No-Tav. Val di Susa, un esempio da imitare

In un’Italia sempre piu’ narcotizzata e lobotomizzata da grandi fratelli, da ipocriti solidarismi in salsa buonista e da un continuo martellamento catastrofista per cui, ‘o si fa cosi o si muore’ ovvero, o si accettano passivamente e codinamente tagli, gabelle, degrado, miseria e sfruttamento o ‘si muore’, ovverosia i grandi centri del potere economico finanziario, via via interpretati da vari attori e comparse( quali Francia, Germania, Gran Bretagna, Usa, Israele, FMI, Nazioni Unite e via via tanti altri ancora’), non realizzano i propri profitti e puntano i piedini ed allora sono guai grossi per tutti. Guai che vanno dagli ostracismi davanti ad una pubblica opinione ammaestrata al politically correct, sino alle sanzioni, ai sabotaggi, arrivando alla vera e propria eliminazione fisica del dissenziente, attraverso la detenzione, se di singoli trattasi o, se parliamo di nazioni o intere comunita’, attraverso ‘bombardamenti umanitari’.

Ma, anche nell’Italietta dei Vespa, dei Fede, dei Celentano e delle farfallette di Bele’n, della dabbenaggine elevata a criterio di pensiero dominante, bene, anche in questa Italia c’e’ qualcuno che ha il coraggio di dire ‘NO’. No ad inquinamento, degrado, miseria, sporcizia, profitti (per gli altri), privatizzazioni di utili a vantaggio di pochi, condivisione di perdite per un’intera comunita”

I folli progetti degli eurocrati che dell’Italia e dell’Europa vorrebbero fare un’unica, immensa, pista asfaltata e chiodata di binari, un lurido cantiere, una nuova discarica a cielo aperto (come ahime’ e’ avvenuto nel Meridione della nostra penisola, vedi ‘Gomorra’, sic!) alla faccia di bellezze naturali, tradizioni, salute degli abitanti che ci vivono, perche’ a Bruxelles cosi han deciso, per far contente le cosiddette ‘imprese’ a cui oramai tutto deve essere indiscutibilmente consentito, quei folli progetti, dicevamo, si sono una volta tanto arenati dinnanzi alla pugnace volonta’ degli abitanti della Val di Susa, il cui unico, imperdonabile peccato e’ aver detto di ‘NO’. E allora urla, botte, lacrimogeni e tante, troppe polemiche.

Ecco il potere, i partiti, i ‘poli’, usualmente cosi litigiosi, stavolta stranamente uniti, nel condannare, nel demonizzare, nell’ostracizzare, nel mettere alla gogna, affibbiando definizioni ritirate fuori dai polverosi cassetti della piu’ recente storia italiana. Gia’ qualcuno ha latrato di ‘terrorismo’, parola che evoca gli Anni Bui ma anche, e specialmente, leggi speciali e criminalizzazioni di italica memoria.

E’ vero: inizialmente il governo nel 2005, ci era andato con la mano pesante, aprendo i cantieri e militarizzando il territorio, distribuendo manganellate a chi, da anni, si batteva contro un progetto folle. Se mobilitarsi e reagire e’ giusto, non bisogna pero’, commettere l’errore di cadere nella trappola di un sistema, la cui miglior legittimazione e’ offerta dalla criminalizzazione del dissenso politico. I film No Global di Genova o di S. Giovanni, a Roma, hanno decretato il definitivo isolamento delle idee antagoniste e la diretta discesa in campo dei rappresentanti dei poteri forti alla Monti, stavolta senza piu’ alcuna mediazione di una politica ridotta a ruolo di muto comprimario di scelte dettate da ben altri soggetti.

La rivolta dei Forconi, i No dal Molin, al pari dei No Tav, le rivolte meridionali contro ‘a munnezza’, rappresentano tutte il tangibile segnale di un malessere trasversale che attraversa tutti i segmenti della societa’ italiana. A questo malessere l’unica risposta puo’ esser data dalla prassi della democrazia diretta. Lo strumento del referendum, del consulto plebiscitario, anche se a livello locale o, al massimo regionale, dovrebbe essere investito di un valore vincolante per un potere politico che dovrebbe esser messo di fronte ad un preciso aut aut. L’ostinato rifiuto della volonta’ popolare espressa da una consultazione referendaria, dovrebbe aver per risposta lo sciopero fiscale ad oltranza, ovverosia il rifiuto di pagare qualsivoglia tributo allo Stato, ai Comuni, alle Regioni. L’obbligo giuridico della contribuzione fiscale, dovrebbe automaticamente venir meno nei riguardi di una pubblica autorita’ che, attenta alla salute, al benessere ed alla sopravvivenza dell’ecosistema dei propri cittadini, attraverso iniziative in tal senso.

Fare di una splendida vallata un polveroso cantiere, sbudellare una montagna, con il pericolo della fuoruscita di polveri velenose, trasformare un Paradiso in una discarica a cielo aperto alla Gomorra, rappresentano un intollerabile attentato alla salute pubblica ed alla sopravvivenza delle generazioni presenti e future della Val di Susa e non solo.

A questo punto il non versare piu’ alcuna forma di tributo, non diviene piu’ soltanto una mera rappresaglia politica, ma una risposta dovuta ad uno Stato che attenta alla vita dei propri cittadini. Come si puo’ ben vedere, la possibilita’ di dare riposte politiche incisive, dure e concrete, esiste eccome. Senza dovere arrivare a sputare ed insultare quei rappresentanti delle Forze dell’Ordine, loro nonostante trascinati li a far da argine ad una situazione di cui non sono responsabili. Non lasciamo, quindi, alle oche capitoline del sistema l’occasione di criminalizzare, demonizzare ed infine isolare una giusta protesta. E’ un film che abbiamo gia’ visto troppe volte e che non vorremmo piu’ veder ripetuto.

Nel ribadire, la piu’ totale solidarieta’ alla lotta degli abitanti della Val di Susa, il nostro auspicio e’ in un deciso salto di qualita’ nella presa di coscienza, in direzione di quella democrazia diretta, la cui prassi rappresenta la sola via d’uscita ad una situazione altrimenti destinata alla messa all’angolo.

L’esempio della Val di Susa ci dimostra che quello di adesso non e’ ‘il miglior mondo possibile’ e che si puo’ ancora dire NO. NO alla privatizzazione dell’esistenza, alla mercificazione ed al degrado dell’ambiente. NO all’esproprio delle nostre vite, delle nostre necessita’ vitali e dei nostri diritti fondamentali, quali salute, previdenza, istruzione, diritto alla casa ed al lavoro.

L’esempio della Val di Susa ci dimostra altresi che non e’ vero che il nostro ecosistema e’ destinato ad un’ineluttabile destino di decadimento globale, cosi come non e’ detto che i sia pur potentissimi padroni del vapore, massoni, bilderberghiani, trilateralisti ed altri consimili possano riuscire a farla franca, affermando il dominio dell’oro sul sangue. Ancora esiste un retaggio plurimillenario, un archetipo vivente che riaffiora nei peggiori momenti della storia di un popolo o, in questo caso dei popoli, e fa di un anodino insieme di individui un popolo, una comunita’ di destino. Questo qualcosa si chiama LOTTA e rappresenta il passato, il presente ed il futuro di ogni uomo che voglia dirsi tale.

La lotta rappresenta il Divenire dei popoli e cio’ che ne contraddistingue la peculiare natura rispetto a qualunque altro atteggiamento di codina accettazione e’ la resistenza. Resistenza alla paura, alla protervia, all’infamia, al ricatto, all’incivilta’ del capitalismo globale. Per questo senza paura, senza reticenze, ci auspichiamo che per l’Italia, l’Europa ed il mondo sorgano dieci, cento, mille Val di Susa. Un mondo come questo ha, oggi piu’ che mai, bisogno di simili esempi. Per questo, contro la carogna capitalista ed i suoi servi, contro il prevalere dell’interesse privato sul pubblico, contro l’usura e la predazione, si levi un unico grande grido:ORA E SEMPRE: RESISTENZA!

 

(Tratto da: http://www.ariannaeditrice.it)

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