La costituzione: "un bene non disponibile"

“La nostra attenzione al tema odierno nasce da una preoccupazione culturale”, ovvero che “una revisione costituzionale poco meditata metta in discussione, non solo e non tanto profili di mera organizzazione dei poteri pubblici, ma la stessa sostanza sociale e civile della nostra Costituzione e dunque del patto di convivenza del nostro Paese”. Con queste parole Renato Balduzzi, presidente del Meic (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale), ha aperto i lavori del convegno “Cattolicesimo italiano e riforme costituzionali (1948-2006)”, svoltosi a Roma il 5 e 6 maggio scorsi [Emilio Carnevali, Adista].

Nella sua introduzione, Balduzzi ha sintetizzato le ragioni delle “preoccupazioni” espresse dal Meic sulla riforma costituzionale che sarà oggetto di referendum il prossimo 25 giugno. La riforma, ha dichiarato Balduzzi, “ci pare caratterizzata da un’idea di democrazia nel suo fondo differente da quella accolta nella Costituzione vigente”. Tra gli elementi che suscitano particolari perplessità , il presidente del Meic cita espressamente: “la concentrazione dell’essenza del potere in un unico luogo istituzionale, il futuro Primo Ministro, novello principe titolare di un potere non condiviso e non condizionabile; la riduzione del ruolo e del significato delle istituzioni di garanzia politico-costituzionale (il presidente della Repubblica); il depotenziamento della Corte costituzionale, organo giurisprudenziale di garanzia; il confuso e tortuoso procedimento legislativo, la cui scarsa praticabilità operativa altro non sarebbe che il risvolto, in negativo, del rafforzamento del Premier; infine una devoluzione che, sia pure con interne contraddizioni, sembrerebbe prefigurare la rottura o almeno la premessa della rottura dei sistemi nazionali di sanità e di istruzione”.

Nella prima giornata dei lavori é intervenuto, fra gli altri, lo storico Pietro Scoppola, già senatore della Democrazia Cristiana e professore emerito di Storia contemporanea all’Uni-versità “La Sapienza” di Roma. La relazione del prof. Scoppola rientrava nella sessione “Retrospettiva. Giusta attuazione della Costituzione, aggiornamento o ‘Grande riformà?”. Per rispondere a questo interrogativo Scoppola ha posto una domanda preliminare: “qual é il radicamento storico di questa Costituzione nella vita del Paese?”. Secondo lo storico, il radicamento é profondo ed é legato soprattutto a tre aspetti: “il rapporto tra Resistenza e Costituzione”; “l’appartenenza della Costituzione alla tradizione del costituzionalismo europeo”; e, infine, “la saldatura che la Costituzione ha realizzato tra Chiesa e democrazia o, mutuando un’espressione di Tocqueville, il suo ruolo nell’‘istituzionalizzazione della democrazia nel mondo cristiano'”.

àˆ soprattutto sul primo punto che si concentra l’attenzione di Scoppola, il quale ricostruisce il percorso storiografico di contestazione del legame Resistenza-Costituzione nelle sue molteplici espressioni: dalla tesi di ascendenza azionista sulla “Resistenza tradita” agli attacchi mossi dall’estrema sinistra degli anni ‘70 alla Costituzione come “compromesso fra partiti” (Guido Guazza), fino al “revisionismo di destra” degli anni ‘90 fondato sulla tesi di De Felice della “larga zona grigia” (la Resistenza come lotta fra due minoranze) e sull’interpretazione dell’8 settembre come “morte della patria”, come “fine del sentimento nazionale”. Scoppola é tuttavia convinto che queste tesi, pur muovendo da punti di partenza spesso lontanissmi fra loro, sono sostanzialmente unificate da una prospettiva storica non rispondente alla realtà dei fatti, dal momeneto che “la Costituzione ha dato forma giuridica a speranze, ad attese, a desideri legati ad una vicenda tragica e drammatica che é stata vissuta profondamente e che é scritta nella nostra storia come elemento costitutivo e fondante di tutto ciò che é venuto dopo”.

Questo aspetto, come gli altri già accennati, pur senza implicare l'”intangibilità ” della Costituzione, dovrebbe tuttavia farla concepire come “un bene non disponibile” ad essere oggetto di “scambi politici, come é avvenuto negli ultimi anni”, perché essa “appartiene alla Nazione, all’identità nazionale”.

Anche Dossetti – conclude Scoppola ricordando un’intervista fatta al padre costituente nell’84 insieme a Leopoldo Elia – parlava di necessarie modifiche a “singoli punti” della Carta, ma “si scatenò nel 1994 quando le prospettive di modifica che si delineavano si ponevano al di fuori di quel processo storico che ne aveva ispirato l’origine e ne spezzavano la continuità “. Ecco perché, respingendo ogni ipotesi di “Grande riforma”, il prossimo referendum deve essere l’occasione “per sensibilizzare l’elettorato verso i valori che la Costituzione rappresenta e per far maturare un patriottismo costituzionale oggi così debole”. 

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