Un durissimo domani

Il futuro di medio termine sara’, con ragionevole certezza, durissimo, e per quasi tutti orribile. E’ tempo di iniziare a pensare alla morte in termini positivi e a come vivere al meglio quanto puo’ restare da vivere decentemente.

Le grandi tendenze evolutive globali, ben al di sopra della capacita’ di intervento della politica, sono ormai complessivamente chiarissime:

Spostamento di crescenti quote di reddito a)dai produttori di ricchezza (economia reale, imprenditori, tecnici, operai, agricoltori) ai finanzieri-banchieri (economia speculativa); b) dagli operatori in regime di libero mercato ai cartelli monopolisti e monopsonisti che condizionano il mercato da sopra di esso; c) dai piccoli operatori (lavoratori, imprese locali) agli operatori globali (multinazionali, grande distribuzione), che impongono il prezzo sia ai fornitori che ai clienti finali; d) in generale, dal complesso della popolazione a una ristretta e’lite non tassabile (grazie a: regole contabili Iasp, che consentono di non dichiarare gli utili da creazione di liquidita’; canali Euroclear, Clearstream, BIS, BCE, Cayman Islands, Panama, per la movimentazione e l’uso degli utili non dichiarati), e sulla quale non si puo’ quindi agire per una redistribuzione del reddito;

Rafforzamento globale dei monopoli e dei monopsoni (produzione di moneta e credito, energia, materie prime, tecnologia, informazione);

Progressivo annullamento delle classi medie, anche mediante interventi fiscali degli stati in crisi finanziaria (che colpiscono dove possono, cioe’ il risparmiatore e il lavoratore che ha patrimonio e reddito ma non e’ abbastanza grosso e forte da sottrarsi al fisco coi mezzi indicati sopra);

Drastico taglio dei servizi sociali e dei pubblici investimenti;

Proletarizzazione e precarizzazione generalizzata delle categorie lavoratrici anche autonome e imprenditoriali;

Delegittimazione della protesta sociale nella nuova visione tipo Marchionne, in cui tutti siamo imprenditori e capitalisti, avendo ciascuno perlomeno le proprie capacita’ come capitale, sicche’ e’ assurdo (folle, antisociale, illegittimo) pensare la politica in termini di conflitto sociale tra lavoratori e capitalisti, e chi soccombe non soccombe alla prevaricazione ma ha un problema da curare, mentre l’unica policy legittima e’ quella della concorrenza-collaborazione di ognuno nel libero mercato (che pero’ libero non e’, essendo manipolato dall’esterno dai monopoli-monopsoni, che, disponendo anche degli strumenti legislativi e governativi, alterano a loro vantaggio i rapporti valore; quindi quella logica e’ ingannevole);

Tendenziale riduzione del cittadino a puro price-taker senza capacita’ di contrattazione sia come consumatore che come lavoratore che come fruitore di pubblici servizi;

Capitalismo assoluto, radicale assimilazione del lavoratore alla macchina, con tendenziale abolizione delle tutele sindacali e riduzione dei redditi dei lavoratori al minimo vitale perche’, con la globalizzazione (dell’economia, della finanza, del potere), non vi sono piu’, a differenza che nella II Rivoluzione Industriale, strutture sovrane di potere politico legate a popoli e territori, che, perlomeno per loro bisogno di mantenere il consenso sociale ed elettorale, possano imporre salari piu’ alti; e anche perche’ il business a cui fare tale imposizione non e’ piu’ manufatturiero e territorialmente legato (alla fabbrica, alla miniera), ma e’ finanziario e globalizzato, extraterritoriale (footloose capital), e detta dall’esterno alla politica e al sindacato le sue condizioni (Fiat-Chrysler), potendo liberamente sia trasferirsi nel mondo, che colpire finanziariamente i governi non compiacenti;

Tendenziale divisione rigida della societa’ in una classe oligarchica ristrettissima (power e’lite, global class) e in un popolino progressivamente omogeneizzato, con ridotte categorie intermedie ed estesa informatizzazione del sistema d monitoraggio e gestione del corpo sociale (tecnologie di controllo sociale sempre piu’ penetranti e incontrastabili);

Sostanziale chiusura di questa struttura alla mobilita’ verticale ascendente;

Progressivo indebitamento pubblico e privato delle nazioni; conclamata impossibilita’ di rimborsare il debito pubblico; privatizzazione-monopolizzazione dei beni pubblici e delle funzioni pubbliche, incluse quelle di polizia e militari (contractors) come condizione per ricevere aiuti finanziari (dal FMI, dalla BM, dalla BCE, etc.); le crisi finanziarie degli stati sono usate, e forse anche indotte, per costringere gli stati a vendere assets strategici (es.: Pireo ceduto dalla Grecia a capitale cinese);

Costruzione, mediante legislazione in deroga, di ordinamenti giuridici polizieschi e autocratici (sospensione di garanzie processuali, diritti civili e politici), sottotraccia e paralleli a quelli costituzionali, democratici, garantisti (Patriot Acts), pronti per l’uso quando scoppieranno proteste popolari;

Stati, parlamenti e governi ridotti a ruolo di uomo di paglia, di esecutore poliziesco, e di insolvenza-impotenza finanziaria, data la mancanza di sovranita’ economica, che e’ passata a organismi non solidali al territorio e al popolo, autocratici e non democratici, non responsabili, non trasparenti, quali BIS, BCE, FED, BM, FMI, WTO;

Irresistibile forza monetaria della Cina, che, emettendo moneta senza indebitarsi grazie all’esercizio della sovranita’ monetaria, sta comperando i principali debiti sovrani, miniere, latifondi, assets pregiati, fonti di materie prime, e che da cio’ appare come la nuova piattaforma che rimpiazza gli USA come a strumento per governare il mondo in una delicatissima fase in cui c’e’ da gestire, oltre all’instabilita’ finanziaria globale, l’esaurimento di risorse fondamentali e la crisi ecologico-demografica (rispetto agli Americani, i Cinesi hanno assai piu’ disciplina e meno inibizioni ad usare la violenza, soprattutto sui non Cinesi).

Non pochi studiosi di macroeconomia, oramai, ravvisano la radice di questi mali nel fatto che il mondo dipende da un cartello di banchieri monopolisti della produzione della produzione di quel bene indispensabile che e’ la liquidita’ (credito, valuta), i quali lo producono a costo zero (perche’ senza copertura in valori reali) e lo prestano a interesse composto al resto della societa’; l’interesse, crescendo nel tempo, sottrae quote crescenti di reddito al resto della societa’, trasferendole ai predetti monopolisti e producendo una cronica carenza di liquidita’, con conseguente stagnazione o recessione economica e crescente indebitamento pubblico e privato, aumento delle tasse, inevitabili defaults, etc.; nonche’ necessita’ di ricorrenti scoppi di bolle finanziarie per distruggere l’eccesso di credito e cosi ridurre il debito e il peso degli interessi passivi a dimensioni sostenibili (la distruzione del credito in eccesso e’ organizzata dal sistema bancario in modo che il credito da azzerare venga prima coriandolizzato e cartolarizzato in forme appetibili (alti tassi) e rassicuranti (garanzie collaterali, rassicurazioni bancarie), poi rivenduto a risparmiatori e fondi di investimento e previdenziali, nelle cui tasche viene fatto scoppiare). Se, pero’, i popoli, attraverso stati democratici e realmente sovrani, potessero esercitare la sovranita’ monetaria, dotandosi del denaro necessario a realizzare il pieno impiego dei mezzi di produzione, lo sviluppo sarebbe assicurato e la poverta’ vinta.

Ma questa e’ una visione parziale e ingenua, che non tiene conto del fatto che la Terra e’ un sistema con risorse limitate e limitate capacita’ di assorbire inquinamento, e che gia’ da tempo la specie umana ha superato il limite di sostenibilita’ dei consumi e delle emissioni, mentre gli umani si riproducono sempre piu’ velocemente; sicche’ raccontare che lo sviluppo generalizzato (attraverso un’adeguata alimentazione monetaria, o in qualsiasi altro modo) sia la soluzione, o semplicemente che sia desiderabile, e che si dovrebbe aiutare i popoli poveri a svilupparsi a casa loro, e’ raccontare una favola. Forse la piu’ grossa che sia mai stata sognata. Ma si sa: quanto piu’ grosso e’ il Male, tanto piu’ grossa e folle ha da essere la Favola.

Marco Della Luna (Tratto da: http://www.ariannaeditrice.it)

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