Fino all”altro ieri Mosca ha sperato d”incassare l”intero piatto, ossia di riuscire – grazie alla pressione internazionale – a spostare l”arricchimento dell”Uranio sul territorio russo (con ghiotti guadagni), ma la notizia che gli iraniani hanno iniziato il processo a Natanz supera oramai quella prospettiva.
La notizia del giorno non è l”annuncio da parte di Teheran d”aver dato inizio alla fase d”arricchimento – che richiederà comunque molti mesi o qualche anno per produrre il combustibile per le centrali o per le bombe – ma la dichiarazione del ministro degli esteri russo Lavrov sull”ipotesi di un attacco militare. «La questione iraniana non è risolvibile con le armi» ha dichiarato Lavrov, punto e basta.
La situazione di stallo non poteva durare all”infinito, con i russi impegnati a costruire centrali in Iran ed il governo apparentemente schierato con Londra e Washington: hanno tirato la corda fin quando hanno potuto farlo, ma qualcosa deve aver premuto su Mosca per ridefinire la sua posizione. Gli accordi fra Teheran e Mosca sono accordi segretissimi: chiunque s”azzardi a mettere in bocca all”uno od all”altro frasi od ipotesi lo fa in modo assolutamente auto-referenziale, senza uno straccio di prova.
L”improvvisa urgenza russa nasce allora da altri sussurri, raccolti dai servizi segreti e presentati con estrema urgenza sulla scrivania di Putin. Evidentemente, la faida interna al Pentagono – che vedeva addirittura alcuni generali pronti alle dimissioni per un eventuale attacco all”Iran – si è composta ed ha vinto la fazione di Rumsfeld. L”attacco – che potrà avvenire anche fra mesi – è stato deciso ed i piani stanno segretamente procedendo.
La Russia si è esposta perché sa che un”Europa dipendente dal gas russo non potrà fare altro che qualche dichiarazione di fermezza: roboanti affermazioni che saranno sopravanzate dagli avvenimenti.
La Cina, invece, rimane silente giacché succhierà gas e petrolio iraniano per i prossimi 25 anni, grazie agli accordi stabiliti con Teheran.
La Borsa Energetica in euro di Teheran va fermata prima che i suoi effetti siano visibili sul dollaro, e questo Washington lo sa benissimo: da qui, probabilmente, la decisione.
Mentre alcuni analisti si sforzavano di comprendere la strategia USA dai movimenti delle task force americane, una risposta chiara e non richiesta è giunta dal Cremlino. Un lampo che illumina la notte a giorno.
Carlo Bertani
www.carlobertani.it
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