Raramente, pero’, nei vari dibattiti si sente discutere delle ragioni sociali, politiche e culturali che hanno portato il Sud a tali condizioni ormai intollerabili.
A seguito dello scandalo delle inchieste scoppiato in Campania, nell’editoriale di oggi del Corriere della Sera, Angelo Panebianco sostiene la necessita’ di bonificare la societa’, prima ancora dei partiti, e denuncia l’assenza di un progetto per il Sud del Paese, sempre piu’ lento e bloccato.
In un saggio di alcuni anni fa dal titolo ‘Il pensiero meridiano’, un sociologo pugliese, Franco Cassano, cerca di difendere il Sud (inteso come Sud Italia, ma piu’ in generale come Sud del Mondo) dalle tante accuse e pregiudizi di inefficienza, sottolineando come una delle sue specificita’ sia il valore della ‘lentezza’ (in contrasto con il valore della ‘velocita” di cui il Nord tanto si vanta), che e’ in grado di produrre progresso, senza tuttavia distruggere molte forme di esperienza indispensabili e preziose per l’uomo. Ora, non c’e’ dubbio che la lentezza in alcuni casi sia un valore. Si pensi al successo dello ‘slow food‘ come contrapposto al diffondersi del ‘fast food‘, o all’importanza dell”avere tempo’ nelle relazioni sociali e nell’accoglienza dell’altro, cose di cui il Sud puo’ vantarsi di essere molto piu’ ricco rispetto al Nord.
Tuttavia, questa lentezza, se non e’ adeguatamente riconosciuta e valorizzata dalle istituzioni puo’ trasformarsi anche in qualcosa di molto negativo per lo sviluppo di un territorio come, per esempio, nel parassitismo.
Durante un viaggio recente in Sicilia, terra in cui sono nata e cresciuta, ho potuto verificare direttamente cosa significhi trasformare la lentezza del Sud in forme di parassitismo per chi vi vive.
Parlando con la gente del luogo ho dovuto constatare che la manifestazione piu’ palese di questo atteggiamento e’ il cosiddetto ‘lavoro nero’. Le statistiche ci dicono che la Sicilia e’ tra le regioni con il piu’ alto numero di disoccupati e con redditi pro-capite molto bassi. Eppure, la realta’ non e’ del tutto conforme ai dati. Ci sono, infatti, famiglie intere che lavorano in nero, non denunciano nulla al fisco e guadagnano piu’ di un dipendente o un funzionario pubblico.
Ma la cosa che piu’ fa riflettere e’ come tutto cio’ sia vissuto in modo del tutto normale e scontato dalla popolazione locale, come se fosse ormai parte della cultura e dei costumi del Sud.Spesso chi pratica un lavoro in nero non si affanna nemmeno a cercare un’occupazione stabile e regolare, ma al contrario fa di tutto per rimanere in questo stato, perche’ piu’ conveniente dal punto di vista economico: si puo’ guadagnare molto, sfruttando allo stesso tempo il piu’ possibile tutto cio’ che lo Stato puo’ dare attraverso indennita’ di disoccupazione, assegni familiari, esenzioni dal ticket, pensioni di invalidita’ e quant’altro sia possibile ottenere spacciandosi per appartenenti alla classe povera e piu’ bisognosa della societa’.
In altre parole, la lentezza dello Stato e, piu’ in generale delle istituzioni, che si manifesta nel ritardo con cui vengono prese le decisioni e intraprese le politiche che potrebbero risolvere concretamente i problemi del Sud, finisce con l’alimentare la sfiducia nelle popolazioni meridionali, innescando come reazione una serie di prassi ‘individualiste’, di cui il parassitismo e’ solo un esempio, distruggendo e sperperando in questo modo le migliori risorse e potenzialita’ di un territorio.
Se la lentezza e’ un’opportunita’ per distinguersi dal Nord e cercare nuovi modelli di sviluppo e progresso economico, culturale e sociale, come sottolinea Cassano, allora ben venga e, soprattutto, ben vengano quei dirigenti e politici in grado di produrre ‘velocemente’ politiche che sappiano concretamente valorizzare le potenzialita’ e specificita’ del Sud, risolvendone i mille problemi e perseguendo finalmente quel bene comune, che sembra sempre piu’ lontano e irrealizzabile per chi vive e ama quella terra.
(Tratto da: http://www.benecomune.net)
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