Il cielo sopra la striscia di Gaza

Da 40 anni in Palestina non é più possibile condurre una vita normale. Esattamente il 9 giugno é stato il 40° anniversario dell’occupazione da parte dell’esercito israeliano. Anni su anni, in cui giorno dopo giorno, ad ogni ora, tensioni, brutalità e mera violenza hanno corroso e sfregiato regole e convenzioni internazionali, quelle che i paesi si sono dati per amor di convivenza civile [Isabella Fiore].

Là, dove la comunicazione é bloccata nel buio della notte originaria, dove gli esseri sono chiusi dal pensiero di sé stessi, dove questo amore é venuto a mancare, vige soltanto la regola del più forte. Ed ora é il carnaio, la lotta all’ultimo sangue, evoluzione che poteva essere prevista, se nella consapevolezza dei propri limiti. La questione, essere o non essere,  é per noi europei, riconoscendo il nostro senso di umanità, provare a comprendere la condizione in cui sopravvive la popolazione civile. Se pensiamo a come si possa stare senza libertà, a partire da quella di circolazione, chiusi fra muri, fili spinati e coprifuoco, arresti e torture “amministrativi”, subito dopo l’inferno, in mente abbiamo il campo di concentramento. Se ci togliamo dalla testa queste visioni che a nient’altro servono, se non a catalogare in modo sbrigativo, e a cristallizzare una realtà, a cui soltanto pensieri in divenire possono dare qualcosa, allora li vediamo i 500 checkpoints, i muri della vergogna, e le carceri, dove anche i bambini  sono prigionieri e crescono senza tempo. Come animali, una volta in gabbia pensano sia per sempre. Anche noi pensiamo che sarà per sempre?

Isabella Fiore 

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