Il processo a Saddam e le amnesie statunitensi

SaddamQuello di giovedì [ 1 Luglio 2004 n.d.r.] a Baghdad è stato solo il prologo di un lungo processo contro il Raìs che chissà quando finirà – a quanto pare, infatti, la magistratura, quasi tutta straniera, non è ancora in possesso della documentazione necessaria per l”apertura del dibattimento – viene spontaneo chiedersi come mai, per l”ennesima volta, il diritto internazionale venga ignorato dal governo di Washington che, in questi mesi, ha fatto di tutto perché Saddam non fosse giudicato all”Aja dal Tribunale penale internazionale


Le immagini di Saddam Hussein, rilanciate con fin troppa enfasi dalle televisioni di tutto il mondo, hanno riaperto il dibattito sulla necessità di un sistema giudiziario internazionale. Se non va dimenticato che quello di giovedì a Baghdad è stato solo il prologo di un lungo processo contro il Raìs che chissà quando finirà – a quanto pare, infatti, la magistratura, quasi tutta straniera, non è ancora in possesso della documentazione necessaria per l”apertura del dibattimento – viene spontaneo chiedersi come mai, per l”ennesima volta, il diritto internazionale venga ignorato dal governo di Washington che, in questi mesi, ha fatto di tutto perché Saddam non fosse giudicato all”Aja dal Tribunale penale internazionale.
Sappiamo bene che gli Stati Uniti non hanno ratificato il trattato di Roma e che quindi se la giustizia fosse davvero “super partes”, forse anche il presidente George W. Bush e la sua amministrazione potrebbero essere chiamati in causa, almeno per rispondere a certe domande a dir poco imbarazzanti. Tutti sanno, ad esempio, che la Casa Bianca violò la legge internazionale, lo scorso anno, quando decise unilateralmente di attaccare l”Iraq, peraltro ingannando il mondo sulla presunta presenza delle fantomatiche armi di distruzione di massa. E dire che, ai suoi tempi, l”ex presidente Bill Clinton sudò le sette camicie per aver ingannato il suo Paese in merito al caso di Monica Lewinsky mentre oggi, curiosamente, il giovane Bush non pare debba sottostare al giudizio di alcuno per aver scatenato una folle spirale di violenza che ha destabilizzato l”intero scacchiere mediorientale inficiando i già precari equilibri del mondo arabo. Che cosa dire poi del legame, mai provato, tra l”ex-regime iracheno e i terroristi di Osama bin Laden? Per non parlare, andando indietro nella storia, dell”appoggio fornito dalla Casa Bianca a Saddam durante il decennale conflitto tra Iran e Iraq o del fatto che il vecchio Bush, papà dell”attuale presidente Usa, consentì al Raìs di usare gli elicotteri contro gli sciiti nel Sud del Paese, mentre invece gli impedì di fare altrettanto contro i curdi. Una cosa è certa: questo contro Saddam sarà un processo formalmente affidato agli iracheni, ma nella sostanza l”intero apparato giudiziario sarà americano, poliziotti ed inquirenti inclusi. Per carità , Saddam è giusto che debba essere condannato, come peraltro dovrebbe accadere a tutti i satrapi e violenti che infestano il nostro povero pianeta. Ma fare giustizia sul serio, dopo il crollo di una dittatura ultratrentennale, è cosa a dir poco ardua, visto e considerato che sono sempre in molti ad avere le mani sporche. E ora, come se non bastasse, il rischio è che l”intero processo contro il Raìs risponda alla logica manichea dei vincitori. Vincitori poi per modo di dire, se si considera che il più potente esercito del mondo, dopo oltre un anno di attività , non è ancora riuscito a domare il cartello delle resistenze irachene che seminano morte e distruzione ovunque e che solo ieri ha annunciato al mondo che i soldati polacchi avrebbero ritrovato presunte armi vietate, o forse solo le ogive in cui avrebbero potuto essere contenute. Forse sarebbe stato più opportuno tenere il satrapo in gattabuia, in attesa che le nuove autorità irachene riuscissero a dare prova di vera indipendenza.

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