
Mediacop -l’associazione di categoria che riunisce i mezzi di informazione editi da cooperative- ha denunciato il rischio di far sparire una fetta importante dell’informazione. Si parla “dell’uccisione di 100 testate”. Già con i finanziamenti attualmente attivi molti giornali (come il Manifesto o Terra) faticano a far quadrare il bilancio, il dimezzamento avrebbe l’effetto di far salvare le testate più strutturate e di spazzare via la maggior parte di quelle più piccole (spesso le più battagliere). Con il risultato di lasciare l’informazione sempre più in mano, come ha ricordato Mediacop, a banche ed industrie che hanno anche altri e più forti interessi rispetto all’editoria. Certamente il caso di Lavitola e dell’Avanti, così come quello di Libero e Il Riformista, hanno fatto una brutta pubblicità al finanziamento pubblico ai giornali, che non trova riequilibrio nelle pur importanti proposte di Mediacop per aumentare rigore e trasparenza. Oltre ad un problema drammatico di perdita di lavoro (che porterebbe almeno inizialmente un ulteriore aggravio alle spese della Casagit, la Cassa Autonoma di Assistenza Integrativa dei Giornalisti Italiani), si profila un’ulteriore riduzione del pluralismo dell’informazione a danno di quel giornalismo critico e di qualità che nobilita la storia italiana. Resta però il dubbio più forte: la decisione di tagliare i fondi all’editoria è politica -si parla annualmente di cifre intorno ai cento milioni di euro, una piccola quota della spesa pubblica-, ma difficilmente il sistema potrà reggere ancora, a prescindere dal colore politico -e dagli interessi personali- della classe al potere. Perchè di soldi ce ne saranno meno e di emergenze sempre di più.Per evitare la morte certa serve però uno scatto d’orgoglio di questi giornali: prendere iniziative autorevoli che creino alleanze con le forze sociali e politiche disposte a sostenerle, nell’ottica di una riforma complessiva equa che onori il dettato dell’articolo 21 della Costituzione. L’informazione è un bene comune, soprattutto quella espressione di forme non profit. Servono regole capaci di premiare la qualità e la correttezza (anche nei confronti dei propri giornalisti…) dei giornali, ma serve anche altro: la crisi sempre più nera dovrebbe portare i mezzi di informazione che ne verranno investiti a sinergie e forme di collaborazione innovative che, seppur dolorose, potrebbero portare l’informazione indipendente ad unirsi, fare un salto nel futuro ed uscire dalle comode nicchie (che comode non lo sono più).
Articolo tratto da Altreconomia
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