L’economia del sole e del vento


Wolfgang Sachs: l’economia del sole e del vento
Lo sviluppo sostenibile è una comunità che vive di pesca, cerca di non pescare troppo e fa partecipare a questa pesca limitata tutti i suoi membri’. Questo, in pratica, spiega Wolfgang Sachs, economista e direttore dell’Istituto Wuppertal per il clima. In teoria, le regole dello sviluppo sostenibile, locale o globale, sono due: ‘Non prendere dalla natura più di quello che può rigenerare e aumentare i diritti e la giustizia per le persone’. Facile a dirsi, difficile a farsi. Stando al consumo umano di risorse certificato dal Wwf, nel 2000 sforiamo le capacità della biosfera e degli altri esseri viventi per un buon 50%.
àˆ uno dei dati sulle ingiustizie ecologiche con cui Sachs apre il suo Jo’burg-Memo: un memorandum per il summit mondiale sullo sviluppo sostenibile redatto da 16 attivisti e intellettuali di diverse nazionalità e pubblicato in Italia dalla Emi. Obiettivo: proporre una serie di raccomandazioni per costruire un mondo più equo ed ecologico. Prima fra tutte: smetterla di dividerlo in due all’altezza dell’equatore. ‘Lo spartiacque oggi non è più fra Nord e Sud’.
Vita: Tra chi e chi, allora?
Wolfgang Sachs: Ricchi globalizzati e poveri localizzati. C’è un Nord globale come un Sud globale. E disoccupati, anziani e deboli del Nord che, come intere regioni del Sud, si trovano esclusi dall’economia globale. Alla prima categoria appartiene la classe consumeristica del mondo [il 20% della popolazione che usa l’80% delle risorse, ndr], e quindi anch’io. Faccio parte della classe media globale che, se vuole un mondo migliore, deve iniziare a ridurre la sua impronta ecologica.
Vita: Quanto vale quest’impronta, ha mai fatto il test?
Sachs: No, ma so qual è la mia colpa: i viaggi in aereo. Per il resto, non posseggo una macchina e ogni volta che posso mangio cibo organico. Per lasciare un’impronta ecologica non bisogna per forza essere avidi, basta essere inseriti in un sistema che divora tante risorse.
Vita: Come se ne esce?
Sachs: Mettendosi in testa che l’acqua pura, le foreste vergini e l’aria pulita devono essere trattati come beni liberi. A disposizione di tutti.
Vita: Una natura open source, insomma?
Sachs: Sì, proprio come il software Linux. La maggior parte dei poveri non possiede terra, ma trova un mezzo di sussistenza nella proprietà comune delle risorse. I tesori naturali devono essere considerati beni comuni che, come succede col software open source, tutti sono chiamati a migliorare e preservare le risorse seguendo delle regole.
Vita: Meglio liberalizzare che proteggere, dunque?
Sachs: Dove protezione fa rima con privatizzazione e statalizzazione, sì. Basta vedere che cosa sta succedendo con l’acqua: è un diritto di tutti che viene negato, a Johannesburg la lotta alla privatizzazione dell’acqua sarà un tema centrale.
Vita: Cos’altro infilerete nell’agenda del summit?
Sachs: Il salto nell’economia solare. Un’economia che si basa sulla biomassa e i raggi del sole. Con benefici per l’ambiente, ma anche per le persone: l’uso di energia eolica e fotovoltaica implica catene di approvvigionamento più corte, per le risorse e la tecnologia impiegata. Col risultato che il reddito, gli impieghi e il denaro circolerebbero di più nelle economie locali. Un salto che, paradossalmente, sarà più difficile per i Paesi ricchi che per quelli poveri, meno inchiodati al sistema fossilistico. In questo senso il sottosviluppo diventa un punto di forza: consente ai Paesi poveri di saltare una tappa.
Vita: Crede che i delegati capiranno il messaggio?
Sachs: Non ci sono le condizioni politiche. L’unica potenza mondiale si è ritirata dagli accordi internazionali ed è contraria alla proposta dell’Unione europea di arrivare, entro il 2015, al 15% della produzione di energia da fonti rinnovabili. A Johannesburg i politici dimostreranno la loro incapacità di rispondere a una diffusa richiesta di giustizia per l’uomo e la natura. Ma la loro non è una colpa individuale. Sono il risultato di un campo di forze, dell’opinione pubblica e della responsabilità dei cittadini consumatori.
Vita: Nel memorandum suggerisce di renderli più responsabili. Come?
Sachs: Le decisioni dei singoli consumatori sono determinate dai prezzi. Finché questi non incorporano i costi ecologici, diventa difficile far cambiare abitudini. I prezzi devono dire la verità ecologica. Oggi, per esempio, un chilo di patate prodotte nell’agricoltura chimica costa meno dell’equivalente ecologico. Ma se l’uso dei pesticidi e l’inquinamento delle acque si pagasse, il prezzo delle patate chimiche salirebbe e quelle ecologiche risulterebbero più convenienti.
Vita: E le imprese, che cosa possono fare per lo sviluppo sostenibile? L’ultima moda, lanciata col Global Compact delle Nazioni Unite, è di combattere Aids, inquinamento e povertà assieme alle multinazionali…
Sachs: I programmi come il Global Compact vanno nella giusta direzione, ma non mi convincono perché non controllano se le aziende aderiscono veramente ai principi etici che l’Onu propone. La politica non deve abbandonare l’obbligo di definire norme di condotta per le multinazionali. Ricordandosi che però esse rappresentano una pare piccolissima del commercio, e che bisogna lavorare anche sulle piccole e medie imprese.
Vita: La partnership tra profit e non profit non è l’unico compromesso invocato per raggiungere lo sviluppo sostenibile. C’è anche il controllo delle nascite. Pensa che sia un prezzo da pagare?
Sachs: Come dice Farida Akhter, un’economista del Bangladesh che ha collaborato al memorandum: ‘Voi vi rifiutate di pensare alla riduzione delle auto e noi dovremmo diminuire i nostri bambini?’ Il problema non sono i bambini poveri, ma i consumatori globalizzati.

Sul numero di Vita magazine in edicola il 10 agosto, otto pagine speciali di approfondimento sul vertice di Johannesburg. Ecco tutti i titoli. Da Rio a Johannesburg in dieci tappe. I 14 siti per seguire il Summit giorno per giorno. Prodi: Non possiamo fallire. Luigi Sartorio: La tirannia del liberismo. Apocalittici o integrati: l’aspro dibattito posizione per posizione. Forum Terzo settore: nasce un coordinamento Ambiente. La società civile a Johannesburg.

Approfondimenti online
disponibile sul sito sviluppo sostenibile.org il Dossier informativo: ‘Da Rio a Johannesburg: un bilancio critico degli indirizzi di sviluppo sostenibile’, realizzato da un gruppo di lavoro formato da esperti dell‚ISAT [Istituto per le Scelte Ambientali e Tecnologiche] e degli Amici della Terra.

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