Ci hanno reso poveri

(Fonte: Inviatospeciale.com/)

Berlusconi ed il centro destra hanno scaraventato il 25 per cento degli italiani nella miseria. Ed il centro sinistra non ha fatto di meglio. E come uscirne e’ un mistero.

Gli ultimi dieci anni sono stati devastanti. Secondo un rapporto Istat si tratta di anni buttati al vento, nei quali “la produttivita’ non cresce”. Una “debolezza dell’economia” che ha riguardato “l’intero sistema produttivo”.

Il documento dell’Istituto nazionale di statistica ‘La situazione del paese nel 2010′, mostra senza remore come il sistema produttivo italiano sia segnato da una “debolezza complessiva” incapace di reagire ai mutamenti del contesto competitivo e chiarisce esistono forti difficolta’ “ad agganciare la ripresa in corso”.

Se il quadro economico e’ disastroso, quello sociale e’ da incubo. Un quarto della popolazione italiana a rischio poverta’ o esclusione.

Per la precisione, in Italia il 24,7 per cento sperimenta il rischio di poverta’ o esclusione, superando ampiamente la media Ue, che e’ del 23,1 per cento e comprende i nuovi entrati dell’ex est Europa che hanno tassi molto elevati ed alzano il quoziente.

E se i poveri sono un esercito, per gli ‘altri’ non va meglio. Nel 2010 il potere d’acquisto delle famiglie e’ sceso dello 0,5 per cento subendo una ulteriore riduzione rispetto al meno 3,1 del 2009. Inoltre la propensione al risparmio ha raggiunto i livelli piu’ bassi dal 1990.

Per fortuna lo scorso anno, secondo l’Istat, e’ tornato a crescere dell’1 per cento il reddito disponibile delle famiglie, dopo una flessione del 3,1 registrata nel 2009.

La conseguenza positiva, seppur limitata, e’ stata una lievissima ripresa della spesa per i consumi finali, tornata in attivo dopo la flessione dell’1,8 per cento del 2009.

Inoltre la propensione al risparmio delle famiglie si e’ attestata al 9,1 per cento, il valore piu’ basso dal 1990, 1,4 punti percentuali in meno rispetto all’anno precedente. L’Italia, inoltre, ha oggi il Pil in coda ai Paesi dell’Ue e la crescita peggiore degli ultimi 10 anni.

La ricerca sostiene che “nel decennio 2001-2010 l’Italia ha realizzato la performance di crescita peggiore tra tutti i paesi dell’Unione europea” ed il Paese e’ “fanalino di coda nell’Ue per la crescita”.

Negativo anche il capitolo salari. A questo riguardo l’Istat ritiene che “l’evoluzione stagnante della produttivita’ ha rappresentato un limite all’espansione dei salari, contribuendo alla debolezza della domanda interna nel corso dell’intero decennio”. E neppure si vedono progressi per il futuro, perche’ la “modestissima dinamica dell’economia italiana e’ stata anche il risultato di una protratta debolezza sia della domanda interna sia di quella estera, che perdura anche in questa fase di ripresa”.

Questa Caporetto e’ responsabile anche di una crescita pesante della disoccupazione. Nel biennio 2009-2010 gli occupati sono scesi di 532.000 unita’, di cui piu’ della meta’ nel Mezzogiorno. La flessione riguarda anche il Nord, col meno 1,9 per cento, pari a 228 mila persone rimaste a casa, mentre le regioni centrali rimangono sostanzialmente indenni dalle ricadute della crisi.

Il calo si e’ concentrato nell’occupazione permanente a tempo pieno, colpita col meno 1,7 per cento di licenziati, circa 297 persone.. La diminuzione ha colpito tutte le classi di eta’: meno 9,8 per cento tra i giovani di 15-29 anni, meno 2,2 per cento tra i trenta, quarantanovenni e 30, mentre gli ultracinquantenni non compaiono tra le statistiche perche’ sono stati in gran parte prepensionati.

Concretamente nel 2010 si sono raggiunti i 2,1 milioni di disoccupati, il numero piu’ altro dal 2002.

Il rapporto fa notare che “i giovani sono i piu’ colpiti dalla crisi”. Nel 2010 e’ proseguita la flessione degli occupati tra 18 e 29 anni, con un calo che e’ stato cinque volte piu’ elevato rispetto al dato complessivo. Intanto i Neet, giovani che non lavorano e non vanno a scuola, superano quota 2 milioni. Secondo i dati contenuti nella ricerca lo scorso anno si e’ registrata una flessione di 182 mila unita’, mentre nel 2009 sono state 300 mila unita’. Nel 2010 e’ occupato circa un giovane ogni due nel Nord, meno di tre ogni dieci nel Mezzogiorno.

Ed il fenomeno dell’espulsione dal mondo del lavoro colpisce anche gli emigrati. Il tasso di occupazione degli stranieri e’ sceso dal 64,5 per cento del 2009 al 63,1 per cento del 2010: “E’n calo piu’ che doppio in confronto a quello degli italiani”. Allo stesso tempo, si legge, il tasso di disoccupazione e’ passato dall’11,2 all’11,6 per cento: su cento disoccupati in piu’ nel 2010 rispetto a un anno prima, circa un quinto erano stranieri, percentuale che sale a oltre un terzo fra le donne.

Se il Paese boccheggia, le cose vanno a rotoli nella scuola ‘riformata’ dal governo Berlusconi. Il 18,8 per cento degli alunni ha abbandonato gli studi nel 2010. Per gli atenei solo due sono considerati tra i primi 200 al mondo.

L’indicatore Arwu (Academic Ranking of World Universities) valuta che tra le prime 100 universita’ del pianeta 75 sono collocate tra Stati Uniti, Regno Unito, Giappone e Germania. Per veder apparire l’Italia, bisogna allargare la classifica alle prime 200,

Il quadro desolante che emerge dal rapporto Istat e’ quasi sconosciuto agli italiani. I media, in particolare la tv, insistono col negare i fatti, raccontando un Italia popolata da veline, calciatori e concorrenti a reality.

Mentre il governo e’ immobile, occupato da due anni nel solo compito di salvare il premier dai processi a suo carico.

E l’opposizione e’ divisa, fragile e senza politica. Anche in Italia, come in Spagna, sarebbe il momento di indignarsi.

(Tratto da: http://www.inviatospeciale.com/)

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