L’etica dentro il supermercato. Ecco come informare i consumatori.

Abbiamo assistito in questi ultimi tempi all’emergere di un nuovo soggetto economico, “l’impresa sociale di mercato”, che supera la tradizionale dicotomia tra: a) creazione di valore economico delle imprese che massimizzano il profitto senza valutare le potenziali esternalità negative di carattere sociale ed ambientale generate, e b) erogazione di servizi sociali da parte di società non profit che ridistribuiscono il valore creato dalle prime [Leonardo Becchetti*, www.vita.it].

Le imprese sociali di mercato riescono a dare più valori al mercato dando un mercato ai valori. Esse creano valore economico avendo come obiettivo non la massimizzazione del profitto ma una finalità sociale come quella dell’inclusione di marginalizzati. In questo modo assolvono contemporaneamente con la loro attività alle due funzioni di creazione di valore economico e di sostenibilità sociale ed ambientale. Essendo sul mercato e in concorrenza con tradizionali imprese che massimizzano i profitti, esse trasformano la responsabilità sociale in una variabile competitiva, stimolando i processi di responsabilità sociale e generando imitazione parziale da parte delle imprese tradizionali che si contendono con esse la quota di mercato dei consumatori/risparmiatori più socialmente responsabili.

La diffusione della responsabilità sociale dipende, e dipenderà sempre d i più in futuro, dalla consapevolezza che essere socialmente responsabili, vista la crescente interdipendenza di Paesi e popolazioni un tempo lontane, non è un lusso per altruisti ma una necessità di tutti coloro che perseguono il proprio autointeresse in maniera lungimirante.

Indagini statistiche recenti su diverse fonti d’informazione indicano una quota attorno al 40% di cittadini disposti a pagare per il valore sociale e ambientale dei prodotti. Per quale motivo questa quota non si materializza in quote di mercato effettive? La risposta è che la scelta “virtuale” prefigurata da queste indagini non corrisponde alla situazione reale. Per molte gamme di prodotti non esistono sostituti chiaramente identificati come solidali. Il problema maggiore però è l’asimmetria informativa. Nella situazione simulata dall’indagine effettuata a mezzo intervista, i consumatori sono perfettamente informati sulle caratteristiche del prodotto “solidale” e hanno piena fiducia nella reputazione dell’impresa che li propone. Nella realtà invece molti consumatori non sono informati dell’esistenza di quest’opportunità e non hanno piena fiducia della reputazione solidale delle imprese che offrono sul mercato tali prodotti.

Alla luce di queste considerazioni riteniamo fondamentale una legge sulla “tracciabilità sociale della filiera dei prodotti”. Ovvero obbligatorietà dell’allestimento di uno spazio di informazione sul rating sociale ed ambientale dei prodotti all’interno dei punti vendita nel quale siano disponibili informazioni sintetiche provenienti dalle agenzie di rating sociale più accreditate. L’iniziativa avrebbe l’effetto di stimolare significativamente i comportamenti socialmente responsabili delle imprese stesse, aumentando la libertà di scelta informata dei consumatori e sviluppando le potenzialità dell’economia della responsabilità sociale.

Leonardo Becchetti

*ordinario di Economia politica, Università Roma Tor Vergata

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