Qualcuno la definirebbe la storia tipica (?) di una multinazionale. Qualcun altro potrebbe scomodare la lente di uno Sherlock Holmes finanziario per comprendere e far luce su orpelli, annessi e connessi legati a cambiamenti cosi repentinamente avvenuti e cosi altrettanto velocemente eclissati. Altri trarrebbero ispirazione dalla geometria nel constatare come pure nel settore societario/organizzativo la logica euclidea abbia un senso: solo un grande gruppo come il nostro (gruppo UniCredita’ S.p.A. gia’ Unicredito Italiano S.p.A. – n.d.r.) riesce a compiere un intero angolo giro in soli sette anni (e qui si potrebbe scomodare anche l’analogia con gli acrobati ed i saltimbanco…). In parole diverse: si parte da un punto e s’inizia a cambiare, per poi mutare cio’ che e’ stato cambiato, per poi trasformare cio’ che e’ stato cambiato e… opla’: giungere dopo una rotazione di ben 360° al punto di partenza.
Dalla facezia al serioso.
Il sistema mediatico italiano e internazionale ha dato ampio rilievo alla trasformazione societaria che accorpera’ 5 banche del gruppo in un unico istituto di credito. Sembra che nel nostro gruppo parole quali ‘stabilita”, ‘consolidamento organizzativo’ o altro, non possano mai fare capolino. Al contrario il termine ‘cambiamento’ e’ la parola d’ordine che costantemente viene sventolata come una bandiera. E’ una sorta di logo implicito, un archetipo contenuto dall’humus culturale della banca nelle sue profondita’ piu’ recondite. Per carita’, nulla in contrario al mutamento. Se questo assicura, pero’, crescita e miglioramento per tutti: clienti, dipendenti, azionisti. Ma e’ proprio cosi?
Facciamo un po’ di storia. Il 2002 viene vissuto da ogni dipendente di Unicredita’ come un anno importante. Non esisteranno piu’ sette istituti di credito ma questi verranno fusi in un’unica entita’ che li comprendera’ tutti. Contemporaneamente compare il ‘Progetto S3’. Un progetto, ci dicono, fatto e studiato per i clienti. Un toccasana. Se ben ricordo lo slogan era pressappoco cosi ‘… ci facciamo in tre per dare maggiore valore (migliori servizi) ai clienti’. E si perche’ dopo aver accorpato sette banche in una, la stessa e’ stata divisa in tre. Devo dire che non rammento scene di giubilo tra i clienti nel momento in cui sono stati informati della modifica delle loro coordinate bancarie, che il loro rapporto sarebbe stato trasferito in altre sedi, che avrebbero avuto nuovi referenti. Tre banche per dare risposte differenziate a tre categorie di clienti. Senza scomodare i geni delle varie societa’ di consulenza, qualche artigiano di organizzazione aziendale avrebbe proposto una soluzione multidivisionale; cioe’ una struttura con livelli contenenti alta specializzazione senza tutti gli inconvenienti menzionati. Ma Unicredita’ ricorre al fiore della consulenza: ed e’ questa la sentenza data. A proposito, chissa’ quanto e’ costata?! Tre banche, tre Consigli di amministrazione, tre direttori generali, ecc., ecc.. Per anni si e’ lavorato per digerire il progetto S3. Un progetto assai pesante e ingombrante. Sembrava che la serenita’ stesse tornando (almeno sotto il profilo organizzativo) quando i tamburi della storia hanno annunciato l’acquisto di una banca in Italia grande quasi quanto Unicredit. Con l’acquisto di Capitalia la banca retail (nel novembre 2008) e’ stata divisa ulteriormente in tre parti (quindi tre consigli di amministrazione, tre direttori generali, ecc., ecc.,). Ed anche in questo caso il motivo e’ solamente uno. E non puo’ essere altro che quello di fornire servizi migliori alla clientela. Chissa’ cosa ne pensa realmente il cliente che ad esempio disponeva all’epoca di rapporti sia presso la filiale di Pesaro che su Rimini e che di punto in bianco sono diventati rapporti su banche diverse.
Come tutti sanno la Banca si e’ molto impegnata per ridurre il rapporto costi operativi/ricavi, un termine tecnico per dire che il costo di lavoro dipendente deve essere ridotto. Ma in questo termine, lavoro dipendente, sono comprese due variabili assai diverse tra loro: il costo del personale direttivo e quello del personale non direttivo. Il fatto curioso e’ che l’andamento delle due variabili negli ultimi anni e’ stato tra le stesse inversamente proporzionale. Cosi, mentre si riducevano gli organici delle strutture operative, quelle che operano direttamente a contatto con i clienti (la vera ricchezza della banca), si assisteva al costante incremento dei costi legati alla remunerazione del personale direttivo. Con parole diverse, il gruppo Unicredita’ ha aumentato il numero di colonnelli e generali e ridotto quello dei militari di truppa. A tutto cio’ aggiungerei la lievitazione dei costi di consulenza: altro capitolo che sarebbe opportuno analizzare con attenzione.
Ma dal cappello di Unicredita’ e’ uscito, infine, un altro coniglio. Quello che ha riportato le lancette a quasi otto anni fa. Signore e signori la banca cambia: ‘Nell’interesse dei clienti il gruppo ha deciso di accorpare cinque banche in una’. ‘Cambiare tutto per non cambiare nulla’… ma quanto ci e’ costato… La nascita della superbanca e’, a mio avviso, un atto di resa al buon senso. La parcellizzazione della banca, che ha significato per tanti dirigenti, la replica del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci in chiave bancaria, ha trovato uno stop inderogabile con la sopravvenuta crisi finanziaria e la fine dell’era delle vacche grasse. Ma il ritrovato buon senso non portera’ il sereno nei conti dell’azienda ‘Unicredit’. Il perche’ e’ semplice da capire: l’attuale pletora di dirigenti dovra’ essere ridimensionata. Presumo che il costo di questa ristrutturazione non sara’ marginale. Con linguaggio spiccio accadra’ che questi ‘generali’ e ‘colonnelli’ verranno graziosamente dimissionati; e questo con laute prebende. A tale riguardo sarei curioso di conoscere l’impegno finanziario effettivo per realizzare questa operazione. Per cui per fare quadrare i conti la banca dovra’ ‘ristrutturare’ (cioe’ tagliare) gli attuali organici non dirigenti (gia’ carenti) al fine di compensare i costi di dimissione dei dirigenti. Ma tranquilli colleghi. Questa sara’ l’ultimo sforzo. Dopo di cio’ non ci saranno piu’ problemi: nuove acquisizioni, altre rotazioni di 360°, salti mortali, ecc.. Perche’ in fin dei conti tutto questo e’ stato fatto nell’interesse dei clienti …. e ovviamente di noi colleghi.
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