Due ragazzi, qualche computer, un progetto: portare online la società civile africana. In un piccolo ufficio a due stanze situato in un sobborgo settentrionale di Washington D.C, non lontano dagli uffici ministeriali e presidenziali della prima potenza del mondo, c”è uno dei cuori pulsanti della società civile del continente africano. E” Kabissa, la prima associazione non-profit che offre gratuitamente spazi sul web alle organizzazioni non governative di tutta l”Africa, dando loro la possibilità di esprimersi, farsi conoscere, interagire e comunicare tra loro e con l”esterno [Pablo Trincia – Peacereporter].
Due coordinatori, diversi volontari, alcuni computer. Quanto basta per mettere in movimento, in decine di paesi, migliaia di persone che si impegnano quotidianamente per aiutare la gente comune: diritti umani, giustizia, ambiente, salute, servizi sociali, micro-finanza.
La nascita di Kabissa. L”iniziativa è nata cinque anni fa nella testa di Tobias Eigen, 33 anni, statunitense di origini tedesche, una vita passata in giro per l”Africa e il mondo e una passione per i computer e la tecnologia. Ho sempre pensato che il continente africano potesse trarre vantaggio da internet e dalle nuove tecnologie comparse negli ultimi anni, racconta Tobias da Washington, dove l”abbiamo raggiunto telefonicamente. L”Africa è una terra molto difficile, soprattutto per chi è impegnato in attività legate al benessere comune. I servizi sono inadeguati, molti governi repressivi, oppure mancano i mezzi per farsi conoscere e raccogliere consensi e attenzione mediatica anche dall”estero.
Per questo, nel 1999 è nata Kabissa. Grazie ad essa molte associazioni avrebbero avuto a disposizione un vero e proprio ufficio virtuale, con uno statuto accessibile da ogni parte del mondo, una posta elettronica e un archivio in cui tenere documenti importanti e riservati. “Molte organizzazioni non governative e associazioni civili varie lavorano in condizioni molto precarie – continua Tobias – pochi sono disposti a finanziarle o semplicemente ad appoggiarle. In alcuni paesi, le poche che si possono permettere un ufficio o una stanza con una scrivania e un computer rischiano di vedersi arrivare un gruppo di uomini armati che sequestrano tutto nel cuore della notte e sigillano le porte la mattina dopo. Con Kabissa è tutto più semplice: ci sono solo uno username e una password. Sono le chiavi invisibili di un ufficio invisibile e irraggiungibile per qualsiasi malintenzionato”.
Oltre 850 organizzazioni. Kabissa (in lingua Kiswahili significa assolutamente) è utile anche per chi vive nelle aree rurali e non può pagare l”affitto di un ufficio o anche solo di un computer. Basta raggiungere un qualsiasi internet café (il cui numero sta crescendo anche in Africa) e il gioco è fatto. “Davvero non mi aspettavo che questa iniziativa avesse così tanto successo – dichiara entusiasta il fondatore del network – in cinque anni ci hanno contattato o si sono formate grazie a noi oltre 850 organizzazioni. Ognuna ha un suo server e può lavorare in piena libertà e indipendenza.
Così, in Burundi è comparsa un”associazione che riabilita i bambini soldato provenienti dalle file dei famigerati ribelli del Front de Libération Nationale. In Mauritania si è scoperta un”organizzazione che si batte per i diritti della donna e del bambino. Dal Kenya è arrivata notizia che un gruppo di rifugiati somali ha creato un coordinamento per la pace nel proprio paese devastato da quattordici anni di guerra civile. E per gli appassionati d”arte, ecco in Zimbabwe un”associazione di persone che promuovono attività di artigianato locale per comunità che cercano modi di auto-finanziarsi o sopravvivere.
Una rete di belle storie. E” per questo che, quando ho conosciuto Tobias, mi sono subito legata al suo progetto, racconta Kim Lowery, statunitense, dal 2002 anche lei parte integrante del piccolo entourage di Washington. Ho conosciuto l”Africa mano a mano attraverso questo lavoro, che con il tempo è diventato una vera passione. Ti capita di conoscere persone incredibili. Come quel tizio del Ghana nato in una famiglia di contadini poverissimi e arrivato a conseguire un dottorato negli Stati Uniti. O quel tale in Nigeria che combatte per i diritti della sua minoranza nel Delta del Niger a dispetto delle minacce delle compagnie petrolifere e del governo. Di storie così se ne trovano tantissime. Basta dar loro la possibilità di venire fuori. Time to get online è l”ultima trovata dei ragazzi di Kabissa, un nuovo e semplice programma online che spiega i rudimenti di internet e dei computer a chi non ha mai avuto la possibilità di conoscere le nuove tecnologie. Con la speranza che un giorno internet raggiunga anche le comunità rurali o isolate rispetto ai centri urbani. E” a questo che i membri dell”organizzazione sperano si arrivi, un giorno.
Nel frattempo chi li finanzierà ? Tra i nostri principali sostenitori c”è una società tedesca che si occupa di prodotti online, la Gtz, dice Tobias, poi c”è la Osiwa, un”organizzazione che fa parte di un ombrello di associazioni no-profit finanziate dal miliardario George Soros. Ma Kabissa non costa molto. Quest”anno, per sopravvivere, abbiamo come obiettivo quello di raccogliere almeno 25 mila dollari.
Ovvero il prezzo della libertà di associazione ed espressione di migliaia di africani.
Pablo Trincia
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