I Campesinos contro l’Industria del Petrolio

Hanno costretto una multinazionale che voleva privatizzare l'acqua a sloggiare, cacciato un presidente ultra neo-liberale sulla via di Miami. Adesso sono arrivati ad un testa a testa con il più grande Golia della globalizzazione. La popolazione della Bolivia – fedele alla linea del fronte dell'anti-globalizzazione – sta cercando di strappare il controllo delle riserve di gas e di greggio del paese ai 'grandi ragazzi' ( 'big boys',(1)) del petrolio .
 
Ma, come afferma Oscar Olivera – una delle figure più rappresentative del movimento boliviano – la lotta non è tanto contro le multinazionali o i politici, quanto per il controllo pubblico delle decisioni che influiscono sulla vita di ogni giorno. “La gente può cambiare le cose”, dice Olivera. E una pressione pubblica apparentemente inarrestabile si sta costruendo attorno a questa semplice percezione.  [Articolo di Will Braun]


Questo impulso ha avuto un enorme sollecitazione nel 2000, quando i cittadini di Cochabamba, città natale di Olivera, hanno de-privatizzato il loro acquedotto, con il saluto di gioia del movimento anti-globalizzazione mondiale. Mentre le conseguenze della “lotta per l'acqua” del 2000 si attenuano per le strade di Cochabamba e nelle stanze dei consigli di amministrazione della Bechtel Corporation, la popolazione della Bolivia sta lentamente e decisamente modellando un paese nuovo e meno soggetto alle multinazionali.

Rozza politica

Olivera – un impiegato commerciale di una fabbrica di scarpe – dice che il petrolio e il gas sono vitali per il tipo di paese che la gente sta creando. “Vogliamo un paese diverso,” – afferma – “è per questo che abbiamo bisogno di una base economica”. Vede le riserve di petrolio e di gas della Bolivia – seconde nel continente soltanto al Venezuela – come l'ovvio fondamento economico.

Ma dove c'è petrolio ci sono gli eccessi della politica. Attualmente, il petrolio della Bolivia è controllato dalle potenze straniere e le rendite affluiscono fuori dal paese.

Per più di un secolo la Bolivia ha tentennato tra il controllo statale o privatizzato del suo petrolio. Nel 1996, il presidente Gonzalo Sà nchez de Lozada firmò un accordo di privatizzazione con varie compagnie petrolifere. Ora, dice Olivera, per ogni 100 dollari di petrolio estratto nel paese, 18 restano in Bolivia e 82 vanno alle compagnie.

Nel 2003 Sà¡nchez de Lozada – presumibilmente il secondo uomo più ricco del paese – annunciò che la Bolivia doveva vendere gas alla California. La popolazione, vedendo gran parte del loro patrimonio nazionale portato via, disse “no”. E lo disse vigorosamente. Il governo rispose con la forza. Alla fine più di 60 persone erano morte e centinaia ferite. Sà¡nchez de Lozada dovette dimettersi e riparò a Miami.

Sollecitato in larga misura da una persistente spinta pubblica, il governo boliviano sta ora dibattendo una bozza di legge sugli idrocarburi, che dovrebbe nazionalizzare la gestione delle risorse e assicurare maggiori benefici all'industria e all'intero paese. Il dibattito parlamentare sulla legge, con un'alta posta in gioco, continua (è iniziato il 3 novembre), come pure le proteste a favore della nazionalizzazione. L'attuale presidente è intrappolato tra i predominanti interessi petroliferi internazionali ed una popolazione che si è dimostrata capace di far cadere un presidente.

Per Olivera, la disputa su gas e petrolio è una questione di “vita o di morte” per la sua terra. Potrebbe essere un passo storico verso la realizzazione della visione della popolazione, o potrebbe condurre due forze potenti ad uno scontro diretto. Olivera afferma che teme la violenza, se il parlamento sfida la gente. I suoi occhi pieni di speranza rivelano una profonda angoscia.

Non è chiaro quando la Bolivia vedrà una versione definitiva della legge sugli idrocarburi.

Perchè la Bolivia?

Maude Barlow del “Consiglio dei Canadesi” ( “Council of Canadians”, associazione ambientalista) conosce bene Olivera e la sua terra. “La resistenza del popolo della Bolivia al piano neoliberale”, dice, “è stata una delle più importanti di tutte”.

Che cosa rende unica la Bolivia? Olivera dice che il modello dei guru del libero commercio è stato applicato integralmente e con particolare brutalità nel suo paese. Acqua e gas sono soltanto esempi di privatizzazione selvaggia e di una sfrenata ricerca della “liberalizzazione” economica. Alla gente era stato detto che questo era il solo modo di procedere: progresso e prosperità erano a portata di mano. A dispetto delle promesse, Olivera dice che le persone sentono la “violenza del neoliberalismo” nelle loro vite quotidiane.

La Bolivia è la nazione più povera del Sud America, la seconda con la maggiore disuguaglianza sociale al mondo. L'evidenza del fallimento del neoliberalismo per alleviare questa situazione è una realtà quotidiana.

Olivera enfatizza anche l'unicità dell'approccio della popolazione a questo fallimento. La gente si è raccolta attorno ad una visione positiva e partecipativa. Le persone sanno cosa vogliono. Parte di ciò che vogliono è basato sulle antiche tradizioni indigene riguardo la gestione e le decisioni per le risorse locali. Degli 8,6 milioni di abitanti della Bolivia, il 60% sono di popolazione indigena.

Barlow dice che la Bolivia è stata “particolarmente influente nel creare un clima progressista in America Latina”, dove il potere sta scivolando via dal campo neoliberale. Allo stesso modo, Olivera vede la Bolivia giocare un ruolo chiave in una svolta molto più estesa di quella di un solo paese.

“La gente”

Mentre ascolto Olivera una frase supera le altre – una frase al centro di quel mutamento: “la gente” (in spagnolo nel testo originale, NdT). Tradotta direttamente (nel testo originale, la traduzione è intesa verso l'inglese, NdT), significa semplicemente “il popolo”. Ma enfatizzato con una storia di lotta e la percezione di un futuro inevitabilmente migliore – come stanno le cose quando Olivera la dice – “la gente” porta un significato che va al di là della sua traduzione inglese. Sembra esserci la baldanza di Davide che si diffonde tra le persone, un semplice slancio che sta lentamente spostando il luogo del potere lontano dalla politica elettorale nazionale. Avere l'uomo giusto al potere è sempre meno importante, dal momento che il potere sempre più mente in qualche altro posto – un punto di vista rappresentato anche in “The Take” di Avi Lewis e Naomi Klein (2). Questa non è una riforma elettorale, ma un recupero della democrazia dal basso.

Olivera condensa le questioni della globalizzazione e della democrazia in una singola domanda: “Chi decide?”. Sempre più, in Bolivia, stanno decidendo le persone comuni – con i loro difetti, speranze e diversità di interessi.

“Le persone vogliono partecipare nella gestione di tutto quello che incide sulle loro vite quotidiane”, dice Olivera. Le persone vogliono costruire un nuovo modello. “E sembra che stiano facendo proprio questo.” Il popolo della Bolivia è in movimento. Lo slancio della “gente” sta facendo pendere la bilancia della storia della Bolivia dal lato delle persone comuni.

Acqua per la gente, vicino alla gente

Fu uno dei più drammatici momenti per la democrazia in quest'era di globalizzazione: la gente di Cochabamba, in Bolivia, cacciò fuori dalla città un'azienda multinazionale dell'acqua e fece pressioni sul governo che aveva permesso alla compagnia di intromettersi per modificare la sua legislazione sull'acqua. Nonostante la società sia andata via da molto tempo, lo scontro per l'acqua di Cochabamba è diventato parte di un capitolo più vasto nella storia della globalizzazione.

Oscar Olivera è portavoce del “Coordinamento per la Difesa dell'Acqua e della Vita” (Coordinadora de Defensa del Agua y de la Vida), l'organizzazione che conduce la lotta per la de-privatizzazione e per il controllo locale dell'acqua. Ha raccontato per me gli avvenimenti dello scontro e riflettuto sul suo significato.

Alla fine del 1999, i cittadini di Cochabamba, città natale di Olivera, scoprirono che il controllo del loro acquedotto era nelle mani di un consorzio multinazionale, capeggiato dal gigante dell'ingegneria americano Bechtel. Capirono che il governo boliviano aveva concesso al consorzio – sotto il nome di “Aguas del Tunari” – una concessione di 40 anni per gestire l'acquedotto di Cochabamba. Questa includeva il diritto su ogni fonte o potenziale fonte nella città , il diritto sulle future sorgenti d'acqua necessarie per approvvigionare la città e il diritto a pretendere che i potenziali consumatori si connettessero al suo impianto. L'accordo garantiva alla società il 16% di profitti all'anno, mentre gli abitanti della città – molti vicini al limite della sopravvivenza – subivano aumenti medi del costo dell'acqua del 51%.

Le prove evidenziano che la Banca Mondiale, con la sua forte inclinazione verso la privatizzazione e la sua disponibile influenza, fece pressioni sul governo boliviano per accordare la concessione. Il portavoce della Bechtel, Jeff Berger, sostiene che “l'idea che la Banca Mondiale ha forzato [la concessione] è fuorviante”, nonostante egli noti divergenti punti di vista riguardo al fatto che il clima politico del tempo, in Bolivia, possa aver compreso l'influenza della Banca Mondiale.

Un rapporto della primavera del 2002 dal Dipartimento per la Valutazione degli Interventi della Banca Mondiale afferma “il presidente della Bolivia ha deciso di privatizzare i servizi pubblici di acqua e fognature di La Paz e Cochabamba, una condizione della Banca [Mondiale] per l'estensione di due anni del prestito del 1997.” I giornali boliviani contenevano anche cronache che collegavano direttamente il finanziamento della Banca Mondiale e la privatizzazione dell'acqua negli anni '90. La Banca ha rivendicato che questa condotta non ha messo in ombra l'accordo 'Aguas del Tunari'.

La Banca Mondiale – tristemente nota per operare al di là dell'ambito della pubblica responsabilità – non ha risposto alle mie chiamate.

Una legge boliviana sull'acqua che concordava con la privatizzazione intensificò il conflitto, contribuendo a limitare l'accesso all'acqua che le persone avevano sempre usato. Come rileva Berger , la gente stava protestando per cosa fare tanto con la legge quanto con l'Aquas del Tunari.

Dopo una lotta drammatica e mortale di 5 mesi, l'Aquas del Tunari rinunciò, il governo boliviano cedette l'acquedotto della città ad un comitato pubblico, che include rappresentanti eletti dal popolo, e il governo approvò una nuova legge per l'acqua, che aiuta a mantenere le sorgenti d'acqua comuni nelle mani comuni, come espone Olivera.

Le conseguenze

Olivera afferma che la nuova commissione per l'acqua è impegnata nel lento e difficile compito di migliorare un sistema idrico in crisi, in una regione dove l'acqua è scarsa. I prezzi sono tornati ai loro precedenti livelli, ma sostiene che le sfide sono notevoli.

Nel frattempo, Bechtel e company sono impegnate in un balletto transnazionale, senza prevedibili effetti, nel tentativo di ottenere, con l'arbitrato della Banca Mondiale, una decisione che possa vedere la Bolivia rimborsarli per la cancellazione del contratto. In un libro di imminente pubblicazione, Jim Shultz, riguardo l'arbitrato, sostiene: “Bechtel si sta camuffando da società olandese, spostando la sua registrazione boliviana ad una casella postale di Amsterdam, nella speranza di essere coperta da un trattato bilaterale tra Olanda e Bolivia, che assegna alla Banca [Mondiale] il ruolo di arbitro delle loro controversie internazionali.” Shultz è il direttore del Centro per la Democrazia, che è stato di vitale importanza per far conoscere al mondo la storia di Cochabamba per come è accaduta.

La Bechtel è pronta a mettere in evidenza che il precedente impianto pubblico di Cochabamba era nel caos e la privatizzazione era stata programmata per mettervi ordine. Ma Olivera afferma che la questione non è pubblico contro privato, ma piuttosto la lotta per la gestione partecipativa e responsabile, in un paese dove l'acqua era soltanto l'ultima in una lunga serie di privatizzazioni difficili. Così, non è stata tanto una vittoria contro una multinazionale o un governo, quanto una vittoria per la de-privatizzazione e il controllo locale delle decisioni che vanno ad incidere sulla vita quotidiana.

Olivera sostiene che le persone hanno recuperato non soltanto la loro acqua, ma la “loro capacità di decidere” e la loro voce.

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