Nigeria, la guerra per l’oro nero

I guerriglieri del Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend) hanno rivendicato la distruzione di tre oleodotti con l’obiettivo di danneggiare l’industria petrolifera. Questo è solo l’ultimo atto di sabotaggio effettuato dal gruppo composto da nativi del sud-est della Nigeria ed è il risultato del malessere generale nel quale la popolazione è costretta a vivere [Fabio Canova].

 


La Nigeria, nazione di 130 milioni di abitanti suddivisi in oltre 250 gruppi etnici diversi, è un paese ricchissimo di petrolio (settimo paese esportatore al mondo) ed è l’unico stato africano che appartiene all’organizzazione dei paesi esportatori, l’Opec. Nonostante le grosse risorse, più del 70% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno, ovvero in assoluta povertà. Se è vero che parte della colpa va attribuita ai leader di governo corrotti e incompetenti che, succedendosi nel tempo, hanno saccheggiato e prosciugato gran parte dei proventi petroliferi, grosse responsabilità ce le hanno anche le multinazionali straniere.

Il 1956 è l’anno in cui la Shell-Bp scopre il petrolio nel Delta del Niger, mentre nel 1960 la Nigeria diventa indipendente dal colonialismo britannico. Nascono subito forti tensioni per la conquista del potere che per tutti gli anni successivi causeranno omicidi, colpi di stato e dittature feroci. In questo contesto il governo nigeriano ha firmato il controllo delle risorse petrolifere alle multinazionali come la Shell, la Chevron e l’Agip. Dai proventi di tutta la ricchezza estratta la popolazione non ricava quasi nessun beneficio, specialmente se poi i funzionari dello stato sono corrotti; allora in quel caso scende ulteriormente la parte dei soldi destinati al bene del paese.

È per questo che sempre più nigeriani si stanno convincendo che le loro condizioni di vita erano migliori sotto il regime militare parchè, anche se la libertà personale non era garantita, c’era meno criminalità, più ordine e meno corruzione.

Le recenti elezioni amministrative e presidenziali del 14 e 21 aprile, hanno puntualmente alzato un polverone di denunce di brogli ed è chiaro che tutto questo non fa che aumentare la sfiducia della popolazione nei confronti di una democrazia sempre più illusoria.

Nel delta del Niger principalmente tre etnie si contendono con la violenza i contratti di lavoro con le multinazionali straniere.

Amnesty International otre denunciare il totale disinteresse da parte delle compagnie petrolifere per i diritti umani, le accusa di promuovere azioni di repressione delle forze di sicurezza che distruggono villaggi, feriscono e uccidono anche persone innocenti ed estranee ai sabotaggi.

Il gruppo del Mend, nato ufficialmente nel gennaio 2006 assieme ad altre formazioni ribelli, dichiara di essere impegnato nella lotta contro lo sfruttamento delle risorse naturali da parte delle multinazionali estere e per una migliore redistribuzione dei proventi del petrolio alla popolazione.

Con tecniche accurate e utilizzando veloci barconi, attaccano gli obiettivi, compiono sabotaggi e rapiscono ostaggi, provocano il rallentamento dell’attività estrattiva ma soprattutto portano l’attenzione dei media sui loro problemi.

La maggioranza della popolazione infatti, vive di agricoltura, pastorizia e pesca.

Il degrado provocato dalle società straniere che inquinano l’ambiente, sottraggono terreni ai legittimi proprietari o li costringono a convivere con kilometri di tubi che passano tra i campi e i villaggi, non permette a molti nigeriani di svolgere le loro vitali attività, generando rabbia e frustrazione.

Fabio Canova

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