
Anche la qualità lascia a desiderare
Il Dac non si è limitato a registrare il mancato aumento nella “quantità” degli aiuti. Ha pubblicato i risultati di un’inchiesta volta a misurare la loro “qualità” in base ai criteri sottoscritti nel 2005 nella Dichiarazione di Parigi sull’efficacia degli aiuti. I criteri cercano di valutare se gli aiuti ricevuti da ogni paese beneficiario sostengono le politiche definite dal governo, se sono compatibili con i sistemi di gestione nazionali e se i donatori coordinano efficacemente le loro attività. L’immagine che emerge dall’inchiesta non è delle più incoraggianti. Ad esempio, si scopre che soltanto poco più di un terzo degli aiuti utilizza sistemi locali per la gestione e il monitoraggio, e che più di un quarto dei fondi sono resi disponibili in ritardo. Inoltre, la stragrande maggioranza delle missioni che visitano il paese beneficiario non sono coordinate tra le varie agenzie di cooperazione. La frammentazione degli aiuti e la diversità dei sistemi adottati non è sorprendente, data la pluralità di obiettivi e istituzioni coinvolte. Ciò nonostante, sono necessari sforzi aggiuntivi per far sì che gli aiuti facilitino il ruolo del governo beneficiario nel coordinare e gestire politiche e interventi nei vari settori, anziché renderlo ancora più complesso.
Gli aiuti dell’Italia
Come si colloca l’Italia tra i vari paesi Ocse? Purtroppo, come già altre volte notato su lavoce.info, non bene. Rispetto alla quantità degli aiuti, il contributo italiano è diminuito del 30 per cento tra il 2005 e il 2006, in parte a causa delle tempistiche di alcuni contributi a organizzazioni internazionali- Ed è fermo allo 0,20 per cento del Pil. Soltanto Grecia e Stati Uniti hanno contribuito di meno in proporzione alle dimensioni della loro economia. Eppure, il Dpef 2003-2006 prevedeva stanziamenti progressivi per raggiungere l’obiettivo dello 0,33 per cento del Pil entro il 2006 concordato a livello europeo. Il grafico riportato qui sotto evidenzia non solo il mancato raggiungimento degli stanziamenti previsti, ma anche il peso delle operazioni di cancellazione del debito, che di fatto non costituiscono un trasferimento netto di nuove risorse bensí lo storno di crediti in molti casi con scarse prospettive di esigibilità.
Grafico: Scarto tra Aps/Pil e valori programmati nel Dpef 2003-2006
Fonte: ActionAid, 2007.
Per quel che riguarda la qualità degli aiuti, i dati del Dac parlano chiaro: l’Italia è al di sotto della media dei donatori. Gli aiuti italiani sono meno efficaci e non rispettano i principi della Dichiarazione di Parigi. In particolare, come sostiene Action Aid Italia in un recente rapporto che raccoglie non solo fonti Ocse ma anche altri dati stilati da organizzazioni non governative e centri di ricerca, “il nostro paese condiziona l’aiuto all’acquisto del made in Italy, non esborsa i finanziamenti quando promessi, e non accetta le scelte d’intervento fatte dal paese beneficiario”. (2)
Quasi un anno fa il governo Prodi otteneva l’incarico con un programma che aveva tra i suoi obiettivi quello di riportare la cooperazione italiana in Europa, attraverso l’incremento delle risorse finanziarie e la realizzazione della riforma del sistema di cooperazione. In questo periodo di tempo, il mondo della politica è tornato a occuparsi di aiuti internazionali e di riforma del sistema di cooperazione con un maggiore protagonismo, ma la svolta necessaria non c’è stata. Le risorse finanziarie stanziate e programmate sono ancora poche, mentre le riforme proposte non affrontano alcuni nodi importanti. (3)
Anche a livello internazionale l’attività italiana è limitata, e legata a due iniziative del Ministero dell’Economia e delle Finanze con un buon potenziale di innovazione ma che per ora richiedono risorse limitate. L’International Finance Facility for Immunization (Iff-Im) è un meccanismo che anticipa i contributi dei donatori tramite l’emissione di obbligazioni sul mercato finanziario internazionale, rendendo immediatamente disponibili le risorse per l’acquisto di vaccini da destinare ai paesi più poveri. Il governo italiano vi partecipa con un contributo di circa 27,5 milioni di euro l’anno. L’Advance Market Commitment (Amc) per il vaccino dello pneumococco, invece, lanciato a Roma nel febbraio 2007, impegna i paesi donatori a pagare l’acquisto futuro del vaccino, rendendone più conveniente lo sviluppo. Malgrado l’Italia sia il primo paese in quanto a contributi, il suo impegno ventennale non supererà in media i 25 milioni di euro l’anno.
Il summit del G8 a Heiligendamm il mese prossimo rappresenta una delle ultime opportunitá per il governo italiano. Il cancelliere Angela Merkel ha nuovamente collocato la questione africana al centro del dialogo. In molti si aspettano segnali forti dal governo italiano, fortemente in ritardo nel mantenere le promesse fatte negli anni passati.
(1) http://www.oecd.org/document/17/0,2340,en_2649_33721_38341265_1_1_1_1,00.html
(2) ActionAid, 2007, “L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo: in attesa della svolta annunciate. Rapporto 2007” (www.actionaid.it).
(3) Vedi http://www.lavoce.info/news/view.php?id=30&cms_pk=2535&from=index
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