Economia solidale, il volto buono della globalizzazione

Euclides A. Mance a LuccaUn mercato alternativo a quello tradizionale, organizzato in reti di economia solidale, si va affermando in vari paesi nel mondo. Sono sempre più numerosi i distretti che sperimentano e praticano, con successo, un modello di sviluppo innovativo capace di coniugare etica ed economia, dove la persona (produttore, lavoratore, consumatore) recupera un ruolo centrale e vede riconosciuta la propria dignità rispetto alla prepotenza del mercato. Di questo si è parlato lo scorso 30 agosto, a Lucca, incontrando Euclides A. Mance, autore del libro La Rivoluzione delle reti, l'economia solidale per un”altra globalizzazione. 
(di Nicola Furini)



La globalizzazione della buona vita

Nel dibattito aperto dai media relativamente al processo sociale e culturale definito come globalizzazione, troppo spesso ci si sofferma solo su pochi luoghi comuni mentre si trascurano, gravemente, questioni molto più interessanti e solo superficialmente note al grande pubblico. Si rischia così di mancare la percezione di come, seppur lentamente e senza clamore, il nostro mondo si stia trasformando, e di come la globalizzazione possa diventare una concreta opportunità di riscatto per milioni di persone che oggi vivono ai margini di un”economia spietata.
 
La globalizzazione può essere intesa anche come inedita possibilità di conoscere situazioni, fenomeni, processi sociali anche molto distanti da ciascuno di noi dal punto di vista geografico ma non dalla nostra coscienza e dalla nostra atavica aspirazione a vivere in un mondo migliore. E infatti un altro mondo, più giusto e libero, è già in costruzione. Non vi risulta? Pensateci bene: chi non è mai entrato, anche solo per curiosità , in una bottega del commercio equo e solidale? Chi non ha mai ascoltato qualche dibattito sui pro e contro degli alimenti OGM o dell”agricoltura biologica? Oppure, chi non ha mai sentito parlare di una strana banca che dice di essere etica? E poi ancora, chi non ha mai sentito di alcuni pazzi che si sono messi in testa di mettere in difficoltà potenti multinazionali boicottando l”acquisto dei loro prodotti? E l”elenco potrebbe continuare ancora molto a lungo.

L”arcipelago dell”economia solidale

La miriade di iniziative menzionate pocanzi non costituisce solo un bizzarro miscuglio di declinazioni culturali ancorate a qualche moda del momento: si tratta di un variegato arcipelago di realtà che, anche dal punto di vista economico e sociale, propone un”alternativa concreta ad un modello di sviluppo che dimostra sempre più la propria inadeguatezza a soddisfare i bisogni più profondi e veri dell”uomo. Già oggi, milioni di persone nel mondo si organizzano e collaborano in modo solidale per promuovere la pace, la giustizia sociale, i diritti umani, l”adozione di modelli di sviluppo sostenibili che assicurino il benessere di tutti piuttosto che l”interesse ed il profitto di pochi.
 
Le prime tracce dell”economia solidale possono essere individuate in America Latina, continente storicamente legato a situazioni di profonda crisi economica e di acuta povertà che a partire dai primi anni “80 hanno coinvolto paesi come Cile, Brasile e più recentemente Argentina. Anche nelle situazioni di crisi più grave, queste esperienze non si sono limitate a rappresentare soltanto uno strumento di lotta contro la povertà , ma hanno invece inaugurato dei percorsi che esplorano forme alternative e solidali di fare economia, attraverso i quali è possibile mostrare che – per dirla con le parole di Euclides A. Mance –  nel momento in cui la solidarietà fa il suo ingresso nella teoria e nella pratica dell”economia, succedono cose sorprendenti e nasce una nuova razionalità economica, efficiente e capace di contribuire al superamento dei grandi problemi che affliggono l”uomo e la società contemporanea.

Giovanni Paolo II, in visita in Cile e in Argentina nel 1987, nel suo discorso alla Conferenza dei Vescovi dell”America Latina diede voce all”idea di un”economia della solidarietà nella quale riponiamo tutte le nostre migliori speranze per l”America Latina.

La strategia della collaborazione

Da qualche anno assistiamo all”evoluzione di un movimento sinergico di collegamenti internazionali di reti (intese come intreccio di relazioni), emerse nell”ambito dei Forum sociale mondiale, dei Forum continentali e dei vari Forum tematici nazionali. Da queste pratiche sono andate emergendo delle vere e proprie reti globali che oggi integrano in diversi settori, produzione, commercio, servizi, finanziamento, consumo, in grado di movimentare ogni anno centinaia di milioni di dollari. Possiamo citare come caso emblematico l”esempio di Curitiba, una ricca zona nel sud del Brasile, dove a fronte delle pesanti conseguenze indotte dal modello di sviluppo neoliberista (con le relative politiche proposte o, più spesso, imposte da organismi internazionali come Fondo monetario internazionale e Banca mondiale) le reti di economia solidale hanno saputo rispondere a condizioni estreme di povertà non solo sul piano dei bisogni materiali, ma anche su quello della partecipazione e della promozione sociale.

In tutta l”America latina, sono molto diffuse pratiche che rendono concreta questa strategia di collaborazione:

  • stabilimenti condotti in autogestione da lavoratori licenziati dai precedenti datori di lavoro. In Brasile, esiste un”associazione nazionale dei lavoratori delle imprese in autogestione e i lavoratori impegnati sono circa 23 mila con un fatturato annuo di circa 300 milioni di Reales;
  • cooperative che gestiscono attività di microcredito per finanziare il funzionamento di piccole iniziative imprenditoriali;
  • circuiti locali di baratto (simili, per certi versi, alle nostre banche del tempo), dove lo scambio di prodotti e servizi viene regolato per mezzo di una moneta sociale. Questa moneta sociale è dotata della peculiare caratteristica della scadenza: dopo una certa data impressa sulle banconote stesse, la moneta non ha più valore. Questo fa sì che nessuno pensi ad accumulare denaro, ma che invece questo venga usato per acquistare beni o servizi dagli altri membri della comunità , che a loro volta compreranno beni e servizi prodotti da altri, e così via. In questo modo si innesca un circolo virtuoso in grado di dare impulso e sviluppo all”economia locale (la moneta sociale stimola gli acquisti, la produzione, gli scambi e quindi il miglioramento delle condizioni di vita di tutti nella comunità ). L”aspetto interessante di questa esperienza è che di questi circuiti fanno parte anche delle multinazionali, conferendo ai circuiti stessi una portata che a volte travalica persino i confini nazionali;
  • ricordiamo infine, brevemente, aziende che attuano esperienze di economia di comunione (come in Italia), cooperative per il commercio equo, gruppi di consumo critico, comunità di sviluppatori di software libero, etc.

In Brasile sono stati recentemente istituiti anche degli enti che, in base alla verifica di particolari requisiti, conferiscono la certificazione alle imprese che intendono aderire ai circuiti di economia solidale.

La rete come fattore di successo

Abbiamo sinora visto quanto siano differenti le realtà coinvolte in esperienze di economia solidale.  Ma allora, come fare di questo arcipelago un modello vincente?
 
Euclides André Mance, filosofo-economista, ricercatore, animatore sociale, consulente nel governo brasiliano di Lula e autore del libro La Rivoluzione delle reti, l'economia solidale per un”altra globalizzazione (edito dalla EMI), non ha dubbi. Si tratta di articolare tutte queste realtà in una logica di rete. Occorre integrare le varie cellule di produzione, distribuzione, consumo, credito, trasporto, comunicazione-informazione in un contesto strategico nel quale ciascuno sostiene gli altri. Solo così il distretto può, secondo una logica economica, generare un profitto che in questo caso andrà a beneficio della comunità e sarà la comunità a deciderne la destinazione, per esempio finanziando la costituzione di un nuovo distretto (che produrrà altri posti di lavoro, altri prodotti da acquistare, etc.).
 
Ogni rete è costituita da cellule, dalle loro connessioni relazionali e dai flussi che le alimentano (flussi d'informazione e tecnologia, flussi di beni e prodotti, flussi di valori sia economici che etici). Le dinamiche relazionali fra cellule (produttori, consumatori, finanziatori, comunità locale di riferimento) avvengono senza gerarchie verticali prestabilite, come invece avviene nel modello capitalista. Ogni volta che due gruppi si integrano in un processo di scambio con altri gruppi, in cui uno alimenta l'altro in un intercambio di diversità ed arricchimento reciproco, allora abbiamo una rete. Condizione della crescita della rete è la promozione del consumo. Ma nella prospettiva solidale, la relazione tra chi consuma e chi produce va aldilà del comprare o vendere prodotti: comporta maturare la coscienza del rispetto verso le persone e verso l”ambiente, in favore del benessere di tutti, oggi come domani.
 
La nozione di rete permette di lavorare con la diversità , e fare della diversità la forza del cambiamento. Le reti si autoalimentano tramite la diversità : tanto maggiore è la diversità , tanto più forte è la rete. Ma si tratta di una diversità con principi etici, quella che garantisce le libertà dell”individuo. 

La rivoluzione delle reti passa per l”Italia

Viene quasi spontaneo notare i percorsi paralleli che idealmente si possono tracciare tra la pratica di economia solidale affermatisi in sudamerica e quella legata al mondo del commercio equo e solidale e del consumo critico, in Italia così come in buona parte dell”Europa. Tale parallelismo è corretto, ma solo parzialmente. Le esperienze che danno vita alle reti di economia solidale nascono come unica risposta possibile a condizioni di povertà estrema e di bisogno. Le reti di commercio equo e solidale, così come dei gruppi di consumo critico e di boicottaggio, presenti nel mondo ricco nascono da scelte soggettive (individuali o di gruppo) di tipo etico e culturale; rappresentano un”esperienza di solidarietà importante e significativa ma coprono una nicchia di mercato ancora piuttosto marginale.
 
Di questi ipotetici parallelismi si è discusso a Lucca, lo scorso 30 agosto: numerose realtà che già oggi propongono un modello alternativo di mercato e di economia (botteghe del commercio equo solidale, GAS gruppi di acquisto solidali, gruppi di consumo critico, coop. sociali, ONG, piccoli produttori biologici, etc.) si sono confrontate con Euclides André Mance.
Dopo la relazione di Mance, tra i presenti sono emersi apprezzamenti e numerosi spunti che fanno ben sperare per la costituzione, nei prossimi mesi, di distretti di economia solidale in alcune regioni italiane (Lombardia, Piemonte, Marche, Toscana). 

Non sono però mancate anche alcune critiche: qualcuno ha osservato che la strategia di collaborazione di cui parla Mance è molto difficile da praticare in Italia, dato che da noi risulta pressoché assente il collante della povertà , così determinante nei paesi dell”America latina. Secondo altri, le varie realtà italiane (differenti per storia, vocazione, dimensione) si muovono su posizioni egoistiche che rendono spesso problematico qualunque approccio di tipo collaborativo. Si nota, infine, come risulti penalizzante la difficoltà ancora presente di dialogare con istituzioni ed enti locali, attori imprescindibili per realizzare con successo qualunque progetto che intenda coinvolgere le comunità locali.

Insomma, anche dopo l”incontro di Lucca, rimane aperto l”interrogativo se l'economia solidale possa rappresentare davvero un”alternativa all'economia capitalistica globalizzata. Non è facile comprendere questa sfida che è sì teorica, ma sopratutto sociale e politica. Stiamo parlando di una relazione tra lavoro, produzione e consumo orientata all”equilibrato sviluppo dal punto di vista economico, ma che punta soprattutto anche al raggiungimento del benessere delle persone. Questa prospettiva può apparire ingenua e utopica, specialmente agli occhi di noi europei. Si tratta però di una prospettiva che non può essere ignorata. E questo perché non si sta parlando di un sogno, di un progetto in cantiere, ma di qualcosa che esiste e funziona bene: nei distretti di economia solidale sono coinvolte imprese, piccole ma anche grandi, regolarmente registrate, con regolari bilanci, che pagano imposte, che elaborano piani di fattibilità e di sviluppo. E chissà che i costituendi distretti di economia solidale italiani superino l”imbarazzo della propria diversità .

Conclusioni

Per concludere prendiamo a prestito le parole di Mance: l”economia solidale rappresenta un”altra visione della società e dello sviluppo, per il bene di ciascuno. Quando ognuno di noi va al supermercato e compera un prodotto di un”impresa che sfrutta i propri dipendenti e inquina l”ambiente, allora siamo tutti responsabili di quello sfruttamento e di quell”inquinamento. é  inutile che chiediamo una società più giusta, umana, se quando consumiamo non siamo disposti a fare attenzione a quello che compriamo, perché il nostro denaro può andare a finanziare proprio lo sfruttamento e l”inquinamento dell”ambiente. Se invece cerchiamo di informarci su quello che comperiamo, ed acquistiamo magari prodotti di imprese solidali, allora anche ciascuno di noi, con il proprio consumo, sta contribuendo a costruire una nuova società .

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