Non era mai successo, nella storia della televisione italiana, che a un intervistato – per quanto eccellente – venisse concesso un simile privilegio. Non era mai successo fino a venerdàƒÂ¬ scorso, quando Silvio Berlusconi si è presentato allo studio 3 di Cinecittàƒ per registrare la puntata de “L’incudine”, la trasmissione di Claudio Martelli. Che si trattasse di una puntata speciale, la redazione del programma l’aveva giàƒ capito: mandata in onda da Italia Uno abitualmente il giovedàƒÂ¬ dopo la mezzanotte, grazie all’arrivo del premier la trasmissione veniva eccezionalmente collocata nella prima serata di sabato, al posto del film “Men in black” (e cosàƒÂ¬ velocemente da non lasciare neanche il tempo a “Tv Sorrisi e Canzoni” di aggiornare i programmi).
Non solo, ma gli autori del programma – i più stretti collaboratori del conduttore nella preparazione delle interviste – erano stati insolitamente tenuti all’oscuro delle domande preparate da Martelli per il premier. “Il presidente arriveràƒ con la sua squadra”, aveva avvertito la segreteria di Berlusconi. Nessuno peràƒÂ² aveva capito che in quella squadra ci sarebbe stato anche il regista: Maurizio Spagliardi, un professionista ingaggiato da Mediaset per “Il senso della vita” (che evidentemente deve aver conquistato la piena fiducia del premier con la puntata dedicata al suo amarcord familiare).
Anche stavolta, come era giàƒ successo in tutte le altre trasmissioni che avevano ospitato il Cavaliere, era tassativamente proibito il primo piano: concesso, al massimo, qualche piano americano. E naturalmente nessun cameraman s’è azzardato a puntare la telecamera sulle scarpe dell’ospite (che hanno colpito tutti i presenti per l’altezza del tacco e lo spessore del rialzo interno).
La trasmissione poi è andata come è andata. Due ore e mezzo di interminabili sermoni berlusconiani, cosàƒÂ¬ pesanti che alla fine Mulè e il regista si sono guardati in faccia sconsolati, domandandosi se ci fosse un modo, magari col montaggio, di rendere un po’ più commestibile quel diluvio di parole. Non c’era, purtroppo. Nonostante il dimezzamento delle interruzioni pubblicitarie – altra misura “ad personam”, del tutto inusuale per una rete commerciale – l’indomani l’Auditel avrebbe registrato uno share del 7 per cento, che per gli addetti ai lavori significa, in prima serata, “flop spettacolare”. In fondo, al regista “titolare” è andata bene: adesso è l’unico che puàƒÂ² dire “io non c’ero”.
(31 gennaio 2006)
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