Così quel ragazzo finlandese fa tremare lo strapotere


Così quel ragazzo finlandese fa tremare lo strapotere di Seattle

di Carlotta Jesi (c.jesi@vita.it)
22/02/2001

A differenza di Windows, il pinguino di Linux non ha dispositivi segreti. Chiunque può entrare, migliorarlo, adattarlo alle proprie esigenze. Per di più é a disposizione gratuitamente sulla Rete.

Linus Torvalds

Se in gioco non ci fosse il dominio sul mondo dei computer, l’ultima offensiva lanciata da Microsoft a Linux sembrerebbe un’altra puntata del cartoon Willie il coyote. Con un goffo Bill Gates nei panni del coyote pasticcione che il 31 gennaio, al Linux World Conference &Expo di New York, annuncia la fine del free software mentre il fondatore di Linux, Linus Torvalds, per nulla spaventato si gode l’Expo partecipando alla tradizionale gara fra nerd per vincere la Coppa del Pinguino d’Oro. Bip bip…bip bip. Bill allora ci riprova: a distanza di una settimana bombarda i telespettatori americani e tedeschi con una pubblicità in cui il pinguino simbolo di Linux si trasforma in un alce, orso e poi in altri animali. Come dire: dietro al prodotto Linux non c’é l’identità di una azienda, stavolta Torvalds non ha scampo…
E invece no, bip bip, per tutta risposta il fondatore di Linux annuncia la prossima uscita in America di Revolution O.S. Il film del regista J.T.S Moore interamente dedicato alla cultura e storia del software libero con riferimenti molto poco velati e poco lusinghieri alla Microsoft. Come dire: dietro al prodotto Linux forse non ci sarà un’azienda, ma di certo c’é una cultura con i suoi valori, i suoi miti e i suoi eroi. Un mondo, insomma, che le multinazionali non comprendono. Per questo alle grandi case discografiche non é bastato imbavagliare Napster per fermare la diffusione della musica gratuita su Internet. Per questo la Microsoft, col suo esercito di avvocati e amici che contano ad Hollywood, non si é neppure accorta che un regista finanziato solo dalla sua carta di credito stava realizzando un filmino in Cinemascope sui volontari-attivisti del software libero che in tutto il mondo organizzano marce di proteste contro l’aumento dei prezzi di computer venduti con l’ultima versione di Windows. Per questo, infine, i rumor sul fallimento di Linux lanciati in tutto il cyberspazio hanno fatto scendere il valore delle sue azioni ma non certo la fiducia nel sistema operativo più evoluto del momento.
«E perché mai dovremmo abbatterci?», spiega Carlo Gubitosa di Peacelink, una delle prime non profit italiane ad aver costruito il suo sito Internet su piattaforma Linux. «Il free software e lo sviluppo dell’open source sono inattaccabili. Cosa volete che interessi a un programmatore che lavora su Linux per il puro piacere di migliorarlo se le sue azioni cadono? Niente». Su uno strumento nato per essere gratuito, copiato all’infinito e migliorato da chiunque in qualunque momento, le leggi di business non hanno alcun potere. Ecco perché Bill Gates teme tanto un concorrente che, a fronte degli oltre 100 milioni di utenti Windows nel mondo, conta appena 12 milioni di fan.
Che a sostenerlo sia un ente non profit, animato dagli stessi principi di libero accesso alle informazioni e alle tecnologie, non stupisce. Ma quando a dichiarare l’invincibilità di Linux ci si mettono anche colossi come la Nasa, la Boeing, Ibm e molte grandi aziende hi-tech il dubbio sorge spontaneo: possibile che un prodotto al 100% non profit, nato dal lavoro volontario di programmatori e studenti, abbia messo in crisi il mercato? Possibile che offrire gratis un sistema operativo, invece che assicurarlo con un bel copyright, sia diventato un affare? «Sì», risponde senza indugio Gianpaolo Amadori, responsabile delle attività di vendita e marketing di Linux per Ibm South Region, «noi, per esempio, puntiamo su Linux come nuova piattaforma per l’e-commerce. E abbiamo creato un’apposita unità per lanciare questo sistema operativo in tutto il mondo: é il mercato a chiedere di lavorare su una piattaforma migliorabile e molto più economica delle altre. Il free software é davvero una svolta storica e culturale». Già , perché oltre ad essere attirato dai bassi costi e dalle alte performance di Linux, (per inviare e ricevere posta su questa piattaforma bastano 800 Kb contro gli 8Mb necessari a ottenere le stesse prestazioni su WinTn) il mercato del business apprezza sempre di più anche la filosofia non profit che l’ha creato. «Adottare Linux», aggiunge Amadori, «significa adottare un nuovo approccio di business: imparare a lavorare insieme agli altri soggetti, privati, aziende o università , che sviluppano il sistema operativo».
Soggetti che oggi appartengono al mondo dell’industria, della società civile, della scuola e anche dei governi. Secondo gli ultimi dati diffusi al Linux Expo di New York, oltre al 30% delle grandi aziende americane e al 21% di quelle di medie dimensioni, Linux fa funzionare oggi anche numerose scuole pubbliche francesi, 350 solo nel distretto di Grenoble, più di 1350 computer italiani i cui utenti si troveranno il prossimo 6 e 7 giugno a Milano per il primo Linux Expo italiano (www.linuxepomilan.com) e numerose non profit del Sud del mondo. Convinte che il libero accesso e utilizzo della tecnologia sia l’unico modo per sconfiggere davvero il digital divide.
«Al World Social Forum di Porto Alegre su questo punto la società civile dei Paesi in via di sviluppo é stata chiarissima: Linux é gratis e per di più funziona anche su vecchi computer come i 486. Ossia hardware che in Occidente é considerato da buttare e che, invece, potrebbe dare un futuro ai Paesi in via di sviluppo», racconta Jason Nardi, direttore del giornale multimediale unimondo.org interamente costruito su piattaforma Linux. «In alcune parti del Sud la rivoluzione di Linux é già iniziata», aggiunge Nardi, «In India, per esempio, dove oggi nascono alcuni dei migliori esperti di tecnologie del mondo, adottare il sistema operativo Linux é diventato il simbolo della lotta al monopolio di Microsoft e delle regole di mercato imposte dall’Occidente». Come dire: alla filantropia di Bill Gates, che in India oltre ai computer per combattere il digital divide porta anche il suo sistema operativo, preferiamo il volontariato disinteressato dei programmatori di Linux. Per fermarli, la Microsoft potrebbe provare ad assumerli tutti… ma anche in questo caso la trappola di Bill “il coyoteâ€� Gates non potrebbe funzionare.
A sostenere programmatori e progetti per lo sviluppo di Linux da quest’anno ci pensa la Linux Credit Card, la carta di credito Master Card lanciata dall’associazione Linux Fund che destina una percentuale di ogni transazione a chi lavora gratis per sviluppare il free software. Bip bip….

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