Costco: l’anti Wal-Mart che fa impazzire Wall Street

Picchettaggi? Girotondi? Cortei di protesta globale? Al vertice del mondo aziendale, c’è chi, anche tra i dirigenti, si frega le mani quando sente parlare di scioperi e contestazioni. A patto però che a subire l’ira dell’esercito dei precari siano i propri concorrenti. Ecco spiegato il boom di Costco, grandi magazzini americani: paghe superiori del 42% rispetto al concorrente Wal-Mart. Diritti sindacali rispettati. E profitti a +22% [Joshua Massarenti, www.vita.it].


La battaglia di Seattle

Questa soddisfazione, Jim Sinegal, direttore generale della Costco Wholesale, la quinta azienda di distribuzione negli Stati Uniti, se l’è probabilmente tolta il 28 agosto scorso, quando a Seattle, una cinquantina di persone ha protestato contro l’apertura di uno store, l’ennesimo, della Wal-Mart, la più grande catena distributiva del mondo (vedi Vita n°35), ma soprattutto proprietaria di un altro colosso della distribuzione, Sam’s club, concorrente diretto dell’azienda di Sinegal. In ballo, non sono soltanto fette di mercato da contendersi, ma due filosofie del profitto profondamente divergenti: la prima, per la quale a Seattle è successo il putiferio, mira a vendere prodotti a prezzi stracciati per i consumatori strangolando i propri dipendenti con salari miserabili, orari impossibili e diritti sindacali azzerati. Al contrario, alla Costco il profitto è ricercato nel rispetto sia di chi consuma(vendendo prodotti talvolta di grande qualità a costi contenutissimi) sia di chi, in magazzino o nei supermercati, ci lavora. «Attenzione però», ammonisce Sinegal, co-fondatore di un’azienda che a 22 anni dalla nascita può vantare 417 negozi sparsi in tutto il mondo. «Non è una questione di altruismo, ma solo un modo intelligente per fare business».

A dargli ragione sono le cifre.

Nel 2004, i profitti sono aumentati del 22% rispetto all’anno precedente per raggiungere quota 882 milioni di dollari. Nel contempo, il salario medio di un dipendente della Costco si aggira sui 17 dollari all’ora, il 42% in più rispetto a un lavoratore di Sam’s club. Molti analisti hanno definito Sinegal il commerciante più sveglio dai tempi di Sam Walton (guarda caso, fondatore della Wal-Mart), ma non per questo lo rispettano. Anzi, a Wall Street lo vedono come fumo negli occhi. «Da Costco», si è lamentato su Business Week Bill Dreher, analista della Deutsche Bank, «è più opportuno essere un cliente o un dipendente che un azionista». Rimostranze di questo genere, Sinegal non le conta più. Particolarmente pesanti furono quelle che lo accusarono di mantenere al 4% il contributo dei suoi lavoratori alle spese della loro copertura sanitaria, mentre nel settore staziona in media sul 25%. Costretto a scendere a patti, ha innalzato il contributo fino all’8%, ma senza andare oltre, convinto che «con i buoni salari e i vantaggi sociali i tassi di rotazione nel nostro personale sono bassi». Ma più di tutto, «questa logica aziendale ha convinto i clienti che i profitti non sono fatti sulla pelle dei dipendenti».

Vince anche in borsa

Altrettante irritante per Wall Street è il suo rifiuto di aumentare i margini di profitto. «A Wall Street, la parola d’ordine è di guadagnare soldi in pochi ragioni. Ma io lavoro in termini decennali, da qui a cinquant’anni. Non voglio perdere il controllo dei costi e dei prezzi». Ancora una volta le cifre parlano da sole e ironia della sorte, sono snocciolate da Wall Street: nell’ultimo anno, l’azione Costco è cresciuta del 2,5%, mentre Wal-Mart ha perso il 9%. Ma se Sinegal è riuscito a proiettare la sua azienda al primo posto della vendita discount (con quasi il 50% del mercato contro il 40% a Sam’s club), è anche grazie al modello di vendita da lui imposto: edifici in cemento (quindi poco costosi) e un numero limitato di prodotti (4mila contro i 100mila di Wal-Mart). Il sistema sembra accontentare tutti: i clienti, che superano ormai i 44,6 milioni. E i dipendenti, protetti da un accordo sindacale giudicato da Teamsters, uno dei sindacati più potenti degli Stati Uniti, «il migliore del settore».

Joshua Massarenti (j.massarenti@vita.it)  07/09/2005

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