di Gianfranco La Grassa
Ho sempre apprezzato Geronimo, da potente democristiano divenuto ottimo giornalista, perché ne capisce più lui di economia che non i paludati professori intenti a confondere le idee sul “Corrierone”. Ha avuto anche il merito e la lucidità di ricordare più volte, pur se a mio avviso con eccessiva “timidezza” e senza la necessaria chiarezza ed esplicitazione, la “manina d’oltreoceano” che nel 1992-93 ispirò la campagna di annientamento dello schieramento politico rappresentato soprattutto da Dc-Psi, nel tentativo di consegnare il governo del paese non ai “comunisti”, come dicono certi superficiali, bensì a coloro che rinnegarono senza alcuna autocritica il vecchio piciismo d’appartenenza. Fecero questo perché salvati dai processi di “mani pulite” per servire i loro nuovi mandanti; oltre alla suddetta “manina”, i “poteri forti” italiani, un insieme di (quasi, e non tutti) parassiti incentrato sulla Confindustria, in particolare sulla Fiat e su quel capitale privato che decise, sul panfilo “Britannia”, di distruggere l’industria “pubblica”; si chiaro che non faccio differenza tra “pubblico” e privato, ma tra imprenditorialità di settori ultramaturi (e finanziari) e industrie di punta e strategiche del tipo di quella messa in piedi da un personaggio dotato di determinazione e lucidità quale fu Mattei. Quel regime, del mondo bipolare, non fu annientato dall’azione di toghe “rosse”, come ancora recitano gli stessi banaloni (o peggio) di cui sopra, bensì da un corpo ormai “separato” (e lo è tuttora) al servizio (se oggettivamente o anche consapevolmente, non lo so e non mi interessa saperlo, perché guardo ai risultati) di quella “manina d’oltreoceano” e di quei “poteri forti” (privati e in larga misura parassiti). Tuttavia, è ora di dire che tutto ciò fu favorito dalla codardia, “di fronte al nemico”, della democristianeria, abituata a manovre di corridoio, a inciuci, a manfrine; e al consociativismo con coloro che, per un periodo fino al “crollo del muro”, furono conniventi con loro (ma cercarono subito, non a caso, di annientare Craxi; si riguardi il “film” dell’affaire Moro, che assume, di periodo in periodo, sempre nuove sfumature e prospettive). Dopo l’89, però, venne per costoro il momento di salvarsi dall’implosione del “socialismo reale”, accettando di divenire i migliori sicari dell’oltreatlantico e della Confindustria, con il contorno di piccoli rimasugli del vecchio regime, salvati per l’occasione dai processi come lo fu al gran completo il nuovo personale di servizio rappresentato dagli ex piciisti, che gettarono nella polvere il vecchio abito e indossarono senza batter ciglio la nuova livrea. Nel frangente, tutta l’inettitudine e coniglieria democristiana – abituata, come già detto, solo alle giravolte e intrecci complicati, tali da avvolgere e abbindolare gli avversari – venne a galla. L’unico che tentò di resistere in Parlamento, con chiamata di correo (tutti erano infatti implicati nel finanziamento ai partiti), fu appunto Craxi. Gli altri, zitto e mosca. Forlani abbozzò con la bava alla bocca; Andreotti con nervi d’acciaio, ma nessun coraggio di contrapporsi, sopportò dieci anni di processo da cui è uscito bene (secondo lui almeno), ma senza più alcun peso politico; Geronimo ha avuto una trentina di processi, se non erro, ma in qualche modo se ne è tirato fuori. Minor fortuna ha avuto il paese, che si è salvato da una “dittatura” sostanziale – mascherata da una “democrazia colorata”, di quelle all’americana – solo perché certi settori economici, che si erano rappresentati in Craxi, sono scesi in campo nella persona di un imprenditore prestato alla politica (ma che non mi sembra un’aquila in tale campo), il cui carisma è in realtà nato dal fatto che l’elettorato detto moderato, abbandonato dalla codarda Dc e dal Psi annientato, si riversò sul primo venuto. Adesso siamo di nuovo al dunque, in una situazione certo mutata, ma non migliorata. I tempi sono stretti, le forze di allora (d’oltreoceano e parassiti nostrani) sanno che o la va o la spacca. Gran parte della popolazione non è più così ingenua da credere a magistrati sempre più squalificati e che manifestano i loro propositi eversori in TV con estrema arroganza. L’Oltreoceano non si trova più davanti lo sfascio del “socialismo reale”, ma nuove potenze con cui sarà obbligato a fare i conti in senso multipolare; incontrerà perciò crescenti difficoltà nei prossimi vent’anni. Ecco perché avrebbe bisogno di fare in fretta a raggiungere l’obiettivo di una totale normalizzazione filo-atlantica dell’intera Europa. Quest’Italia un po’ troppo amica della Russia (che le dà ragione in merito alle provocazioni georgiane promosse dagli Usa, ecc. ecc.) rompe le scatole. Montezemolo esce progressivamente allo scoperto, ma non si creda che la nuova presidenza confindustriale sia migliore; stanno recitando il gioco delle parti! In simile compromessa situazione, con fior di parlamentari pronti alla svendita, proprio Geronimo – e da qualche mese, lo ammetto, mi piace sempre meno – sostiene che non si deve rispondere alle provocazioni di piazza della sinistra (ben viste, se ne sia certi, da una parte della destra, ormai ben nota) perché siamo in “democrazia” e tutto si risolve in Parlamento. Ecco di nuovo la codardia democristiana in azione come in quegli anni; si è ben visto allora com’è stata conciata la “democrazia parlamentare”. Questo democristiano, senz’altro intelligente, non può raccontarci di essersi scordato quel periodo, che ha posto le basi del bagnomaria melmoso e puzzolente in cui siamo tuttora immersi. Il bello è che porta proprio l’esempio sbagliato: quello dell’Iran dove le opposte piazze si scontrano, ma lì non c’è ancora la “democrazia parlamentare” (dice il “nostro”). E meno male! Lasciamo stare Twitter o Facebook e i telefonini, coordinati con la stampa occidentale, che falsificano la realtà. In piazza in Iran vanno pochi oppositori perché, se esagerano, le prendono di santa ragione; i traditori organizzano attentati con l’aiuto di chi fa poi finta di non saperne nulla (siamo ingenui? No, Geronimo non lo è sicuramente). In Iran, inoltre, c’è un Governo che, con i dovuti modi e tempi, sta processando gli eversori e comminando anche alcune pene estreme. L’Italia sta sprofondando nella m….. proprio perché la “maggioranza silenziosa” crede sia sufficiente affidarsi ad un uomo che, quando si arriva al dunque, fa l’“italo Amleto”; mentre dovrebbe infine provare ad essere reale maggioranza “sculacciando” chi di dovere, a partire dai suoi figli che manda a studiare per essere rimbambiti da semicolti (ignoranti), che non svolgono più la benché minima funzione educativa (tutto il contrario). Inoltre, non si è mai pensato di “revisionare” certi “corpi speciali” che temo siano troppo influenzati da sessant’anni di NATO (1949); ma può anche essere che mi sbagli, e sarebbe una lieta sorpresa. In ogni caso, non si deve mai più seguire questa democristianeria d’altri tempi, adusa alla sequela di governi di pochi mesi, con continui pasticci, compromessi, lingua biforcuta, ecc. Non siamo più sotto l’ala protettrice della “manina d’oltreoceano” che, in un mondo bipolare, accettava qualche “birichinata”, diciamo qualche “scherzo da prete”. Nel multipolarismo “il gioco si fa duro, e i duri cominciano a giocare”. I democristiani o si riciclano o, per favore, si mettano da parte. Almeno non facciano danni con il loro “legalitarismo parlamentare” in una situazione politica marcia e con le Camere piene di banderuole. Il Parlamento va bene se chi vi siede agisce per conquistare un po’ di autonomia “nostrana”, sapendo che allora deve pure cercare l’appoggio non più silenzioso della maggioranza (se è vera maggioranza!) e, ancor più, di certi “poteri forti”, ma non quelli dei parassiti confindustriali e finanziari; ben altri invece! Altrimenti, è inutile scribacchiare “quisquilie e pinzillacchere” per prendersi i quattro soldi dell’articoletto su qualche giornale (in tal caso Libero), poco avveduto e non selettivo.
Be the first to comment on "Precisiamo una volta di più"