Conversazione con Joseph Kizerbo, padre della storia africana

Joseph ki zerboAlto, dal portamento austero ma dal tratto cordiale, il professor Joseph Ki-Zerbo – che tutti, anche i bambini quasi affettuosamente salutano – dall’alto dei suoi 83 anni è ormai un’istituzione non solo nel suo paese, il Burkina Faso, dove siamo stati verso la fine del 2005 con un gruppo di amici anche per incontrarlo. Giàƒ Alto Volta, indipendente dalla Francia nel 1960, il Burkina deve il suo attuale nome – “paese degli uomini liberi” in una combinazione di à¢â‚¬Ëœmossià¢â‚¬â„¢ e à¢â‚¬Ëœdyulaà¢â‚¬â„¢, le due principali lingue locali – al mitico (e mitizzato) rivoluzionario Thomas Sankara che ne fu presidente dall’agosto 1983 all’ottobre 1987, quando venne ucciso, con altre 12 persone, in un drammatico colpo di stato.


Con i suoi 274.200 chilometri quadrati e una popolazione di quasi 14 milioni di abitanti (il 52% donne), questo paese dal grande nome è povero di risorse, povero in assoluto, al punto che vive di un’agricoltura alla mercè delle piogge. Dotata di un’arte del vivere ricca di solidarietàƒ e di spirito d’accoglienza, la sua gente si distingue anche sul fronte della cultura e dell’arte dove, accanto a un pregevole artigianato (batik), a buoni esempi di pittura e scultura, all’abilitàƒ per la danza e la musica, spicca il Fespaco, festival biennale del cinema africano ormai noto in tutto il mondo. Ki-Zerbo, figlio del più grande catechista cristiano del Burkina, è cresciuto in ambiente rurale e contadino allà¢â‚¬â„¢interno di una grande famiglia africana che, a suo stesso dire, ne ha fortemente determinato la personalitàƒ . Dopo aver studiato in Burkina, Mali, e alla Sorbona in Francia, insegna negli stessi paesi e in Senegal, dove lavora anche come dipendente delle ferrovie, e scrive su diversi giornali e riviste di diversi paesi. Tornato nel suo paese nel 1960, fu co-fondatore e presidente del Consiglio africano e malgascio per là¢â‚¬â„¢insegnamento superiore (Cames), favorevole a una politica accademica autonoma dei paesi africani. Dopo aver fondato il maggior partito dà¢â‚¬â„¢opposizione, (là¢â‚¬â„¢Unione progressista voltaica), tra il 1972 e il 1978 è direttore scientifico di due volumi della à¢â‚¬Å“Storia generale dellà¢â‚¬â„¢Africaà¢â‚¬? pubblicata dallà¢â‚¬â„¢Unesco, là¢â‚¬â„¢organismo dellà¢â‚¬â„¢Onu per là¢â‚¬â„¢istruzione e la cultura, conquistando ufficialmente la fama di più grande storico dellà¢â‚¬â„¢Africa. Con là¢â‚¬â„¢avvento di Sankara, Ki-Zerbo è costretto a lasciare il paese e viene poi condannato in contumacia essenzialmente per motivi politici; la sua biblioteca di oltre 11.000 volumi viene saccheggiata. Nonostante i successivi ripetuti inviti di Sankara a rientrare in Burkina, vi ritorneràƒ solo dopo la morte del giovane presidente. Nel 1997 ottiene il premio Nobel alternativo per le sue ricerche sui modelli originali di sviluppo. Storico e politico, Ki-Zerbo è là¢â‚¬â„¢intellettuale africano che meglio ha saputo associare dottrina e azione politica, impegnato per l’affermazione della democrazia in Burkina Faso e nell’Africa intera. I suoi libri costituiscono punti di riferimento imprescindibili per la conoscenza della storia africana. Qualcuno ha scritto che il solo nome Ki-Zerbo è per molti africani e l’Africa un modo di andare alle fonti della propria identitàƒ . Un pomeriggio siamo stati a casa sua. Ci ha accolto con grande amicizia e disponibilitàƒ . Abbiamo conversato a lungo, in maniera distesa, amichevole e senza schemi. Quel che segue non è in realtàƒ una vera intervista quanto la registrazione di quel che un vecchio saggio africano informalmente aveva voglia di dire ad amici non africani.
NOI -Si dice a volte in Europa e nel mondo che là¢â‚¬â„¢Africa viva oggi una crisi di governabilitàƒ . Qualcuno sostiene che è per mancanza di una vera cultura politica; altri se la prendono con il multipartitismo, con la scarsa coscienza dello stato di dirittoà¢â‚¬Â¦

KI-ZERBO -Io direi che bisogna fare qualche premessa e qualche distinzione: da una parte ci sono gli aspetti formali, superficiali e istituzionali; dallà¢â‚¬â„¢altra, quelli fondamentali ed essenziali. Lo so, agli Africani si rimprovera di avere un debole per il monopartitismo mentre si sottolinea che alla democrazia sono necessari più partiti; ma da solo il multipartitismo non produce necessariamente democrazia. Dal resto del mondo ci chiedono il multipartitismo? Facciamolo subito si sono detti alcuni responsabili africani. I capi di stato africani stessi hanno moltiplicato i partiti a un punto tale che il multipartitismo ora, a volte, uccide la democrazia. In Burkina Faso abbiamo attualmente più di 100 partiti, 42 dei quali riconosciuti e altri in attesa di riconoscimento; nel 1978 erano tre e io non riesco ancora a vedere un legame automatico tra multipartitismo e democrazia. Si è detto, poi, che per la democrazia sono necessarie elezioni regolari, oneste, sincere e imparziali. I dirigenti organizzano ora elezioni apparentemente oneste, sincere e imparziali che peràƒÂ² perpetuano spesso il potere di chi è giàƒ al potere.

NOI -Per le recenti elezioni in Burkina Faso si sono dette cose diverse e qualcuno ha accennato a una sorta di à¢â‚¬Å“neo-sankarismoà¢â‚¬?à¢â‚¬Â¦

KI-ZERBO -Gli osservatori hanno detto che tutto si è svolto bene, ma il fondo del problema è che lo stesso uomo, che ha diretto il paese da più di 18 anni, cambiando la costituzione è riuscito a ottenere un terzo mandato e temo che tra cinque anni possa esserci un altro piccolo cambiamento per un quarto mandatoà¢â‚¬Â¦Nello spirito di qualsiasi democrazia non è buono nè normale. Anche se fosse un angelo a chiedere più mandati, bisognerebbe essere molto attenti! Per Thomas Sankara, vi invito a leggere il mio libro à¢â‚¬Å“àƒâ‚¬ quand là¢â‚¬â„¢Afrique?à¢â‚¬?(A quando l’Africa?, edizioni Missionarie Italiane, ndr). Posso solo aggiungere che con Sankara allà¢â‚¬â„¢inizio non ci si è capiti. Il mio partito è stato perseguitato, io sono stato costretto a vivere in esilio dieci anni. Durante là¢â‚¬â„¢esilio, Sankara mi ha fatto contattare tre volte chiedendomi di ritornare. Aveva compiuto un suo percorsoà¢â‚¬Â¦ alla fine parlava di errori commessi. Voleva raddrizzare certe cose, ma è stato arrestato da quelli che sono al potere attualmente. Che, oltre a uccidere lui, hanno anche cercato di uccidere la sua politica. Sankara credeva di poter cambiare cose e persone con la persuasione, dimenticando i molti poteri di ogni tipo che vegliano affinchàƒÂ© i megainteressi della globalizzazione siano sempre garantiti. Cà¢â‚¬â„¢era un altro Sankara nelle recenti elezioni ma non so se ha lo stesso carisma del primo. E poi è necessario capire qual è il progetto di societàƒ che il sankarismo vuole sviluppare, a quale tipo di pensiero politico si avvicina, tutte cose che dovrebbero diventare più chiare con il tempo. In ogni caso, in Burkina la figura di Sankara era ed è meno grande che sul piano internazionale.
NOI -Veniamo anche allà¢â‚¬â„¢idea africana di stato di dirittoà¢â‚¬Â¦

KI-ZERBO -Nellà¢â‚¬â„¢Africa tradizionale il capo non era onnipotente. Il suo potere era equilibrato da altri di varia origine e natura. Cà¢â‚¬â„¢era un capo politico, ma ce nà¢â‚¬â„¢era uno anche per la terra e uno cosàƒÂ¬ detto economico; penso che nella tradizione africana ci siano sempre stati elementi di democrazia tradizionale. Secondo un detto del Burkina Faso e di paesi confinanti come il Ghana à¢â‚¬Å“non è il re che ha il regno ma il regno che ha il reà¢â‚¬?. Significa chiaramente che esistono norme che si impongono a tutti senza eccezione, a cominciare dal re stesso. Tra i à¢â‚¬Å“moussià¢â‚¬? intorno al capo agiscono sempre altri soggetti. Il re, in generale, non parla. Parla a qualcuno che parla ad altri. Non gli si parla direttamente: è un segno di rispetto ma anche un segno di controllo, quindi di gestione politica. Attorno al re agivano anche persone dotate di potere spirituale. E poi cà¢â‚¬â„¢era la democrazia sociale, quella della condivisione dei beni e non dellà¢â‚¬â„¢accumulazione. Tra i à¢â‚¬Å“moussià¢â‚¬?, il presidente veniva a volte indicato con la parola à¢â‚¬Å“naabaà¢â‚¬? che indica partecipazione. Il potere era spesso paragonato a un uovo: se lo stringi troppo forte, ti si rompe in mano; ma se non lo stringi abbastanza, puàƒÂ² scivolarti dalla mano e rompersi ugualmente; va esercitato senza eccessiva severitàƒ ma anche senza lassismo. E proprio come là¢â‚¬â„¢uovo, che racchiude la vita, chi è al potere ha in mano la vita delle persone. Nellà¢â‚¬â„¢Africa tradizionale esisteva perfino una forma di diritto per gli immigrati. Quando qualcuno arrivava dallà¢â‚¬â„¢estero aveva il diritto ad un pezzo di terra. Cà¢â‚¬â„¢era addirittura il culto dello straniero. A Ougadougou quando i francesi arrivarono per conquistare il paese, inviarono al re un fuciliere senegalese per ordinargli di sottomettersi; il re gli disse: à¢â‚¬Å“Sei fortunato perchàƒÂ© sei un inviato, altrimenti ti avrei giàƒ fatto decapitare.à¢â‚¬? Era in pratica una norma di diritto internazionale rispettata anche verso i nemici. Se questo non è stato di dirittoà¢â‚¬Â¦.E se democrazia significa anche garantire il minimo a ciascuno, si puàƒÂ² dire che là¢â‚¬â„¢Africa su questo piano era giàƒ più avanzata. La condivisione era di rigore non solo tra i nativi ma anche con gli stranieri.

NOI -Quindi la cultura africana non era e non è incompatibile con una vera democrazia, con le forme migliori dello sviluppo allà¢â‚¬â„¢europea, allà¢â‚¬â„¢occidentaleà¢â‚¬Â¦

KI-ZERBO. Penso che ogni paese deve fare una sua rilettura dei principi della democrazia. Là¢â‚¬â„¢individualismo europeo è in realtàƒ , se ci si pensa, un non precetto per la democrazia. Diritti e doveri sono individuali, come vuole la cultura occidentale che ha messo là¢â‚¬â„¢accento sullà¢â‚¬â„¢individuo, uno sviluppo è quanto mai antitetico rispetto alla cultura sociale africana che si era adattata al livello dà¢â‚¬â„¢evoluzione dellà¢â‚¬â„¢Africa. Nella tradizione africana quando cà¢â‚¬â„¢era la à¢â‚¬Ëœpalabreà¢â‚¬â„¢, la discussione collettiva, ciascuno non solo aveva il diritto di parlare ma anche il dovere di parlare. Non si parlava solamente per il signor x o yà¢â‚¬Â¦, si parlava per un gruppo sociale, per una famiglia, per un quartiere, per un villaggio. Questo aspetto sociale non era estraneo alla democrazia. A un certo punto tutto questo è stato messo da parte per tentare di adattarsi alla democrazia di stile europeo e occidentale. Ma le persone non sono abituate alle forme democratiche dellà¢â‚¬â„¢ Europa. In Francia si parla tanto di libertàƒ , uguaglianza, fraternitàƒ . Ma voi sapete che se là¢â‚¬â„¢individualismo non è sorvegliato, se si lascia fare allà¢â‚¬â„¢individuo da solo nella giungla degli interessi, ebbene non ci saràƒ nè libertàƒ , nè uguaglianza, nè fraternitàƒ . Noi, anche se sta diminuendo, abbiamo sempre avuto la solidarietàƒ …ogni giorno ci sono milioni di Africani che vanno ad assistere negli ospedali la parte debole della societàƒ : bambini, donne incinte, malati, vecchià¢â‚¬Â¦Milioni di africani si spostano senza che nessuno li obblighi a farlo; lo fanno perchàƒÂ© sono portatori di una cultura. Penso invece a quando due anni fa, cà¢â‚¬â„¢è stata quella canicola in Europa e in Francia tanti anziani sono morti soli, anche se alcuni erano molto ricchi; a che serve la ricchezza se si deve poi morire solià¢â‚¬Â¦. La solidarietàƒ è un elemento della democrazia: questa è una riflessione che non è stata portata avantià¢â‚¬Â¦ abbiamo riflettuto molto per dare agli africani coscienza della loro storia, della loro identitàƒ ma i giuristi, i medici, gli economisti non hanno fatto abbastanza, non hanno fatto il necessario per africanizzare le norme fondamentali della democrazia. Il contagio dei principi del neoliberalismo è oggi tale che molti cercano di vivere gli effetti della crescita degli altri, cercano di vivere gli effetti della democrazia degli altri, mentre non si sviluppa un sistema autonomo, endogeno, di sviluppo di questa democrazia. La stessa parola à¢â‚¬Ëœsviluppoà¢â‚¬â„¢ chiede di essere rivisitata, rinnovata, perchàƒÂ© il termine non esiste in molte lingue africane. Cà¢â‚¬â„¢è bisogno di una riflessione autonoma per ribattezzare questa e altre idee. Gli intellettuali sono finiti ai margini della crescita mentre dovrebbero essere associati alla costruzione di un sistema integrato per la democrazia in Africa; anzi non tanto la democrazia in Africa quanto una democrazia africana.
NOI -Se volessimo fare un esempio di un paese africano, di una personalitàƒ del continente che si sta muovendo secondo questa prospettivaà¢â‚¬Â¦.

KI-ZERBO. Non mi pare che ci sia nel continente un paese o una personaà¢â‚¬Â¦ si intravedono al più , sul lungo ma anche sul breve termine, alti e bassi. Ci sono personalitàƒ che sono prototipi. Per esempio, Nelson Mandela che è certamente un grande democratico, che ha molte cose da insegnare anche agli occidentali. Mathieu KàƒÂ©ràƒÂ©kou, in Benin, pur avendo il potere di cambiare la costituzione, ha accettato di mettere un termine al suo potere, non ripresentandosi alle prossime elezioni perchàƒÂ© ha più di 70 anni e la costituzione glielo vieta. Il potere non deve essere una proprietàƒ privata, va inteso piuttosto come una missione. Tra i giovani politici, mi viene in mente uno come il maliano Alfa Omar KonaràƒÂ© che sembra animato da norme ideali per la democrazia e per la fioritura economica. Da noi, la à¢â‚¬Ëœres publicaà¢â‚¬â„¢, lo stato, si dice à¢â‚¬Å“forobaà¢â‚¬?: significa il grande campo, lo spazio collettivo, quello di tutti i cittadini. Quando ero piccolo, al mattino andavo a coltivare i campi con i miei genitori, ma il pomeriggio si lasciava andare ognuno al suo piccolo campo. Eà¢â‚¬â„¢ certo che cà¢â‚¬â„¢è lo stato ma cà¢â‚¬â„¢è anche là¢â‚¬â„¢individuo. Bisogna fare in modo che si rispettino i diritti e i doveri dellà¢â‚¬â„¢uno e dell altro, fin dallà¢â‚¬â„¢infanzia. Penso che in Africa manchi là¢â‚¬â„¢educazione civica: i bambini, i giovani sono il 52,56%, la maggioranza della popolazione, ma non li si guida, non li si orienta, non li si ascolta. Al posto di canzoni e film americani, se si seguissero i riti tradizionali di iniziazione si aiuterebbero i giovani a inserirsi nella vita sociale con responsabilitàƒ . Là¢â‚¬â„¢iniziazione era di capitale importanza per la vita sociale, per la democrazia.

NOI – Si parla anche tanto di scontro di civiltàƒ , di conflitto religiosoà¢â‚¬Â¦ Secondo lei, che ruolo ha o puàƒÂ² avere la religione nel contesto attuale?

KI-ZERBO – La religione è come la lingua nel mondo greco. La lingua è la migliore e la peggiore delle cose. La cultura anche. Se non si è attenti, la religione puàƒÂ² essere sfruttata, male orientata, spinta fino allà¢â‚¬â„¢eccesso su vie malefiche. Più si è ricchi e più si puàƒÂ² abusare della religione. Nei vangeli stessi, Gesù dice: guai a voi ricchi. Ma non significa che si beatifica la povertàƒ . Nelle beatitudini si è parlato di poveri in spirito. Cà¢â‚¬â„¢è un minimo di confort materiale necessario per vivere correttamente la fede. Oggi lo si vede, la morale, là¢â‚¬â„¢etica collettiva e religiosa hanno tendenza a diminuire. E questo fa sàƒÂ¬ che la ricchezza non è più distribuita in modo imparziale. Io constato, ho ormai 83 anni, che nella mia infanzia cà¢â‚¬â„¢era più uguaglianza, più equitàƒ tra i gruppi sociali e la religione cristiana in particolare andava molto bene con questo schema. Man mano che si va avanti, si vede che la maggioranza della gente affonda nella povertàƒ e nella miseria, a volte aggravate dalla guerra, dalla persecuzione politica, dai licenziamenti abusivi.. è una maggioranza condannata a una vera e propria discesa agli inferi. E cà¢â‚¬â„¢è una minoranza che sale, cresce, una vera plutocrazia, miliardari che accumulano denaro non in Africa ma nelle grandi banche ben protette del nord del mondo e nei paradisi fiscali. Questa non è una situazione evangelica, ne siamo ben lontani! Si capisce quindi perchàƒÂ© la religione, la filosofia, la teologia della liberazione e tutte le forme di pensiero che seguono da vicino la discesa dei popoli verso la fame, dentro la miseria, hanno oggi molto successo. In Africa, i movimenti evangelisti, le confessioni protestanti che utilizzano lo spirito profetico per denunciare e annunciare, hanno grande seguito. E cà¢â‚¬â„¢è anche perfino chi sta preparando la gente al conflitto sociale. Ho visto, per esempio, quando sono stato ultimamente in Congo Kinshasa, il successo di queste tendenze, dei predicatori che vogliono la liberazione dei popoli. Ma tra cristiani e musulmani non cà¢â‚¬â„¢è nessuna differenza per chi vive veramente in profonditàƒ queste due religioni. Coloro che le vivono male trovano differenze, salvo nel male. Conosco persone che mi hanno accompagnato quando sono entrato in politica, ispirato dalla mia fede cristiana, disposto a sacrifici, a dimenticare i miei interessi, per lottare con il popolo ogni volta che cà¢â‚¬â„¢era un motivo, una causa da difendereà¢â‚¬Â¦ à¢â‚¬Å“Se ci corichiamo adesso, quando invece bisogna stare in piedi per la lotta, siamo mortià¢â‚¬? fu il mio assioma, il mio slogan per tutti. Quello che ha firmato con me il movimento di liberazione nazionale era un musulmano. Un altro era un protestanteà¢â‚¬Â¦ un altro ancora aveva il culto della pace, della riconciliazione, della spiritualitàƒ . Non cà¢â‚¬â„¢era differenza tra noi. Ma anche nel male, prima ancora che nel resto, i protagonisti delle due religioni a volte si ritrovano. Penso che non sia tanto questione di quale religione quanto di come la si vive la religioneà¢â‚¬Â¦

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