MORTO L’ECONOMISTA DELLA TOBIN TAX, MA LA TASSA RIMANE NEL CASSETTO
Il Nobel per l’economia, James Tobin, è morto lunedì 11 Marzo 2002, all’età di 84 anni. La notizia è stata pubblicata sul sito Internet dell’Università di Yale dove ha insegnato dal 1950 al
1988 e dove era professore ‘emerito’. Il premio Nobel gli fu attribuito per ‘il suo creativo ed ampio lavoro nell’analisi dei mercati finanziari e il loro rapporto con le decisioni di spesa, l’occupazione, la produzione e i prezzi’. Ma a renderlo famoso nel mondo, più che il riconoscimento dell’Accademia svedese nel 1981, fu la tassa sui movimenti di capitale che porta il suo nome, la Tobin Tax appunto. La proposta, lanciata per la prima volta nel 1972, ha lo scopo di disincentivare le transazioni
finanziarie a breve termine, utilizzate quasi sempre per fini speculativi, attraverso l’applicazione di un’aliquota molto bassa, dell’ordine dello 0,05-0,1 per cento. Secondo Tobin, la tassa
serviva innanzitutto di promuovere l’efficacia delle politiche
macroeconomiche, riossigenando i mercati attraverso la riduzione delle speculazioni. Molte organizzazioni non governative e associazioni impegnate nella cooperazione internazionale ritengono che la tassa svolgerebbe una funzione deterrente per gli investitori con orizzonti temporali molto brevi, senza danneggiare gli operatori economici che pianificano
investimenti a lungo periodo. ‘Scoraggiare le transazioni di breve periodo – secondo la nota associazione di solidarietà Mani Tese – porta ad una maggior stabilità nei mercati finanziari e dei
cambi. Inoltre, l’introduzione di una tassazione sui movimenti di capitale, ha come effetto indotto una maggior trasparenza delle operazioni finanziarie, soprattutto di quelle speculative a breve termine, e questo è il motivo dello scarso seguito ottenuto
finora da tale proposta’. Ecco alcuni argomenti a favore della Tobin Tax segnalati da Attac [Associazione per una tassazione delle transazioni finanziarie per l’aiuto ai cittadini]: 1] avvantaggerebbe le banche centrali nella difesa contro gli
speculatori. 2] Darebbe ai governi un maggior controllo sulle proprie politiche monetarie.
3] Genererebbe un reddito o quattro volte più grande di quello richiesto per eliminare le peggiori forme di povertà nel mondo. 4] Sosterrebbe l’ONU e le sue varie agenzie. 5] Permetterebbe di tassare una categoria che attualmente non è soggetta ad alcun prelievo fiscale. 6] Rappresenterebbe una ‘tassa giusta’, che produce benefici effetti sociali, come sono oggi le tasse sul tabacco o sul gioco d’azzardo. 7] Genererebbe un reddito per
sostenere una particolare forma di bene pubblico, e cioè un sistema finanziario più equo ed efficiente.
8] Sarebbe una tassa progressiva e quindi non impopolare come le imposte al consumo. 9] Sarebbe una tassa piuttosto popolare rispetto ad altre imposte. 10] Incoraggerebbe
investimenti a lungo termine nella produzione di beni e servizi. 11] Costringerebbe gli investitori a prestare più attenzione allo sviluppo a lungo termine. 12] Sarebbe un’ opportunità per dimostrare che esistono anche forme di globalizzazione in
grado di fare il pubblico interesse, invece di servire, come avviene di solito, gli interessi privati di pochi. Ma soprattutto la Tobin Tax sarebbe un esempio di ‘buona tassa’, in
grado di creare una certa sicurezza sociale per i settori più svantaggiati della popolazione e di generare risorse per finanziare uno sviluppo sostenibile ed equo, in grado di
migliorare la qualità della vita delle persone.
Vi sono però anche delle critiche mosse nei confronti dei fautori della Tobin Tax. Secondo Simona Beretta, direttrice dell’Istituto di Economia internazionale della Cattolica di Milano, ‘è una tassa che potrebbe avere un gettito significativo. Il punto è
capire da quali tasche preleverebbe. I soldi di una tassa normalmente vengono pagati da chi non la può eludere. Quindi sappiamo che la Tobin Tax la pagheranno le persone oneste. Quando si mette una tassa, si incide sulla parte più debole del mercato, e questo vale per qualunque tassazione: che si tratti del pane, del passaggio di un confine o di una transazione
finanziaria, i risultati sono questi’. Secondo la signora Beretta,
intervistata dalla rivista Mondo e Missione [marzo 2002], la Tobin non servirebbe a frenare la speculazione ‘perché gli ordini di grandezza implicati in un attacco speculativo in termini di guadagni attesi sono tali che richiederebbero una tassa enorme per scoraggiarli.
Invece nella mente dei suoi proponenti la Tobin Tax è una piccola percentuale, che quindi frena la speculazione ‘buona’, quella giornaliera, basata sul secondo o terzo decimale, ma
assolutamente non ha modo di contrastare la speculazione destabilizzante […] Ma in ogni caso non è uno strumento che riequilibra il potere: è una tassa, e quindi chi ha potere di
mercato è in grado di farla pagare agli altri. Quando bisogna fissare un prezzo di mercato e c’è una tassa, chi ha più potere di mercato riesce a far pagare la tassa ad altri’. Di parere diverso è Francesco Gesualdi, del Centro nuovo modello di sviluppo, intervistato sempre da Mondo e Missione. ‘Si dice che il flusso dei capitali è troppo veloce e complesso da gestire – commenta – ma non mi risulta si sia mai fatto uno
studio di fattibilità in merito. In realtà , manca la volontà politica di affrontare la questione del riciclaggio del denaro sporco. Salvo poi accorgersi che, com’è successo all’indomani dell’11 settembre, in nome dell’interesse nazionale e in presenza di un
nemico come il terrorismo internazionale, tutto ciò è tecnicamente possibile. Ed ecco che di colpo spuntano conti sospetti, paradisi fiscali e via dicendo. Perché prima ‘non
si poteva fare’ ? L’orizzonte politico rimane, insomma, decisivo. Pensare globalmente e agire localmente.
à ˆ tempo di studiare, a livello internazionale, gli obiettivi che le singole nazioni devono perseguire in rapporto alle risorse pro capite esistenti e ai livelli di benessere raggiunti’.
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