Giubileo dei militari – Avvenire


Lettera aperta al Direttore di “Avvenire”

Perugia, 28/11/2000

Caro Direttore,
ho raccolto in questi giorni il disagio e la perplessità di chi credente oal di fuori della Chiesa non capisce la scelta di celebrare un Giubileo peri militari, che viene interpretato come una benedizione delle armi e unagiustificazione della guerra. Ammettendo il mio personale disagio, prima discrivere ho letto un’intervista a mons. Manni e gli articoli su Avvenire el’Osservatore Romano.
Ho ritrovato – purtroppo – molta vecchia retorica militarista rivestita afesta, un’insostenibile paragone tra il soldato e il Redentore, e un passodel messaggio della Giornata mondiale della Pace del 2000.
l’ingerenza umanitaria, ricordata dal Papa, é un tema che tocca tutti coloroche operano per la pace, non solo i militari, poiché nasce dal non essereindifferenti alle violenze commesse; significa “I care”, mi importa,significa denunciare gli sperperi degli armamenti, le catene dellosfruttamento economico, la soppressione dei fondamentali diritti dell’uomo, l’indifferenza complice di chi sta a guardare. Ingerenzaumanitaria non é e non deve essere il nuovo nome della guerra, una formulache cancella tutte le colpe del passato e le nuove violenze.

“Si fa la guerra affermando di avere in cuore la pace. In nome del propriosogno si contrasta quello dell’altro e non gli si fa posto. Il conflitto écontrabbandato come il prezzo inevitabile da pagare per la quiete el’ordine, spesso identificati con la vittoria e la tranquillità del piùforte” (Commissione Ecclesiale Giustizia e Pace, Educare alla Pace, 1998)Se il Giubileo é ammissione di colpa, richiesta di perdono, riconciliazione,non ne ho trovato traccia in ciò che é stato celebrato a Roma.

Nessuna ammissione di colpa per chi commercia le armi, chi le compra e neincentiva la produzione: per le nostre forze armate, che, come annunciatocon orgoglio, sono fra i Paesi che hanno ampliato e rimodernato i propriarsenali, e vendono armi a Paesi che violano i diritti umani o che muoionodi fame. Silenzio sugli arsenali atomici, chimici, batteriologici, dei qualinon saprei giustificarne l’esistenza con nessuna concezione di “ingerenzaumanitaria”. Non si é parlato dei milioni di civili massacrati daglieserciti, nelle guerre ma anche sotto le dittature militari; stupri,torture, “pulizia etnica” -commessi per eseguire diligentemente gli ordini;e dei bambini soldato, addestrati da militari per combattere fino allamorte. Non si é parlato delle assoluzioni e benedizioni che sacerdoti diogni nazionalità hanno dato ai soldati prima di entrare in combattimento,invocando lo stesso Dio per la propria vittoria dai lati opposti del fronte;e si tace dei cappellani militari che hanno giustificato la tortura, come adesempio verso i poveri desparecidos. Non é stato detto perché l’ingerenzaumanitaria non vale per il Tibet, la Cecenia o gli Indiani d’America, oppureper la Palestina, dove i carri armati sparano sui civili. Si é parlatodell’onore ma si tace dei tanti morti nelle caserme, con colpevoli maiprocessati e condannati; su Ustica, il Cermis, Casalecchio di Reno…

In definitiva, se non si ammettono queste tragiche colpe, se non si chiedeperdono per questo, se chi ha bombardato, stuprato, torturato non siriconcilia con le sue vittime, quale Giubileo potrà essere celebrato?
I vescovi tedeschi parlano di extrema ratio della forza: ma in realtà ancoraoggi – anche nel nostro esercito che si vorrebbe professionale -l’addestramento si basa sull’idea del nemico, dell’obbedienza assoluta,della massima efficienza e del minimo rischio (per i belligeranti, non per icivili): dove sono la cultura della nonviolenza, dei diritti umani, delrispetto della coscienza?
Come non credo che si spenga il fuoco con altro fuoco (se non incenerendoogni cosa), continuo a non credere che gli eserciti possano costruire lapace, perché sono addestrati a uccidere e a farsi reciprocamente la guerra:e perché – da quando esistono – gli eserciti non sono ancora riusciti acostruire la pace. Dopo tanti fallimenti non sarebbefinalmente ammettere che é ora di cambiare?Conosco militari, di leva o di carriera, ottime persone, anche sinceramentepreoccupate per le guerre in corso e le violazioni dei diritti umani, prontea sacrificarsi. A loro – che oggi sono minoranza – il compito di rifiutaregli ordini disumani, rigettare la logica del crescente riarmo, cambiare glieserciti, mostrarne l’inutilità in un mondo che si sta facendo uno eindivisibile. A tutti gli operatori di pace il compito di aiutarli,costruendo la pace quotidiana e rinsaldando legami spezzati dall’odio edalle armi. Alla Chiesa la scelta di un segno profetico – volto a credenti enon credenti – una rinuncia all’alleanza con Cesare e l’Impero, perché lespade e i fucili siano trasformate in falci e vomeri, e sia finalmenteGiubileo di tutti.

Gabriele De Veris
Perugia

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