverso progettazione e docenze di corsi, seminari, incontri.  Socio ordinario Assoconsulenza, della  quale è segretario per la delegazione di Padova e provincia. E’ socio ordinario di ALEA (Associazione Laureati in Economia Aziendale di Ca’ Foscari-Venezia). Email: fabrifinanz@hotmail.com

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