A proposito di calcio, guerre dimenticate e cronisti dei nostri tempi

Premetto che sono un tifoso ‘vecchia maniera’, ma ho la  sensazione che l'informazione sportiva sia finita in “off-side”. Accendi la televisione e sei costretto a subire un martellamento incessante da parte di una legione di cronisti votati all’estremo sacrificio pur di raccontare l’ultimo aneddoto degli europei di calcio.


A parte le telecronache delle partite, trasmesse addirittura in replica nel palinsesto della notte, imbarazzanti talk-show vengono messi in onda, per dare libertàƒ di parola ad ex calciatori, opinionisti sportivi e altri menestrelli del circolo mediatico. Non ho idea di quanto possa costare alle singole testate questo inaudito dispiegamento di cronisti; credo una barca di soldi considerando che all'evento sportivo dell’anno sono accreditati un qualcosa come 7.500 operatori dell'informazione provenienti da mezzo mondo. Per la finale del 4 luglio, allo stadio la Luz di Lisbona, ben 1.100 posti, su una capienza di 65mila, verranno riservati ai giornalisti. Quando ero ragazzo, ricordo che NicolàƒÂ² Carosio era in tribuna, solo col suo microfono, unico referente per tanta gente che non poteva permettersi il lusso d’andare allo stadio. Oggi invece sono quasi sempre due o tre le voci che accompagnano i match calcistici, poco importa che si tratti di serie A, B, europei o mondiali. Ma per parlare di chi? Di personaggi pagati profumatamente? Bisogna prendere atto che in Europa il calcio è un business a tutti gli effetti per l’enorme popolaritàƒ che questo sport si è saputo conquistare. Sta di fatto che lo spirito goliardico e il dilettantismo sembrano essere anni luce distanti dalla dispendiosa fiera del calciomercato. Ma al di làƒ di tutto, ciàƒÂ² che trovo sconvolgente è il dispiegamento di giornalisti in terra lusitana non foss’altro perchàƒÂ© nel villaggio globale gli avvenimenti che fanno la storia continuano a susseguirsi da mattina a sera, sia nel Nord che nel Sud del Mondo. àƒË† dunque immorale pensare che l’informazione si riduca a un notiziario infarcito di pettegolezzi su Del Piero o Totti, quando nell’ex Zaire si continua a combattere e nel Nord Uganda sangue innocente viene versato come se niente fosse. àƒË† vero che un tifoso inglese è stato ucciso per rapina a Lisbona, ma cosa dire dei morti causati dalla guerra civile colombiana di cui mai nessuno parla? Qualcuno diràƒ che questi pensieri sparsi sono pura utopia e che l’informazione deve rispettare le subdole regole dell’audience. Io non ci credo e dico di più: non dobbiamo rassegnarci supinamente, accettando l’ineluttabilitàƒ dei piani editoriali. Anche perchàƒÂ© nell’areopago dell’informazione vi sono libere coscienze che hanno la temerarietàƒ di fare scelte controcorrente. Penso agli amici del notiziario radiofonico delle 08:00 di Radiouno, con 7 milioni e mezzo di ascoltatori, che da lunedàƒÂ¬ scorso hanno avviato una rubrica dal titolo più che emblematico: ‘Per non dimenticare l’Africa’. Una scelta che dimostra ampiamente una scottante veritàƒ : la reale possibilitàƒ di concepire un giornalismo davvero dalla parte dell’uomo. A questa redazione tutto il nostro incoraggiamento.

Be the first to comment on "A proposito di calcio, guerre dimenticate e cronisti dei nostri tempi"

Leave a comment