Blu e rosso contro il cancro

Cibi colorati, cibi anticancro. Detto così, sembra una battuta. Ma le nuove scoperte che si annunciano dalla Ohio State University e che sono state presentate al congresso dell’American Chemical Society, a Boston, espandono gli orizzonti dei ricercatori che stanno esplorando i superpoteri nascosti di tanti tra i tantissimi alimenti di cui abbiamo imparato a ingozzarci in milioni di anni di evoluzione.


Stavolta l’attenzione è stata colpita dal look di alcuni frutti e di alcune verdure – i colori rossi, viola e blu – e poi ha zoomato fino all’invisibile microcosmo delle molecole. E dopo questa vertiginosa discesa dalle sferette del mirtillo al suo pigmento – tanto per fare un esempio – il verdetto di laboratorio è stato sorprendente: i pigmenti naturali che accendono e infiammano melanzane, cavoli rossi, ravanelli, carote nere, mais rosso, sorbo e, appunto mirtilli, sono potenti agenti anticancro. Significa che riescono a rallentare la crescita delle cellule tumorali e in alcuni casi sono anche in grado di disgregarne il nucleo, portandole rapidamente alla morte, senza intaccare le «colleghe» sane.

I dati raccolti dai test sono significativi. Combinando le ricerche su campioni di tessuti umani ammalati con le altre su topini costretti a differenti tipi di diete, si è osservato che un mix di mais rosso e ribes mette «ko» il 20% delle cellule cancerogene, mentre con «piatti» di ravanelli e carote nere la percentuale sale tra il 50 e l’80%. Il merito – ha spiegato Mónica Giusti, professoressa di «Food science» di origine peruviana – è proprio dell’azione dei pigmenti, che appartengono a una particolare classe di antiossidanti, le antocianine.

La loro caratteristica più evidente è di essere difficilmente assorbibili dall’organismo. Invece di disperdersi nel flusso sanguigno, viaggiano pressoché indisturbate dallo stomaco all’intestino, dove, finalmente, agiscono.

Devono infatti alla relativa invulnerabilità la capacità di aggredire le cellule tumorali del colon. E sono queste le caratteristiche ancora da indagare negli aspetti più reconditi. Di certo sono state confermate dalle alterazioni che, via via, il team di Mònica Giusti ha provato: se si variano le strutture dei pigmenti, con micro iniezioni di zuccheri oppure di acidi, muta anche l’attività biologica delle antocianine.

LA STAMPA – 23 Agosto 2007

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