Torniamo al test di durata con 70% di olio di colza. L’automobile ha ridotto del 50% la fumositàƒ , ha aumentato i consumi del +19% perdendo del 5% in accelerazione e del 12,7% in ripresa. Su 20.000 km di percorrenza l’uso della colza al 70% porterebbe a un risparmio economico di circa 250 euro per l’automobilista.
Il rischio per il motore si riduce diminuendo la quantitàƒ di olio di colza e aumentando quella del gasolio. Secondo Quattroruote il mix con 30% colza diminuisce il rischio di danni al motore. Il risparmio economico per una percorrenza di 20.000 km si riduce peràƒÂ² a soli 80 euro. La sostituzione dei filtri e del lubrificante del motore riduce ulteriormente il rischio di danni ma anche il risparmio economico.
In Germania sono in commercio appositi kit, citati anche nel dossier di Quattroruote, in grado di adeguare l’automobile all’uso dell’olio di colza da cucina. L’uso di questi filtri in Italia comporta peràƒÂ² il reato di evasione fiscale.
L’opinione di Ecoage
Un serbatoio riempito al 70% con un rozzo, grezzo e spartano olio da cucina (colza) ha mandato avanti un’automobile per 7.300 km… cosa sarebbe accaduto se si fosse utilizzato il bidodiesel? L’olio di semi di colza per uso alimentare non nasce per essere utilizzato come carburante, su questo siamo d’accordo con Quattroruote, ma non possiamo fare a meno di notare che nonostante la sua natura grezza e le condizioni estreme del test al 70% ha mandato avanti un’automobile per 7.300 km. Un risultato che paradossalmente fa ben sperare per i biocarburanti.
Ricordiamo che il biodiesel è un prodotto completamente legale, tratto dagli oli vegetali, rispettando i criteri di qualitàƒ dei carburanti. Il biodiesel non contiene grandi quantitàƒ di glicerina. Come citato dalla rivista Quattroruote “nessuna norma fissa i parametri qualitatitivi degli oli da cucina per il funzionamento nei motori”. L’olio di colza da cucina puro, invece, ha una scarsa volatilitàƒ e tende a formare sostanze gommose ad alte temperature causando la formazione di depositi sugli iniettori.
L’olio di colza da cucina non è un carburante, siamo d’accordo, ma il test di Quattroruote conferma che le materie prime vegetali, anche se rozze, potrebbero far muovere le nostre automobili al pari del gasolio o della benzina. Una ragione in più per chiedere di incentivare la produzione legale di biocarburanti come biodiesel e bioetanolo.
A questo proposito, l’associazione NIM-Ecoage ha promosso una petizione popolare per chiedere al Governo di aumentare i contingenti defiscalizzati di biocarburanti nella prossima Finanziaria 2006.
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Note (a cura della redazione di Criticamente)
Nel blog di Beppe Grillo, abbiamo raccolto alcune considerazioni molto sagge (http://www.beppegrillo.it/archives/2005/05/olio_di_colza_q.html):
In un ampio studio là¢â‚¬â„¢UBA, ufficio federale per là¢â‚¬â„¢ambiente (Germania), conclude che i carichi ambientali generati per produrre biocarburanti oleosi in Germania (uso di terreni agricoli, pesticidi, concimi chimici, macchine agricole, petrolio) non sono compensati dai vantaggi di questi carburanti.
La popolazione mondiale aumenta, ma le superfici coltivabili no. Queste sono prevalentemente destinate alla produzione alimentare, che da ventà¢â‚¬â„¢anni cresce meno di quanto cresca la popolazione. La decisione di destinare una parte di questa superficie ai biocarburanti per la mobilitàƒ privata motorizzata invece che alla produzione alimentare è una decisione sociale che va presa a livello globale (ONU, FAO) e nazionale (UE, governi, societàƒ civile). Esistono casi limitati e particolari dove là¢â‚¬â„¢ecobilancio dei biocarburanti è più favorevole. Esempio:
– Alcoli (metanolo e etanolo) di origine agraria prodotti in paesi ad alta produttivitàƒ (es. etanolo in Brasile)
– Alcoli prodotti da fermentazione di scarti di produzione agricoli, alimentari o industriali
– Carburanti oleosi autoprodotti da agricoltori in paesi o zone specialmente favorevoli oppure poco accessibili ai carburanti fossili e usati in motori diesel specialmente modificati (es. Ing. Elsbett).
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