A Cancun l’esame finale


Alla fine anche per la politica agricola comune [Pac] è arrivata la svolta copernicana. Ci sono voluti un anno di negoziati, diffusi scatti di malumori di tiramolla estenuanti e perfino di veti più o meno sottintesi da parte
della Francia di Jacques Chirac, ma poi non c’è stato niente da fare: anche l’Europa verde ha dovuto piegarsi a tre realtà concrete che non poteva più permettersi il lusso di ignorare. E cioé l’allargamento a Est con l’ingresso in famiglia di un grande produttore come la Polonia capace di destabilizzare
l’intero sistema; bilanci agricoli sotto il torchio di un rigore e di una disciplina crescenti ma di risorse inesorabilmente calanti, soprattutto in vista di un rifinanziamento dell’Unione che nel 2006 e oltre si annuncia tutt’altro che a maglie larghe; la liberalizzazione degli scambi agricoli
mondiali sotto le bandiere del Doha Round che in settembre, alla ministeriale di Cancun, avrà la sua prova del fuoco con la Pac al centro dello scontro tra i grandi produttori mondiali, americani in testa, da un lato e i Paesi in via di sviluppo perfino più rancorosi e rivendicativi dall
altro. Non è mai stato facile riformare l’Europa verde, un fortino difeso da lobby potentissime perché spesso elettoramente determinanti, anche se col
tempo il peso economico del settore nel Pil comunitario è andato via via diminuendo. Dalle quote di produzione alla disciplina di bilancio, alla messa a riposo delle terre, dalla filosofia intensiva a quella estensiva fino alla riscoperta della qualità , volente o nolente, per gradi e
faticosissamente da vent’anni la politica agricola aveva imboccato la strada di una lenta palingenesi, di una modernizzazione necessaria anche se molto
sofferta. Assolta più che brillantemente la sua missione originaria – portare l’Europa del dopoguerra dal deficit alimentare all’autosufficienza – la Pac aveva finito per trasformarsi nel grande moloch delle eccedenze
produttive iperboliche, tra sprechi e costi astronomici interni, con effetti devastanti all’esterno per le distorsioni causate al commercio e ai prezzi mondiali sul filo del meccanismo europeo dei prezzi garantiti [più alti] e
relativo fiume di sussidi alle esportazioni. Per la prima volta la riforma appena varata non solo prende il toro per le corna ma rompe davvero con lo spirito delle origini, celebrando il divorzio [in gergo il decoupling] tra
produzione e redditi, cioè sovvenzioni agli agricoltori, tagliando in breve quel cordone ombelicale che per il troppo successo ottenuto ha travolto la Pac in un grandioso disastro organizzato, sempre più finanziariamente
insostenibile e politicamente controproducente sulla scena internazionale. L Europa verde volta pagina. Naturalmente la controrivoluzione parte, come tutti i cambiamenti nell’Unione, con minor vigore e coerenza rispetto al
progetto del suo regista, il commissario Ue Franz Fischler. Ma l’avvio relativamente morbido e scaglionato nel tempo [2005-2007] insieme ai soliti correttivi dell’ultimo momento per annacquare al massimo la svolta, nulla
toglie al significato di una riforma che è storica. Basterà a tracciare un nuovo futuro all’Europa verde rendendola più moderna, efficiente, ecologica e concentrata sulla qualità invece che sulla quantità ? Riuscirà a tacitare i
suoi arcinemici in giro per il mondo? Non occorre essere dei grandi profeti per rispondere di no. Anche se in casa la metamorfosi è inarrestabile e questo è quello che importa. Fuori casa però scoprire le carte della nuova
riforma a ridosso dell’appuntamento di Cancun, se in teoria può essere un modo di stimolare altri, a cominciare dagli americani, a fare altrettanto, in pratica è più che probabile che serva ai concorrenti per vivisezionarla,
quella riforma, e arrivare alla prevedibile conclusione che non basta affatto. Anche perché l’accordo di Lussemburgo nulla prevede né concede in termini di maggiore accesso al mercato europeo e di taglio dei sussidi all
export, cioè non dà nulla sui due punti che sono carissimi ai grandi produttori mondiali non meno che ai Pvs. Il che fa presupporre che per la Pac la cura dimagrante non sia finita e che dalla Wto arriveranno altri assalti e nuove pretese. Nonostante la sua valenza positiva è improbabile
insomma che l’Europa verde a Lussemburgo sia riuscita in un colpo solo a comprarsi anche la pace a Cancun.

Articolo di ADRIANA CERRETELLI
Fonte: Il Sole 24 Ore
di Venerdì 27.06.2003

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