Radici e biodiversita’ “I cittadini devono ritrovare i legami con le loro radici e la biodiversita’ di cui queste si nutrono”
Non devono ingannare le straordinarie ciliegie in copertina, ne’ il titolo, “Adottare la terra”, e neanche il ruolo di ministro alle Politiche agricole dell’ autore, Luca Zaia: questo non e’ un libro sull’ agricoltura. Non solo, comunque. E’, invece, un autentico manifesto leghista, il tentativo di dare fondamenta e orizzonte culturale al movimento fondato da Umberto Bossi. Una consapevole “rifondazione padana” in chiave no global in cui l’ agricoltura, “biografia di un popolo”, non solo e’ il tramite con la terra madre, con l’ heimat, ma anche l’ antidoto a quelli che nella visione di Zaia sono i grandi mali: la tekne che sta “portando con se’ la fine di una civilta’” (il simbolo sono gli ogm) e la finanza predatoria degli swap e dei futures. Gli autori che il ministro-scrittore chiama a testimoni appartengono quasi tutti alla sinistra, non necessariamente marxista, mentre il basso continuo e’ la dottrina sociale della Chiesa, con frequenti richiami a papa Benedetto XVI. Ma, appunto, c’ e’ spazio anche per l’ appassionato omaggio a Simone Weil, per Zygmunt Bauman, per Carlo Levi e Pier Paolo Pasolini fino, con riserva, a Rousseau. Zaia parte dalla contrapposizione tra il contadino, colui che si “alza all’ alba e per prima cosa guarda il cielo”, uomo intriso della religiosita’ spontanea di chi sa che “il lavoro non li mettera’ al riparo dalla grandine” e ha bisogno di credere “che oltre quella siepe c’ e’ sempre un Dio”. Dall’ altra parte c’ e’ l’ homo metropolitanus che ha ormai smarrito ogni legame con le sue radici e la biodiversita’ di cui queste si nutrono. L’ uomo che si nasconde la morte cosi come la macellazione del maiale, immerso in “un mondo uniforme, neutro, inodore e insapore”. Zaia, va detto, e’ ben attento a che tutto cio’ non sfoci in un passatismo sterile o, peggio, nel richiamo alla “terra e al sangue”. Anzi: il suo contadino-leghista deve essere un buon manager, un bravo imprenditore, un eccellente artigiano e anche un chimico che sa usare i prodotti di sintesi “con misura e intelligenza”. E soprattutto, da un pragmatismo ai limiti della spregiudicatezza, lezione ben appresa da Umberto Bossi. Per il ministro la distinzione tra i due tipi umani e’ il punto di partenza per il recupero di “un’ economia umanizzata” che si batte, per esempio attraverso i dazi, contro il “feticcio del libero mercato, ultima versione del pensiero nichilista”. Il vecchio “liberismo” della Lega e’ ormai lontanissimo. Anzi, per Zaia, il primo avversario sono proprio le multinazionali: “Ma noi siamo come Davide: abbiamo una fionda e una buona mira”. E invita a leggere in questi termini la controversa trattativa con McDonald’ s sfociata nell’ ormai famoso panino McItaly. Partita stravinta, secondo Zaia: da una parte, “migliaia di tonnellate di cibo vendute alla catena”, dall’ altra il fatto che “con un panino possiamo far capire ai giovani che c’ e’ un gusto alternativo ai sapori fastfood”. Inutile dire che tra le multinazionali sradicanti, il ministro include anche l’ Unione europea. Zaia riesce a restituire la sua visione del mondo in modo leggero, attraversato dagli aneddoti della sua carriera di ministro “con i piedi nella terra”: dalla concione ai produttori di latte dalla cima di un covone al giuramento tra gli stucchi del Quirinale del “provincialotto” di Godega di Sant’ Urbano.
(Tratto da: http://www.ariannaeditrice.it)
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