Il balcone dell’indipendenza: io gli Ogm proprio no!

Quale giorno migliore per parlare de “Il balcone dell’indipendenza” (di Marinella Correggia  € 1,00 Stampa Alternativa www.stampalternativa.it), all’indomani della decisione dei ministri dell’agricoltura dell’Unione Europea di ammettere come soglia di tolleranza per gli OGM lo 0,9%, facendosi un baffo di quanto deliberato dal Parlamento Europeo (fino a prova contraria votato dai cittadini) che aveva espresso nello 0,1% il limite massimo consentito per la contaminazione da OGM?

 


Un ghiotto regalo insomma per le multinazionali statunitensi e nord europee che si sono in questo modo aperte in modo legale un mercato di oltre 400 milioni di individui.

Ne ha ben donde il presidente Napolitano a segnalare un comportamento “terroristico” nei confronti delle istituzioni europee; e le dirò di più signor presidente: vada a spiegare le “magnifiche sorti progressive” ai produttori di zucchero, se ancora ne sono rimasti dopo che la nostra classe politica ha svenduto agli interessi delle lobby un settore nel quale l’Italia aveva una posizione di leadership, o se preferisce vada dagli allevatori della Valpadana che hanno sversato il latte sulle autostrade.

La scorsa estate, nel silenzio complice dei grandi media, i viticultori pugliesi sono stati protagonisti di una rivolta nei confronti delle “quote uva”. Questa sarà l’estate dei produttori biologici, che con questa direttiva vedono assestato un colpo di maglio alla loro possibilità di vendere e produrre sia in Italia che all’estero? Spero francamente di sì, perché l’accettazione supina è il primo passo per nuove e più vessatorie imposizioni, da qualunque parte esse provengano.

Basta recarsi in un mercato rionale per rendersi conto che l’agricoltura italiana è ridotta al lumicino: abbondano in ogni stagione sui nostri banchi banane, ananas, asparagi brasiliani e pompelmi israeliani solo per fare degli esempi. Non voglio soffermarmi su considerazioni “nazionalistiche”, pensiamo però, almeno questo, alla quantità di anidride carbonica emessa per trasportare questi prodotti attraverso il globo.

Appare dunque evidente che il problema agricolo è un ganglio essenziale per il nostro tessuto economico e la crisi che ormai da anni lo sta investendo non è altro che il risultato di una politica assente e pilatistica, che non ne ha davvero compreso il valore e le potenzialità.

Quale il rimedio, quindi, a questo stato di cose? Direi senza dubbio il consumo consapevole, anche tramite gruppi di acquisto, tuttavia anche l’autoproduzione può essere un possibile palliativo. Nel libello di cui sopra vengono dati molti consigli pratici per sfruttare al meglio i piccoli spazi (balconi, terrazze, giardini, davanzali..) che le nostre case offrono, per realizzare da soli, almeno parte di quanto ci occorre per vivere, oltre a  smaltire quanto prodotto e a risparmiare energia. E’ una lettura sintetica, chiara ed economica, utile per chi abbia compreso l’ineluttabile necessità di un radicale cambiamento nel modello di sviluppo. Tra l’altro bisogna ricordare che questi espedienti erano all’ordine del giorno durante i conflitti, e forse dobbiamo tutti entrare nell’ottica che oggi i conflitti- qui in occidente/primo mondo- sono contro i grandi oligopoli e i centri di potere economico.

E’ ovvio che l’iniziativa politica sarebbe il metodo più efficace per cambiare le cose, quantunque sorga una domanda non eludibile: la classe politica da chi è finanziata? Chi paga le grandi manifestazioni nei palazzetti nei grandi alberghi? Credo di essere caduto in una tautologia…

Alberto Leoncini 

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