Liberatevi del liberismo. Parola di Nobel

Joseph StiglitzIntervista a Joseph Stiglitz
Premio Nobel per l'Economia

L'economia degli anni '90 era un cocktail adulterato: tre quarti dimenzogne e un quarto di avidità , il tutto shakerato dalla leggendaria “mano invisibile”. Ma per quanto i vari barman (amministratori delegati, società di revisione, analisti finanziari, banche centrali) ne magnificassero il sapore, l'unico risultato vero é che i postumi della sbornia sono stati tra i più dolorosi che si ricordino dalla Grande epressione a oggi. “Anni ruggenti”, pur tuttavia, come riconosce il premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz nel suo “Roaring Nineties. Seeds of Destruction”, appena uscito negli Stati Uniti e in Inghilterra.


L'ex capo dei consulenti economici di Bill Clinton nonché della Banca mondiale, dopo aver scuoiato la mistica della globalizzazione (in La globalizzazione e i suoi oppositori), se la prende adesso con l'Economia Americana, intesa come categoria del pensiero, prodotto da esportazione, che si regge sull'idea antica e fasulla che l'interesse personale vada lasciato senza briglie e produca, per ciò stesso, i migliori risultati per la collettività . Insomma, che il gioco indisturbato delle private avidità alla fine generi un sistema economico florido.
Quella invisible hand che, da Adam Smith in giù, ha provocato tante illusioni e altrettanto tragici risvegli.

Professore, cosa é andato storto negli anni '90? Lei dice, già dal titolo del suo libro, che si potevano vedere i “semi della distruzione”…

“Tutti mentivano a tutti, per cominciare. I Ceo (chief executive officer, gli amministratori delegati, ndr) davano informazioni drogate sulle compagnie che gestivano, gli analisti facevano finta di crederci rivendendo quelle descrizioni entusiastiche agli investitori, le società di revisione certificavano queste manfrine e anche la Federal Reserve, pur denunciando per bocca dello stesso Alan Greenspan l'”esuberanza irrazionale” di quel periodo, non faceva niente per domarla. Aggiungete che  la politica fiscale, con la detassazione dei capital gain (i guadagni di Borsa, ndr), incoraggiava la spregiudicatezza e premiava i forti speculatori. Una miscela esplosiva, insomma”.

Lei se la prende molto anche con l'avidità che ha segnato quegli anni.

“Perché aveva raggiunto picchi mai visti, era andata completamente fuori controllo. I manager erano come impazziti; con il meccanismo delle stock option avevano moltiplicato all'inverosimile i loro stipendi, di fatto rubando valore agli azionisti. Negli anni '80 il rapporto tra la paga di un executive di vertice e un impiegato era di 40 a 1, oggi di 400 a 1. E se durante il boom questi dirigenti potevano difendersi dicendo “produciamo ricchezza”, quando la bolla é scoppiata nessuno ha ridotto i propri emolumenti, anzi. Ma l'ingordigia é stata anche degli investitori che volevano credere alle favole che tutti potessero diventare miliardari da un giorno all'altro, comprando un lotto fortunato di azioni.

Eccessi e bugie che hanno distrutto la fiducia nel mercato.

“A metà del decennio scorso, come a volte accade nella storia, si eranoaccumulati troppi capitall, troppi soldi da piazzare che hanno funzionato da incentivo alla disonestà per tutti i protagonisti. I conflitti di interessi degli analisti che, invece di ben consigliare i piccoli risparmiatori pensavano agli affari dei loro datori di lavoro, ne sono una riprova. Gli scandali Enron, Tyco e WorldCom confermano il malcostume in maniera eclatante. Adesso ci accorgiamo che le regole ci vogliono e vanno fatte rispettare in maniera stringente, e che il capitalismo selvaggio, iperindividualista, all'americana, può provocare disastri”.

L'attuale Amministrazione sa far rispettare queste regole?

“Quella cui stiamo assistendo é la peggiore politica economica da quando alla Casa bianca c'era Herbert Hoover, che ha condotto il paesealla crisi del '29. Nonostante le promesse contrarie di Bush, non ci sono mai stati cosi tanti disoccupati nella storia degli Stati uniti. Il deficit é, semplicemente, mostruoso. E il presidente che fa? Taglia le tasse ai ricchi, a chi ha finanziato e finanzierà la sua campagna elettorale”.

Gli americani cominciano a capire che molte menzogne sono state dette per giustificare l'intervento in Iraq. Ma sul fronte economico si fidano ancora del loro leader?

“C'é molta rabbia per come sono state gestite le cose sul versante internazionale. Molti, anche prima dell'intervento, avrebbero preferito un approccio multilaterale, ma quando le operazioni sono iniziate non hanno che avato la scelta di sostenere i nostri militari. Da quel fallimento possiamo ricavare ora una lezione più generale, ovvero che non possiamo governare il mondo da soli ma dobbiamo cercare la cooperazione degli altri paesi. Dai quali abbiamo molte cose da imparare, anche dal punto di vista economico”.

A che proposito?

“Una società sana é figlia di un buon equilibrio tra mercato e governo. Il socialismo pigiava troppo sul governo, noi troppo sul mercato. Invece ci sono dei principi cui non possiamo rinunciare come un certo grado di previdenza sociale, l'istruzione e la sanità per tutti, avere a cuore la condizione dei più poveri e lo stato dell'ambiente. Negli anni '90 nessuno sembrava curarsene granché, né Bush ha fatto progressi in questo senso, anzi it contratio. L'Europa, ad esempio – che pure sembra volerci imitare in alcuni aspetti preoccupanti, come le deregulation, che portano i blackout e l'erosione dei diritti dei la-voratori – ha molto da insegnarci quanto a stato sociale. La sfida è di recuperare equilibrio tra pubblico e privato e abbandonate per semprel 'idea che siamo gli unici titolari della verità , politica o economica che sia”.

Be the first to comment on "Liberatevi del liberismo. Parola di Nobel"

Leave a comment