Economia della felicita’: il dibattito internazionale si allarga

Cos’e’ l’economia della felicita’? Qualcosa di diverso dalla scienza economica che viene insegnata oggi nelle universita’. Qualcosa molto distante dall’economia e dalla crescita che sta in cima alle agende politiche delle nazioni ‘sviluppate’ di tutto il mondo . Ambientalista e attivista, Premio Nobel Alternativo dal 1986, tradotta in piu’ di 42 lingue, Helena Norberg Hodge ha avuto il merito di coniare questa bella espressione con cui ha intitolato il suo film ( L’economia della Felicita’, Usa- Uk, 2011, distribuito in Italia da Satya.doc) . Dal 2012, insieme ad attivisti di movimenti ecologici, a favore della localizzazione e della decrescita ha organizzato una serie di convegni internazionali a Berkeley in California, a Byron Bay in Australia e questa primavera a Bangalore in India . Ad ottobre 2014 il dibattito si spostera’ nello stato dell’Oregon negli States e nell’estate del 2015 nel piccolo Tibet indiano.

 

Cos’e’ la globalizzazione?

La questione di fondo che viene sollevata in tutti questi raduni e’: cos’e’ la globalizzazione? Quali sono i suoi effetti sul delicato sistema ecologico? Quali sono suoi effetti sulle diverse conoscenze tradizionali costruite in millenni di interazione tra uomo e natura? E vero che la Globalizzazione e’ un modello di vita verso cui tendono le varie popolazioni – i cinesi, gli indiani, i brasiliani – come punto d’arrivo della loro Evoluzione? Gia’ nel film, Helena rispondeva molto chiaramente di no ed elencava otto ‘Scomode Verita” riguardo al mito della Globalizzazione. Oltre la scomoda verita’ del surriscaldamento globale resa nota da Al Gore, Helena metteva a nudo che la globalizzazione 1. Ci rende infelici; 2. Alimenta insicurezza; 3. Distrugge le risorse naturali; 4. Accellera i cambiamenti climatici; 5. Mette a repentaglio il sostentamento ; 6 aumenta i conflitti; 7. Mette il mondo nelle mani delle multinazionali e infine, forse ancor piu’ rilevante, che la globalizzazione e’ basata su una giustificazione falsa.

Come Serge Latouche, anche Norberg Hodge o Charles Eisestein mettono a nudo, infatti, il ruolo della Colonizzazione dell’Immaginario, della Occidentalizzazione del Mondo e della Narrazione del Progresso con cui gli europei hanno giustificato la loro espansione nel globo. Prima attraverso oltre due secoli di colonialismo e oggi attraverso tutta una serie di trattati che hanno tolto qualsiasi protezione locale al commercio e all’economia sia reale che finanziaria .

Come sosteneva al convegno l’antropologo inglese Felix Patel, che risiede da molti anni in India: ‘Non c’e’ fondamentalismo maggiore dell’Economia’. L’imposizione del valore economico e mercificato su ogni altro valore e’ il tratto essenziale del nostro tempo , ma non e’ certo il piu’ veritiero. Di fatto, il primato dell’economia e’ il semplice risultato di una visione che vede la realta’ in termini esclusivamente materiali e quantitativi. Vivendo in Asia, in Africa o in Sud America, – culture ancora vibranti di altri valori e altre concezioni della realta’ – e’ piu’ facile rendersi conto del carattere imposto ed artificiale della modernita’ , dell’omologazione forzata di certi stili di vita che si estende attraverso le pubblicita’ miliardarie delle grandi multinazionali: Nike, Coca Cola, Monsanto, Nestle’.

 

Un modello artificiale che nega la vera affettivita’

 

Norberg Hodge da un importante contributo chiarendo che l’arteficio di questi modelli moderni riesce ad imporsi soprattutto sulle nuove generazioni perche’ sostituisce il reale bisogno di affettivita’ e di relazione ( il sentirsi amato e accettato dal proprio gruppo) con falsi status symbol – jeans, scarpe, vestiti, stili di vita – che identificano le ‘nuove comunita’ ‘moderne. Anche questo e’ piu’ facilmente visibile in Asia, perche’ come afferma un docente indiano di storia vissuto per 20 anni in America, sono piu’ di 500 anni che in Occidente si sta uccidendo il senso di comunita’, mentre in India lo si sta facendo solo da pochi anni.

Non e’ un caso, d’altronde, che i leader indiscusso di tutti questi movimenti sia spirituali che politici – l’autore che e’ stato citato quasi ad ogni intervento – sia stato il Mahatma Gandhi con la sua visione dell’autocontrollo personale ed insieme dell’autonomia dei villaggi per mezzo dell’autoproduzione. Al secondo posto tra i pensatori di riferimento, il suo seguace: l’economista tedesco F. Schumacher che visse in Birmania e si ispiro’ all’economia buddista per sostenere che ‘Piccolo e’ bello’.

 

La storia dei 5 ciechi e l’elefante

120 organizzazioni indiane che si battono su questi temi a vari livelli – educazione, agricoltura, editoria e comunita’ di villaggio – oltre a 15 speaker internazionali, hanno partecipato a 4 giorni di seminari e dibattiti che si sono conclusi nella Conferenza pubblica a Bangalore davanti ad un a platea di 1200 perone. La direttrice della rivista Bhoomi , Seetha Ananthasivan , ha aperto i lavori raccontando la famosa storia indiana dei 5 ciechi posti davanti a un elefante. Quello che era davanti alla proboscide, la toccava e diceva che era il ramo di un albero. Per l’altro che toccava le zanne diceva che si trattava di un aratro. Per un altro che toccava le zampe si trattava delle colonne di un tempio. Chi aveva toccato la coda diceva che era la fune di una barca e colui che aveva messo la mano sull’orecchio, aveva detto che si trattava di un ventaglio. Questa metafora e’ stata ripresa piu’ volte da vari relatori per dipingere la condizione in cui ci troviamo oggi in cui non riusciamo a vedere il sistema nella sua totalita’ e scambiamo l’enorme fenomeno della globalizzazione con piccoli aspetti. ‘Se continuamo a vedere le cose frammentate – ha avvertito Norberg Hodge – verremo schiacciati e moriremo. Al contrario siamo un movimento grandissimo e l’interesse mondiale per il ritorno al cibo locale e’ la cosa piu’ importante che accade oggi’. In Europa , ‘l’elefante’ ci ha schiacciato da cosi tanti i secoli che non riusciamo piu’ a capire l’insieme’ .

 

Coltivare l’avidita’ e la violenza

Introdotto come il leader spirituale piu’ importante e chiaro nel panorama mondiale, Samdhong Rinpoche che per oltre 15 anni e’ stato primo ministro del governo tibetano in esilio, ha esordito proclamandosi un seguace del Buddha e quindi di Gandhi. Per tutta la vita si e’ interrogato su cio’ che da oltre 200 anni rende il mondo nocivo, sul perche’ da due secoli coltiviamo l’avidita’ . Gia’ dal suo primo scritto, Hindi Swaraj del 1909, il Mahatma Gandhi parlava dei mali della societa’ moderna, ma i suoi successori politici – Nehru e Patel – non gli hanno creduto. Oggi la negativita’ del sistema e’ molto piu’ evidente a tutti con la crisi ambientale, economica ed esistenziale che si dispiega in misure diverse ma ugualmente devastanti nel Sud e nel Nord del mondo.

Samdhong Rimpoche ha parlato degli sbilanciamenti nella visione della realta’ che hanno portato alla tragica condizione attuale. Il primo sbilanciamento riguarda la totale attenzione alle comodita’ corporee a cui corrisponde la dimenticanza della mente; il secondo, l’importanza assoluta dell’individuo e l’oblio della comunita’; il terzo, l’importanza della materia e la dimenticanza della moralita’. Questi tre sbilanciamenti portano alla crisi con il globo. Per quanto riguarda l’economia, la fede nell’effetto a ricaduta e la fede nell’armonia naturale degli interessi e’ una falsa fede. Per avere un mercato in crescita continua c’e’ bisogno di avidita’, di violenza e di guerre ( come puntualmente accade oggi). Nella corsa all’iperproduzione abbiamo esaurito quasi tutte le risorse ( fonti non rinnovabili e minerali) e siamo sul punto di non ritorno. Dobbiamo porci la questione delle responsabilita’ . Al contrario la modernita’ ha dato tutto il peso ai diritti, ma ha del tutto dimenticato i doveri e le responsabilita’ nei confronti di tutto il pianeta e delle generazioni presenti e future.

 

Siamo quel che pensiamo

 

La conclusione della intera assemblea e’ che c’e’ bisogno di una grande Alleanza interazionale per la localizzazione che riporti al centro il l cibo locale, le conoscenze locali e la sensiblita’ dell’intrinseca connessione tra uomini e tra uomini e natura. Questa silenziosa rivoluzione e’ gia’ in corso in gran parte del mondo anche se non compare sui mass media. Infatti noi viviamo nel tempo dell’informazione e nella civilta’ della conoscenza, ma non ci rendiamo conto di quanto anche questa sia una grande narrazione. Come ha sottolineato infatti uno dei relatori per una sottile gioco d inganni, nei nostri sistemi democratici, i mass media sono controllati dai partiti e i partiti sono controllati dalle multinazionali.

La localizzazione, in realta’, non e’ niente di nuovo: e’ cio’ a cui Gandhi aspirava. Di fronte alle nuove forme pubblicitarie che promuovono la globalizzazione, abbiamo bisogno di un modello di pensiero diverso, di una direzione alternativa sistemica, che ci porti letteralmente nella direzione opposta . Perche’, come dice Joanna Macy, ‘ noi siamo quel che pensiamo’.

 

 

 

 

 

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