Continuano le sofferenze per i palestinesi

Proseguono gli scontri armati nella Striscia di Gaza tra Hamas e Al-Fatah dopo che, appena due mesi fa, avevano raggiunto alla Mecca l’accordo per un governo d’unità nazionale. Negli ultimi sei giorni sono almeno cinquanta le vittime di questa guerra tra fazioni che ha costretto la gente a barricarsi in casa.

 


A gettare altra benzina sul fuoco sono le voci secondo le quali Hamas avrebbe organizzato un attentato a sud del valico di Erez ad Abu Mazen, Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese ed esponente di Al-Fatah. Come se non bastasse, sono ripresi i lanci di razzi palestinesi Quassam sulla città di Sderot, costringendo un decimo della popolazione a cercare rifugio altrove. Uno dei razzi sarebbe caduto a poche centinaia di metri dal Primo Ministro Olmert che, per tutta risposta agli attacchi, ha ordinato raid aerei su Gaza.

La Palestina, dalla vittoria con larga maggioranza alle elezioni democratiche del 25 gennaio 2006, ha dovuto fare i conti con le scelte della Comunità Internazionale (spinta soprattutto da Usa e Israele) che ha decretato l’embargo. Questo significa frontiere chiuse, l’impossibilità per i lavoratori di commerciare ma soprattutto blocco totale degli aiuti umanitari. In un paese dove la popolazione povera arriva all’80% e la disoccupazione è al 40%, la mancanza di generi di prima necessità e medicinali rischia di aggravare la situazione interna, provocando un’escalation di violenza.

Il 15 maggio scorso gli israeliani hanno festeggiato la fine del colonialismo britannico e la nascita dello stato di Israele, che è avvenuta nel 1948.  Per i palestinesi invece è stato il giorno della memoria per la “naqba”, cioè la “catastrofe” che ha costretto migliaia di persone ad abbandonare le proprie case, le proprie terre e scappare altrove portando via con se qualche straccio, un pezzo di pane e tanta rabbia nel cuore.

“Oggi il popolo palestinese è minacciato da una diversa naqba” afferma un portavoce di Abu Mazen, riferendosi alla preoccupante situazione interna, ed è tornato a chiedere la rimozione dell’embargo per non alimentare le violenze e sperare in una pace sempre più improbabile.

Fabio Canova 

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