Il cosiddetto "talento"

moni ovadiaEbrei: poveracci e paperoni, mercanti e banchieri. Arrangiarsi a vivere o manovrare il potere economico. Il senso degli affari è acutezza e finezza di percezione, una sorta di antennina che capta prima e meglio il nodo di una situazione e lo afferra. Afferrare si puàƒÂ² dire dei concetti e del denaro. Nella percezione comune – Shylock su tutti – l’ebreo custodisce la borsa, tiene stretto il sacchetto con il denaro. Questa associazione è sedimentata nell’immaginario fino a diventare più di un carattere, una figura, uno stereotipo. E dall’interno come viene vista? Vogliamo sfatare una leggenda?


Gli ebrei non hanno originariamente nessun talento per il danaro, contrariamente a quello che si crede – a mio parere; gli ebrei sono stati costretti al danaro, manu militari, a forza sono stati obbligati all’usura, sono stati obbligati a gestire le assicurazioni, la loro stessa condizione li costringeva. Il danaro è qualcosa che ha una natura perversa per molti aspetti, ma anche, per molti aspetti, straordinaria: primo, è circolante per sua natura profonda, è legato al movimento; non ha molto rispetto per i confini, a differenza della terra; conseguentemente gli ebrei, che non potevano possedere terra, non potevano svolgere altre attivitàƒ stabili, stanziali; erano costretti all’esilio ed erano diventati esuli per natura, si trovavano a loro agio a cavallo dei confini – parlo ovviamente dell’ebreo diasporico, di 2000 anni dell’ebreo nella diaspora. àƒË† naturale che il denaro rappresentasse una risorsa ideale per questo tipo di condizione; allora, con l’andare del tempo, si costituisce, detto fra virgolette, un cosiddetto “talento”.
Dàƒ una risposta folgorante sull’argomento, a mio parere, Joseph Roth ne Il profeta muto: c’è un personaggio di aristocratico decaduto, un uomo risentito, che coltiva odio, che lavora per un ebreo, un banchiere, un finanziere ebreo, e cerca di spiarlo, di studiarlo per carpirne i segreti. E lo scrittore, voce narrante, commenta: “Povero illuso! – non aveva capito che per fare un finanziere del genere ci vogliono generazioni e generazioni di perseguitati alle spalle”. Questa puàƒÂ² essere una qualche risposta.

 

PerchàƒÂ©, secondo lei, esiste la tradizionale associazione degli ebrei attaccati al denaro? Da dove ha origine? Che radici ha?

All’ebreo è stata interdetta la carriera militare, la carriera politica naturalmente, per molte, molte e molte generazioni, per secoli e secoli, ed è una cosa che è legata alla storia della diaspora ebraica, che ha 2000 anni.
àƒË† stato concentrato sull’ebreo, in quanto altro per antonomasia – la civiltàƒ occidentale ha scelto in molte forme la via cristiana, spesso un cristianesimo pervertito. L’ebreo diventava ideale per scaricare su di lui tutte le infamie e le nefandezze; allora un uomo non ebreo, ricco, e uno che ha talento, che ci ha saputo fare: se è l’ebreo che è ricco, allora è avido, è uno senza scrupoli.
Io racconto sempre nei miei spettacoli… e ne sto preparando uno che si intitoleràƒ “Finanzieri e mendicanti”, perlomeno è il titolo provvisorio, sulla questione della cosiddetta finanza ebraica e il cosiddetto talento finanziario ebraico.
Vediamo oggi: l’uomo più ricco del mondo non è ebreo, peràƒÂ² ci immaginiamo cosa capiterebbe se fosse ebreo. PerchàƒÂ© nessuno accusa i protestanti bianchi, ai quali credo appartenga Bill Gates, di essere avidi, rapinosi, grifagni. No. L’uomo più ricco d’Italia, e uno degli uomini più ricchi d’Europa, Silvio Berlusconi, che è anche presidente del consiglio – lo saràƒ tra breve – non è ebreo. Ma perchàƒÂ© nessuno scatena campagne di calunnie contro i brianzoli? àƒË† una relazione insieme di invidia nei confronti dell’ebreo, proprio per la sua capacitàƒ di essere ubiquo. L’ebreo ha avuto il dono dell’ubiquitàƒ , un dono che gli è nato dalla sua condizione: di saper essere insieme una cosa e l’altra, di essere in più posti nello stesso momento.

 

L’etica del Talmud

Oggi l’antisemitismo di quel tipo comincia a scemare, perchàƒÂ© tutti sono diventati come gli ebrei del pregiudizio, tutti stanno con i listini di borsa: i pensionati, persino gli anarchici, se guadagnano qualche soldo, si domandano come investire… allora tutti siamo diventati ebrei nel senso in cui lo intendeva Marx, ne La questione ebraica, lo siamo diventati, questo famoso spirito, fra virgolette “ebraico”. Solo che questo non è mai stato lo spirito ebraico, e Marx aveva preso una grande cantonata – con tutto il rispetto per il grande Marx.
Il Talmud dice: “i soldi tuoi sono solo quelli che tu dai agli altri”. Questa è l’etica ebraica. Il guadagno deve essere legittimo, e eticamente accettabile. Che poi non tutti gli ebrei si comportino secondo questi dettami, come qualsiasi essere umano, gli ebrei come tutti gli altri hanno pregi e difetti… PeràƒÂ², ecco, se noi dovessimo dare retta al pregiudizio, dovremmo sostenere che su sei miliardi di esseri umani su questa terra, almeno cinque miliardi e novecento milioni sono ebrei, se dovessimo giudicare in base ai comportamento rispetto ai soldi.

 

Un cristiano non dovrebbe considerare la ricchezza un valore, per esempio – è detto esplicitamente nel Nuovo Testamento. “àƒË† più facile che un cammello…


…passi nella cruna di un ago, piuttosto che un ricco nel regno dei cieli” – sàƒÂ¬, ma è un passo molto controverso…Il denaro nella cultura ebraica – e da un punto di vista ebraico, che funzione e che valore ha il denaro nell’Antico Testamento? C’è qualche passo analogo?
Nell’ebraismo il problema dell’uguaglianza è posto nei termini di pari dignitàƒ , non è un problema di uguaglianza economica. E io credo che oggi noi tutti capiamo che il problema dell’uguaglianza economica finisce con l’essere secondario rispetto al vero problema di uguaglianza che è la pari dignitàƒ tra esseri umani.
Per la Torah, ciàƒÂ² che non è eticamente riprovevole è permesso, ma compito dell’ebreo è praticare la giustizia. Ho fatto una volta una domanda ad un grande maestro di ebrei: se ci puàƒÂ² essere messianesimo ebraico senza giustizia sociale. Mi ha guardato con aria un po’ beffarda e mi ha detto: “Ma Moni caro, il messianesimo ebraico è la giustizia sociale”. Quindi, nel quadro di questa prospettiva – centralitàƒ della vita, centralitàƒ dell’uomo, santitàƒ del comportamento, uguaglianza di tutti gli esseri umani, intesa come pari dignitàƒ – il danaro non è di per sàƒÂ© criminoso e criminale; se no bisognerebbe attribuire al danaro un potere divino o demoniaco che sia, e questo per l’ebraismo è inaccettabile.

 

E l’episodio del vitello d’oro come va giudicato?

Quello è grave per due ragioni: una è che è un idolo. Credere che il danaro e l’abbondanza possano garantire la giustizia o comunque una vita buona è idolatria ed è gravissimo; è l’idolatria più perversa, perchàƒÂ© è legata al danaro, all’oro, a Mammona, che chiede il sacrificio dei propri figli, nàƒÂ© più nàƒÂ© meno che oggi; non è più un sacrificio cosàƒÂ¬ cruento, ma poco ci manca. E l’altro… dico io in un mio spettacolo, il crimine del vitello d’oro fu quello di far restare tutto il contante disponibile chiuso in uno stupido vitello; il denaro deve circolare perchàƒÂ© cosàƒÂ¬ si fanno quattrini. Allora: il deserto del Sinai poteva essere attraversato comodamente in sette giorni a piedi, gli ebrei per imparare il valore della circolazione furono fatti circolare nel deserto quaranta anni – questa naturalmente è una battuta, una delle cose dell’umorismo ebraico.

 

Esiste un repertorio ricchissimo di storie e storielle divertenti o emblematiche sullo stereotipo di cui si parlava?

Il rapporto con il danaro è anche leggendario all’interno del mondo ebraico. Le storielle sui finanzieri, sui ricchi e sui poveri, sulla relazione con il danaro sono infinite, e il loro scopo è mostrare gli tutti gli aspetti paradossali. Lo scopo dell’umorismo ebraico è destituire la relazione di quell’aspetto violento e di quell’odio che si trasforma in violenza, mostrando tutto il paradosso della relazione con il danaro e mostrando anche un senso nuovo in questa relazione, o altri sensi possibili rispetto a quelli primari e, come dire, sclerotizzati del pregiudizio, giocando su questa cosa, perchàƒÂ© l’umorismo ebraico tende a glorificare la fragilitàƒ dell’uomo e con il danaro tutti gli esseri umani sono fragili. Allora si tratta di capire questa fragilitàƒ , di ridere attraversando un’esperienza conoscitiva e di passare ad un altro tipo di relazione, più con presa di distanza.
C’è una storiella che mi piace molto raccontare, di un uomo che si è fatto prestare dei soldi da una banca, costruisce delle case e guadagna dei soldi. Si guadagna fama di buon costruttore e ottiene un altro prestito. Fa delle altre villette, ma questa volta perde. Ma ottiene altri prestiti sulla base della sua buona fama. E continua a perdere; ma continua ad ottenere prestiti perchàƒÂ© la sua fama di costruttore non viene intaccata da queste perdite e continua ad avere prestiti peràƒÂ² i debiti si accumulano, finchàƒÂ© il direttore di una banca lo convoca e dice: “Guardi lei gode di grande fama di ottimo costruttore, peràƒÂ² lei sta continuando a perdere, si renda conto che prima o poi che i nodi potrebbero venire al pettine”. Allora questo ebreo dice al direttore: “Beh, direttore, mettiamola cosàƒÂ¬: io, con un po’ di fortuna, potrei anche morire prima che questo accada”.

 

Il barone di Rotschild

Allora questa è proprio la presa di distanza, oppure la famosa risposta del barone di Rotschild a un questuante che voleva beneficenza. Tutti andavano dal barone di Rotschild, che era il Creso degli ebrei, allora questo rabbino che chiedeva soldi era stato dal figlio del barone che aveva elargito duecentomila dollari, e salàƒÂ¬ dal padre, il grande barone di Rotschild, il quale gli firmàƒÂ² un assegno di mille dollari. Stupito, scandalizzato il rabbino disse: “Ma Barone, suo figlio mi ha dato duecentomila dollari, e lei… solo mille!” Allora il barone commentàƒÂ² dicendo: “Beh, vede rabbino, mio figlio ha un padre ricco, io no!”
Le storielle pullulano a miriadi. Ma il compito di un ebreo, intanto era la decima per i poveri. Un uomo che non dàƒ la decima del suo danaro ai poveri è detto “malvagio”; e una decima per i leviti. La decima del campo era per i poveri: non era un atto di generositàƒ del ricco, doveva farlo, se no era un malvagio e un fuorilegge. Era legge. CosàƒÂ¬ come era legge che nell’anno del Giubileo i diritti di proprietàƒ venissero restituiti. Per fare capire che a nessuno spetta niente per una sorta di diritto divino: “la terra” – dice cosàƒÂ¬ l’inizio della dichiarazione del Giubileo – “la terra è mia”, dice Dio. Ecco perchàƒÂ© viene detto: “I soldi tuoi sono solo quelli che darai agli altri, perchàƒÂ© quelli che ti tieni, invece, appartengono a Dio, non a te.”

 

Lo Shabbath, il giorno del riposo

Un teologo dello Sri Lanka, un uomo veramente incantevole, di grande fede, di grande umanitàƒ . Non so a quale ordine appartenesse, l’ho incontrato dai padri alfonsiani, padre Fasullo, a Palermo. Mi ha detto che ci sono statistiche precise, dati precisi, che l’1% delle ricchezze dei duecento uomini più ricchi del mondo basterebbe da sole a risolvere il problema dell’analfabetismo in ogni angolo della terra. Lo ripeto, il problema dell’uguaglianza è la pari dignitàƒ , questa è una cosa che si stenta a capire, anche nel danaro, e lo dimostra lo sabbath ebraico: lo sabbath che è il giorno del riposo divino è la più rivoluzionaria acquisizione di spiritualitàƒ mai conseguita nella storia dell’umanitàƒ . PerchàƒÂ© lo sabbath postula l’uguaglianza di tutti gli esseri umani, perchàƒÂ© si esce dal ruolo: non puoi produrre, non puoi consumare, non puoi indurre al consumo e alla corruzione, nàƒÂ© tu stesso, nàƒÂ© il tuo lavoratore, nàƒÂ© del tuo servo. Niente, neppure l’animale e neppure la terra, neppure le piante. Il creato, l’essere umano ritorna alla propria nuditàƒ , tutte le settimane che Dio manda in terra. Per fare capire qual è il destino dell’uomo, qual è il suo vero destino. Allora lo sabbath mostra ogni settimana che tu non sei niente più di ogni altro essere umano – è l'”uscita dall’alienazione”, per dirla con Marx. Lo sabbath si festeggia extraterritorialmente, nelle condizioni, quindi, in cui ti trovi, e non sulla base di Gerusalemme; e anche extratemporalmente, nel fuso in cui ti trovi: quindi, dichiarazione di extraterritorialitàƒ e extratemporalitàƒ , dichiarazione di uguaglianza di fronte al creato di tutti gli esseri umani e della santitàƒ e inviolabilitàƒ del creato. Ora, il messianesimo ebraico non è molto più che questo: sabato tutti i giorni.

 

Accogliere lo Sabbath

Ricordo che un mio amico anarchico rimase sconvolto perchàƒÂ© arrivammo di venerdàƒÂ¬ alle tre e mezza al Photoshop… Photodiscount…non ricordo… un negozio; era il luogo dove si acquistava meglio elettronica, materiale fotografico di ogni genere, secondo tutti, chiunque lo sapeva. Erano ebrei ortodossi, parlavano in yiddish fra di loro, non cercavano di venderti ciàƒÂ² che tu non volevi; faceva impressione perchàƒÂ© era contro tutti gli stereotipi dell’ebreo; infatti oggi… ricordo quando l’ho cercato la ultima volta mi hanno detto: “It’s out of business”. Ebbene, arrivammo con questo mio amico anarchico, avevamo quindicimila dollari da spendere. Non erano una fortuna totale, ma non erano neanche noccioline. E una gentile signora bionda ci fermàƒÂ² fuori dal negozio e ci disse: “I’m sorry, we are closing” – “Mi dispiace, chiudiamo”. – Allora io che sapevo che erano ebrei ortodossi e che era venerdàƒÂ¬, le dissi: “Come on, the begin of Sabbath is at 17.30” – “il sabato inizia alle cinque e mezza”. E lei mi ha guardato con un sorriso un po’ triste e mi ha detto: “Are you Jewish?” – “Yes, I am” – “àƒË† ebreo?” – “Lo sono” – “Don’t you understand?” – “What should I understand?” – “Non capisce?” – “Cosa dovrei capire?” – “Really don’t you understand?”. “No, tell me” – “Mi dica” – E lei mi disse: “Vuoi che riceva il sabato cosàƒÂ¬, non vuoi farmi andare a fare una doccia a casa, non vuoi che mi metta un abito fresco e che con quiete accolga l’anima dello Sabbath?” Questo mio amico da allora non si è più ripreso. àƒË† una cosa che tira fuori continuamente; non si aspettava che degli ebrei avessero un comportamento del genere.
Le gente sa davvero poco di quasi ogni cosa; i pregiudizi sono forti – naturalmente non voglio difendere l’ortodossia ebraica; ci sono ebrei ortodossi pessimi, ma mai fare di tutta le erbe un fascio; c’è gente che puàƒÂ² dare grandi lezioni su come si dovrebbe campare, anche col danaro.

 

Sovvenzionare elargire, investire, capitalizzare, rapinare, estorcere – ‘Guadagnare’ ha ancora un senso in questo mondo del capitale? Il denaro è diventato un soggetto e non è più un mezzo. àƒË† d’accordo?

Questa è l’ultima forma di idolatria, la più pericolosa, e la più forte: è il vecchio Mammona, è un travestimento del dio danaro, del dio Mammona; si chiama… io l’ho chiamata “mercatolatria”. Sono gli ultimi, i mercatolatri, sono gli ultimi stalinisti che esistano al mondo. Mi dispiace per Milton Friedman, ma cosàƒÂ¬ come gli stalinisti dicevano che il partito ha sempre ragione, cosàƒÂ¬ i mercatolatri dicono che il mercato ha sempre ragione. Non c’è differenza tra i due: sono tutti e due perversi e criminali. Il mercato è una struttura economica, fino ad ora l’economia di libero scambio di mercato è andata… Il libero mercato non esiste, perchàƒÂ© l’economia è regolata nelle sue linee direttrici – faccio l’ottimista – da trentamila uomini, sono generoso. Ma dov’è questo libero mercato con le posizioni di monopolio che ci sono? In Italia il libero mercato non sanno neanche cos’è! Per gli industriali italiani il libero mercato, per la Confindustria italiana, è sempre stato: ‘quando mi va bene, Stato levati dai piedi; quando mi va male, Stato mettimi il pannolino, aiutami perchàƒÂ© se no non ce la faccio’. Siamo capaci tutti di fare libero mercato cosàƒÂ¬. Ma persino negli Stati Uniti, che è un Paese a forte impronta cosiddetta liberista, quando i giapponesi stavano divorando vivi gli americani, soprattutto il mercato dell’automobile, il presidente Clinton è andato làƒÂ¬: ‘adesso la smettete!’ – fu un dictat.
Questo non è libero mercato. Il libero mercato è cattivo, chi non ce la fa, fuori.
Ora io penso, io sono un dirigista, proprio dichiaratissimo, credo nella funzione del pubblico, funzione etica e funzione economica – è onesto che io dica da che parte sto. PeràƒÂ² i mercatolatri sono come gli stalinisti; il mercato non è dio, il mercato puàƒÂ² essere criticato, emendato, si possono trovare nuove forme ancora non previste, nessuno ti impedisce di cercare. Certo c’è una cosa: se per abbattere la logica del mercato dobbiamo avere lo stalinismo, beh, grazie, non ci interessa – ma questo è chiaro. Non è che per distruggere un cancro dobbiamo andare in metastasi. PeràƒÂ² la logica di mercato è un cancro, e lo si vede, i risultati si vedono.

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