l’Italia vista dal mondo

Nell’ultima campagna elettorale molte parole sono state spese sulla possibilità di una vera e propria fuga dei capitali nell’eventualità di una vittoria del centrosinistra il cui programma fiscale prevede l’inasprimento della tassazione sulle rendite finanziarie. Ma su quali elementi gli operatori stranieri fondano le proprie scelte d’investimento? La Banca Mondiale ha recentemente ricercato di sintetizzare la miriade di indicatori esistenti in un unico sistema di valutazione. Guardando ai dati relativi all’Italia, tra il 1996 e il 1998, periodo riconducibile al primo Governo Prodi, quasi tutti gli indicatori hanno registrato un consistente miglioramento. Tra il 2002-2004, periodo interamente riconducibile al Governo di centrodestra, tutti gli indicatori mostrano un trend negativo più o meno marcato [Ruben Durante, www.lavoce.info].

I sei indicatori della Banca Mondiale

Ma su quali elementi gli operatori stranieri fondano le proprie scelte d’investimento? Pur rivestendo, l’elemento fiscale, un ruolo indubbiamente significativo, numerosi altri fattori si rivelano altrettanto importanti. Gli investitori, ad esempio, sono, in genere, restii a operare in paesi caratterizzati da una situazione politica profondamente instabile, da un sistema giudiziario inefficiente, e da livelli endemici di corruzione.

l’insieme di questi elementi si riassume, comunemente, nel concetto di governance. Ne esistono numerosi indicatori costruiti e utilizzati da banche d’investimento, istituti di ricerca (pubblici e privati), istituzioni sovranazionali, Ong. La Banca Mondiale ha recentemente ricercato di sintetizzare la miriade di indicatori esistenti in un unico sistema di valutazione. Nell’ambito del progetto di ricerca Governance and Anti-Corruption, ha infatti raccolto dati provenienti da trentuno istituzioni e relativi a duecentonove tra paesi e territori per il periodo compreso tra 1996 e 2004, aggregandoli in sei indicatori sintetici volti a misurare la percezione che gli operatori esteri hanno del contesto legale, sociale e politico di ciascun paese:

1) voice and accountability: misura il grado di libertà civili e diritti politici e l’effettiva influenza della popolazione nell’elezione dei dirigenti politici; misura, inoltre, il livello d’indipendenza del sistema mediatico da pressioni politiche;

2) political stability and absence of violence: misura la probabilità che il Governo in carica venga destituito attraverso mezzi incostituzionali o violenti;

3) government effectiveness: misura la qualità dei servizi pubblici, la credibilità del Governo riguardo alle misure da realizzare, la qualità dell’apparato burocratico e l’indipendenza dei funzionari pubblici dalle pressioni politiche;

4) regulatory quality: misura quanto le politiche implementate siano market-friendly dal punto di vista del controllo dei prezzi, della regolamentazione dei mercati finanziari, del potere di supervisione sul sistema bancario;

5) rule of law: misura la fiducia dei cittadini nella capacità delle amministrazioni pubbliche di applicare le leggi dello Stato, la percezione dell’incidenza del crimine, della certezza della pena, della protezione della proprietà privata e della capacità di far rispettare i contratti;

6) control of corruption: misura la capacità del sistema politico, legale e giudiziario di prevenire e combattere fenomeni di corruzione.

I dati sull’Italia

Guardando ai dati relativi all’Italia, appare innanzitutto evidente come le decisioni dei Governi in carica – nonché i mutamenti della più generale atmosfera politica – possano influenzare in modo significativo, anche nel breve periodo, la percezione e la fiducia degli operatori economici. Permangono, tuttavia, fattori per così dire “strutturali” che fanno sì che, indipendentemente dalla congiuntura politica, l’Italia sia percepita, in media, come un partner meno affidabile rispetto agli altri paesi europei. (1) (vedi figura 1).

Tra il 1996 e il 1998, periodo riconducibile al primo Governo Prodi, quasi tutti gli indicatori hanno registrato un consistente miglioramento (vedi tabella 1). Fatto più importante, in quel periodo la performance italiana é stata, in media, superiore a quella degli altri paesi europei, determinando, conseguentemente, una convergenza degli indicatori italiani verso la media dell’Unione Europea (vedi tabella 2).

Alla caduta di Prodi, e all’avvento dei successivi Governi di centrosinistra (1998-2000), é seguito un generalizzato deterioramento degli indicatori, in particolare di quelli relativi a political stability (-30 per cento), government effectiveness (-23 per cento ) e rule of law (-13 per cento ).

Più complessa appare, invece, l’interpretazione delle dinamiche relative al biennio 2000-2002. Il periodo, caratterizzato dall’avvicendarsi dei Governi d’Alema-Amato e dall’inizio del Governo Berlusconi, mostra evoluzioni contrastanti, con una sostanziale stabilità di political stability (+4 per cento ), un aumento non trascurabile di government effectiveness (+20 per cento) e una diminuzione di rule of law (-15 per cento) e control of corruption (-12 per cento).

Tra il 2002-2004, infine, periodo interamente riconducibile al Governo di centrodestra, tutti gli indicatori mostrano un trend negativo più o meno marcato (vedi tabella 1). Da un confronto con l’andamento degli indicatori degli altri paesi europei nello stesso arco temporale, sembrerebbe che la dinamica italiana sia da attribuire a fattori prettamente interni. Se é vero, infatti, che tra il 2002 e il 2004 tutti gli indicatori europei hanno registrato un andamento stazionario o un lieve calo (tra +1 e -12 per cento), quelli italiani sono diminuiti in maniera molto più marcata, con variazioni comprese tra -5 per cento per voice and accountability e -64 per cento per political stability (risultato, quest’ultimo, relativamente inatteso, considerata la solidità della maggioranza in entrambi i rami del Parlamento).

Due elementi di riflessione

Dal confronto tra i risultati dei periodi 1996-1998 e 1998-2000 sembrerebbe che la spinta propulsiva che aveva permesso importanti progressi durante il Governo Prodi si sia esaurita con la disgregazione della maggioranza che lo sosteneva. Durante i successivi Governi di centrosinistra, infatti, la percezione degli operatori internazionali si é notevolmente deteriorata.

In secondo luogo, il confronto tra le performance dei bienni 1996-98 e 2002-04 permette di rilevare come la percezione dell’Italia da parte degli operatori stranieri sia stata globalmente migliore durante l’esecutivo Prodi che nei primi anni del Governo Berlusconi, soprattutto sul versante della stabilità politica e dell’efficienza dell’azione dell’esecutivo (vedi tabella 1). In particolare, tra il 1996 ed il 1998, l’Italia, storicamente caratterizzata da modesti standard di governance, ha fatto registrare risultati mediamente migliori rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea Se mantenuto, il trend positivo avrebbe consentito di ridurre sensibilmente la distanza rispetto agli standard europei. Invece nei primi anni dell’esecutivo Berlusconi, gli indicatori italiani hanno subito un progressivo deterioramento rispetto alla media europea (vedi tabella 2). Ciò ha fatto sì che alla fine del 2004 l’Italia fosse ultima tra i quindici per political stability, government effectiveness e rule of law.

(1) Nel corso della nostra analisi consideriamo i dati relativi all¡¯Unione Europea pre-allargamento (15 paesi).

Figura 1: Indicatori di Governance (¨ Italia, ■ UE 15). Fonte: World Bank Aggregate

 Governance Indicators 1996-2004

.







Be the first to comment on "l’Italia vista dal mondo"

Leave a comment