di Dave Zirin – 16 aprile 2013
“Se stai perdendo la fiducia nella natura umana, esci ad assistere a una maratona.” – Kathrine Switzer
I morti. I feriti. L’angoscia. La conseguenza delle bombe che sono state collocate per esplodere sulla linea del traguardo appena dopo quattro ore dalla partenza della Maratona di Boston. In questo momento quelli razionali tra noi suggeriscono prudenza. Noi suggeriremo equilibrio. Suggeriremo di donare il sangue. Ci sarà tempo per il lutto. Piangeremo i morti e i feriti. Io piango anche la Maratona di Boston e il modo in cui è stata brutalmente sfigurata.
La Maratona di Boston è importante in un modo cui nessun altro evento sportivo è pari. E’ cominciata nel 1897, ispirata dalla prima maratona moderna che ebbe luogo alle Olimpiadi inaugurali del 1896. Attirò 500.000 spettatori e più di 20.000 partecipanti di novantasei paesi. Ogni anno, nel grande giorno, i Red Sox giocano una partita che inizia alla folle ora delle 11.05 di mattina, in modo che chi lascia la partita possa riempire Kenmore Square e festeggiare i finalisti. Non si tratta di celebrare delle star ma della capacità di mettere alla prova il proprio corpo in una corsa di 26,2 miglia [42,16 chilometri – n.d.t.] che copre otto diverse cittadine del Massachusetts e la famigerata “Collina dell’Infarto” a Newton. E’ tanto primavera del New England quanto lo è il cambio delle foglie in autunno. E’ un evento aperto e comunitario e del tutto unico. E oggi è stato cambiato per sempre. Ho parlato con il mio amico Jim Bullington che ha corso quattro maratone di Boston. Mi ha detto:
“Per me e per ogni serio maratoneta la Maratona di Bosto sarà sempre il Santo Graal dei marciatori. I marciatori si allenano in continuazione per questa gara. Se ti qualifichi per la maratona hai l’onore di correre lungo tutte le magnifiche cittadini circostanti, arrivi a perdere temporaneamente l’udito mentre passi attraverso quelle che sembrano quelle che sembrano migliaia di grida assordanti di donne a Wellesley, sali la Collina dell’Infarto, passi accanto a tutte le feste dei college, supero il cartello della CITGO e alla fine arrivi al tratto finale, scatti in mezzo a migliaia di persone che fanno il tifo verso la linea del traguardo. Niente è uguale a questo. Niente. Non te lo puoi immaginare. Quella che è l’occasione più gioiosa è stata trasformata in una tragedia di proporzioni epiche.”
Come una cicatrice sul volto, le bombe saranno ora parte della Maratona di Boston, ma, proprio come nel caso di una cicatrice, dobbiamo ricordare che sono solo una parte. Se questo attentato sarà sempre parte della Maratona di Boston, lo stesso vale per Kathrine Switzer. Voglio raccontare la storia di Kathrine Switzer perché serve a ricordare la Maratona di Boston come qualcosa di più della scena di una tragedia nazionale.
Fino a tutto il 1996 alle donne non era consentito di correre l’estenuante gara di 26 miglia, Ma nel 1967 una donna di nome Kathrine Switzer si registrò come K.V.Switzer e, indossando una tuta larga, intraprese la corsa. A cinque miglia dalla parte uno dei direttori della maratona balzò da un camion e trascinò a forza la Switzer via dalla corsa urlando: “Fuori subito dalla mia corsa!” Ma gli uomini che correvano insieme con lei lo respinsero. Per loro Kathrine Switzer aveva tutto il diritto di essere lì. Per loro la Maratona di Boston non aveva niente a che fare con l’esclusione o col dimostrare la supremazia maschile; spingendo i ragazzi contro le ragazze. Riguardava delle persone che facevano una corsa. In qualche modo Kathrine Swiftzer riuscì a mantenere il passo mentre intorno a lei si aveva luogo quella confusione. Come disse: “Potevo sentire la mia rabbia dissiparsi con il passare delle miglia; non puoi correre e restare arrabbiato!”
Quando le fotografie della maratona fecero il giro del globo, il mondo vide due aspetti opposti della mascolinità: la violenza e la paranoia del direttore della maratona contro la forza e la solidarietà degli altri marciatori maschi. Al centro di tutto la risoluta concentrazione di Kathrine Switzer. In quel momento lo sport superò la divisione di genere e offrì al mondo uno sguardo su ciò che era possibile. Oggi Kathrine Switzer dice: “Quando vado oggi alla Maratona di Boston, mi ritrovo con le spalle bagnate: donne mi cadono fra le braccia piangendo. Piangono di gioia perché correre ha cambiato le loro vite. Sentono di poter fare qualsiasi cosa.”
Nel 1967 la Maratona di Boston regalò a tutti noi uno sguardo sul possibile. Oggi non vediamo il mondo cui aspiriamo ma quello che realmente abitiamo. Invece del trionfo della persona in mezzo alla massa potente e all’ispirazione del collettivo, abbiamo una tragedia, caos, panico e paura. Come una cicatrice, oggi ci segna: la perdita della sicurezza in mezzo alla massa. Ma come una cicatrice dobbiamo portarla con orgoglio. Correremo l’anno prossimo perché l’alternativa è troppo orribile da contemplare.
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: [www.zcommunications.org]
Originale: The Nation
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2013 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0
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