(Fonte: Inviatospeciale.com/)
Al culmine l’offensiva mediatica contro l’Idv.
La strategia per ‘silenziare’ Di Pietro e’ cominciata qualche mese fa. Nel mese di settembre dello scorso anno l’ex pm di ‘Mani Pulite’ aveva criticato “Minzolini o Vespa che stanno al giornalismo come la sedia elettrica alla vita umana” e dal suo blog aveva aderito all’iniziativa “disdici il canone e abbonati a Sky”. Poi aveva aggiunto: “La Rai e’ caduta in un profondo stato vegetativo, le ingerenze politiche sono da voltastomaco e ritengo possano esserci gli estremi per azioni legali nei confronti del vertice e del governo come artefici di questo degrado, verifica che ho fatto predisporre ai miei legali” e quindi concluso: “Viviamo ormai in un Paese privo delle piu’ elementari liberta’ democratiche”.
Bruno Vespa, confondendo il servizio pubblico con una sua personale proprieta’ privata, rispose senza mezzi termini: “Per salvaguardare la sua incolumita’, a tutela della democrazia italiana, eviteremo da questo momento di invitarlo a sedersi sulla ‘sedia elettrica’ della nostra trasmissione”.
Da quel momento ha preso il via la ‘sparizione’ del leader dell’Idv. Non e’ stato un processo rapido, ma un lento ‘work in progress’, determinato da un fatto semplice: Di Pietro, per la semplicita’ del suo linguaggio e la disabitudine all’uso del politichese era in grado, nel suo piccolo, di dialogare direttamente coi telespettatori, cosa che solo Berlusconi e’ in grado di fare.
Questo, in concreto, lo rende un pericolo estremo, perche’ il regime del pensiero unico non prevede l’esistenza del piu’ semplice elemento di disturbo. Con costanza i media radiotelevisivi hanno cominciato a ridurre lo spazio dedicato al partito dell’ex pm, per arrivare adesso alla spallata finale.
Il 2 febbrario, alla vigilia del congresso dell’Idv, ‘Il Corriere della Sera’, per motivi che non e’ facile comprendere, ha assunto la leadership dell’operazione ed ha lanciato due notizie: la pubblicazione di una fotografia del 1992 nella quale si vede Di Pietro vicino all’allora altissimo dirigente dei servizi segreti civili, Bruno Contrada e subito dopo la riproduzione di un assegno firmato da tale Gino Bianchini, per 50 mila dollari con data di emissione 13 maggio 2001.
I due ‘scoop’ del quotidiano milanese sono delle non notizie. Nel caso della foto si vedono molte persone che all’interno di una caserma dei Carabinieri stanno partecipando ad una cena. Tra loro c’e’ Contrada, pochi giorni dopo arrestato per collusioni con la mafia, ma in quel momento numero tre del Sisde.
Nel secondo caso ‘Il Corriere della Sera’ lascerebbe intendere che l’assegno rappresenterebbe una prova di eventuali irregolarita’ nelle casse dell’Idv, salvo non spiegare che si trattava di un avvallo per una fidejussione, che mai fu incassato e che serviva a garanzia di una banca per l’ottenimento di un prestito necessario al finanziamento della campagna elettorale del maggio 2001, cosa dimostrata anche dalla data.
Il giornale milanese ha spiegato cosi la sua scelta editoriale: “Torniamo a ribadire, come gia’ fatto dall’autore degli articoli Felice Cavallaro, che il Corriere ha pubblicato solo le anticipazioni delle bozze di un libro dell’avvocato Mario Di Domenico, ex stretto collaboratore dello stesso onorevole Di Pietro, cofondatore e segretario del partito ed estensore dello statuto. E che fin dal primo giorno il nostro giornale ha riportato la versione del leader dell’Idv, ancora piu’ ampiamente pubblicata il giorno successivo. Nota la fonte e subito sentito Di Pietro, il Corriere si e’ limitato a riportare le due versioni: non ha ordito, ne’ si e’ prestato a complotti, non ha fatto campagne, non e’ stato burattino o burattinaio di chicchessia. Ha fatto il suo mestiere come l’ha fatto sempre, quando ad esempio ”’per primo”’ ha pubblicato le notizie dell’inchiesta di Bari e le rivelazioni di Patrizia D’Addario, altro caso in cui si e’ letto un ipotetico complotto”.
La relazione tra forma e sostanza nella comunicazione e’ fragilissima. Gli articoli in questione aprivano oggettivamente ‘sospetti’ e al loro interno le ‘spiegazioni’ di Di Pietro o del suo partito erano cucite in una logica non totalmente essautiva.
Un articolo cominciava: “Alcune foto che era stato ordinato di distruggere inquietano Antonio Di Pietro” e proseguiva con “solo una cena. Niente di male, come ha gia’ fatto sapere lo stesso Contrada attraverso il suo avvocato”. La testimonianza di ‘innocenza’ fornita da un condannato per associazione mafiosa non e’ il massimo della credibilita’, come mai non si utilizzavano le spiegazioni del leader dell’Idv?
Dopo alcuni paragrafi titolati in grassetto: “Tante le telefonate incrociate quel maledetto giorno”, “IL COLPO”, “Vivono tutti un forte imbarazzo”, “LA BUFALA”, le tesi del ‘sospettato’ erano raccolte in questo modo: “Di Pietro, davanti a sospetti o insinuazioni, passa al contrattacco, inserendo qualche errore fra i suoi ricordi: “Si vuol fare credere, attraverso un dossier di 12 foto mie con Mori, Contrada e funzionari dei servizi segreti, che io sia o sia stato al soldo dei servizi segreti deviati e della Cia per abbattere la Prima Repubblica perche’ cosi volevano gli americani e la mafia”. Una citazione errata quella di Mori, estraneo alla cena derubricata da Di Pietro al rango di “bufala o trappola”: “Soltanto menti malate possono pensare che ho fatto quel che ho fatto per una spy story e non come umile manovale dello Stato, che quando faceva il muro cercava di farlo dritto”. Ma non basta per convincere Bobo Craxi, da tempo interessato a scavare sull’ipotesi dell’aggancio americano: “Una teoria che sarebbe verosimile perche’ dopo l’89 c’erano interessi internazionali a cambiare il quadro europeo””.
I ‘lanci’ de ‘Il Corriere della Sera’ hanno immediatamente stimolato ‘Libero’, ‘Il Giornale’, Gianlugi Paragone, vice direttore di Raidue e conduttore del programma “L’ultima Parola”.
Alessandro Sallusti, condirettore de ‘Il Giornale’ e appassionato sostenitore del centro destra, ha scritto ieri sul suo quotidiano: “Tre signori sono stati protagonisti del primo congresso dell’Italia dei Valori. Ad applaudirli, in prima fila, il leader del Pd Pierluigi Bersani. Come dire, gente seria, garantisco io. Vediamo chi sono i tre. Il primo, ovviamente e’ Antonio Di Pietro, fondatore del partito, la cui immagine sta uscendo a pezzi da sospetti, supportati da fotografie, di collusioni con i servizi segreti italiani ed esteri ai tempi di Mani pulite e da accuse, da parte di suoi ex collaboratori, di scarsa trasparenza nella gestione dei fondi del partito (56 milioni di euro). Il secondo e’ un altro ex magistrato passato alla politica (e’ deputato europeo dell’Idv), Luigi De Magistris, che prima di entrare in politica fu trasferito e censurato dal Csm per “gravi anomalie” nelle sue inchieste, una delle quali provoco’ la caduta del governo Prodi (l’avviso di garanzia all’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella, poi risultato completamente estraneo) e che forse per questo riceve oggi gli onori di Bersani. Il terzo e’ un ex poliziotto, Gioacchino Genchi, simpatizzante dipietrista, oggi consulente delle Procure di mezza Italia e balzato agli onori della cronaca per aver intercettato i telefonini di 350mila italiani, per questo finito sotto inchiesta e ancora al centro di una intricata vicenda giudiziaria che pero’ non gli impedisce di continuare la sua attivita’, ben retribuita, al fianco di molti magistrati. Che non hanno ovviamente avuto nulla da ridire quando ieri, dal palco Idv, Genchi ha annunciato di sapere con certezza che l’attentato di Milano contro Silvio Berlusconi e’ stato una montatura organizzata dallo stesso premier per commuovere gli italiani e intimidire gli avversari”.
Altra ricostruzione ‘ardita’, per lo meno nella descrizione delle persone. L’immagine di Di Pietro ormai “a pezzi da sospetti, supportati da fotografie, di collusioni con i servizi segreti italiani” e’ una visione dei fatti, rispettabile, ma del tutto lontana dalla realta’.
De Magistris, “censurato dal Csm”, corresponsabile (secondo Sallusti) della caduta del governo Prodi e persecutore di Mastella, in realta’ ha visto confermate alcune delle sue tesi, tanto che nel maggio del 2009 la procura di Napoli ha ritenuto fondate molte delle accuse, rinviando a giudizio Clemente Mastella e sua moglie Sandra Lonardo.
Gioacchino Genchi mai ha “intercettato” 350mila italiani, ha solo studiato le relazioni tra le utenze telefoniche riconducibili a cittadini indagati nella sua funzione di “consulente delle Procure di mezza Italia” come ha scritto lo stesso vice direttore de ‘Il Giornale’.
Ma cosa preoccupa di piu’ Sallusti? Gli applausi del “leader del Pd Pierluigi Bersani”. Le elezioni regionali sono vicinissime e la necessita’ per Berlusconi di ottenere una vittoria schiacciante e’ vitale. Il ruolino di marcia per la costruzione del regime prevede due cose fondamentali: l’impunita’ nei processi a carico del premier ed il varo di riforme costituzionali che accentrino ulteriormente i poteri nelle mani del presidente del Consiglio.
Un rapporto piu’ stretto tra Pd e Idv rischia di riuscire a tamponare la prevedibile disfatta di marzo del centro sinistra. Di Pietro, con la sua politica durissima nei confronti del progetto autoritario della maggioranza e’ una mina vagante, in grado di convogliare sull’Idv una fascia di elettorato che e’ deluso dalla confusione che regna nel Pd.
Da mesi e’ ovvio che l’ex magistrato e’ l’ultimo ostacolo sulla via della ‘normalizzazione’ e per questo adesso e’ arrivato il ‘momento decisivo’. Nel suo congresso l’ex pm di ‘Mani Pulite’ sembra aver capito il pericolo ed infatti dalle assise e’ venuta fuori la linea delle ‘grandi alleanze’, che trasforma profondamente la strategia dell’Idv. Ha detto Pietro a conclusione del suo intervento davanti ai delegati: “Dalla resistenza passiamo alla ricostruzione”, aprendo una prospettiva temibilissima per il Cavaliere.
Il Pd adesso si collochera’ su un piano meno ‘opaco’, forse riuscendo a recuperare parte del proprio elettorato disperso, mentre l’ex pm cavalchera’ le frange popolari piu’ intransigenti tenendole comunque all’interno dell’alleanza.
In Campania o in Puglia l’Idv ha deciso di appoggiare De Luca e Vendola, restituendo al centro sinistra la chance di vincere. In questa situazione Berlusconi ha un solo modo per scongiurare il rischio di vedere i suo programma fallire: l’esplosione del gossip e dei sospetti contro il leader dell’Idv e le prossime settimane non risparmieranno agli italiani ‘bufale’ di ogni tipo.
L’unica cosa oscura in questo piano del tutto chiaro e’ nella collocazione de ‘Il Corriere della Sera’. Perche’ via Solferino e’ della partita? O almeno cosi appare?
(Tratto da: http://www.inviatospeciale.com/)
Be the first to comment on "Ultima missione: distruggere Di Pietro"