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scapagnini mostra la sua devozione a berlusconi…
Per una volta prendo in prestito le parole di Gianfranco Fini: la via del decreto salvalista garantira’ agli elettori il diritto-dovere di pronunciarsi in ragione dei programmi e ‘di quelli che sono i comportamenti che hanno contraddistinto le parti’.
Da conservatrice, avevo pensato di non andare a votare in occasione delle prossime regionali, poiche’ non mi sento rappresentata da questa destra e non mi sento rappresentata dalla sua candidata, Renata Polverini, portatrice sana di un pensiero sociale vagamente inciucione, approssimativo e pure un po’ allergico ai congiuntivi.
Ma ha ragione il Presidente della Camera, votare non e’ soltanto un diritto, e’ un dovere, il cui esito e’ determinato anche dalla condotta e dal contegno esibiti dai contendenti.
Per questo ho cambiato idea, e il prossimo 28 marzo votero’ Emma Bonino.
Ad un’elettrice di indole ideologica come me, Emma Bonino appare quanto di piu’ distante possa esistere dalle funzioni e dalle ambizioni di cui la politica debba farsi carico. Da sempre i radicali sono piu’ concentrati sulla possibilita’ di espressione dei contenuti politici, piuttosto che sui contenuti politici stessi. Per loro la forma sembra valere piu’ della sostanza – non approvo le tue idee, ma mi battero’ perche’ tu possa esprimerle, diceva Voltaire.
Questa a me pare un’ipocrita (e politicamente ambigua) esagerazione: se non approvo le tue idee, difficilmente mi battero’ per esse. L’uomo della massa a stento si batte per le sue idee, figuriamoci per quelle degli altri. Piu’ probabilmente e piu’ realisticamente, mi battero’ invece per creare le condizioni affinche’ le tue idee vengano respinte, secondo una scala che va dal mancato favore alla mancata cittadinanza.
Tale e’ la competizione, la quale genera democrazia.
Ma perche’ il risultato finale rifletta concretamente le idee che animano la societa’, e’ indispensabile il rispetto delle regole. E sopravvengono dei casi in cui la forma vale piu’ della sostanza, per il semplice fatto che in quei casi particolari la forma e’ la sostanza.
Ci sono delle circostanze cioe’ in cui le cosiddette procedure preservano la natura e consentono la sopravvivenza stessa della competizione, e dunque della democrazia. Esse permettono di operare nella societa’ con tutto l’impegno e tutte le risorse disponibili, con tutta la determinazione e persino con ferocia, senza esclusione di colpi, per dire di volta in volta si o no all’eutanasia, alla liberalizzazione delle droghe, all’aborto, cosi come alla guerra, alla finanza speculativa, all’immigrazione piu’ o meno regolamentata, concorrendo a creare le condizioni affinche’ tali idee siano abbracciate o viceversa rifiutate dalla maggioranza.
La possibilita’ di scelta quindi e’ e deve restare subordinata al rispetto di queste regole fondamentali, che conferiscono senso e opportunita’ alla battaglie per le idee e ai loro fautori che si assumano la responsabilita’ di rappresentarle.
Da conservatrice quale ho preventivamente confessato di essere, credo fermamente che la difesa della legalita’ ed il rispetto delle regole appartengano alla tradizione di destra.
Ma la destra non c’e’.
Arriva un tempo in cui e’ indispensabile guardare alla realta’ per quello che e’, non per quello che si vorrebbe che fosse. Arriva il momento in cui bisogna saper individuare le priorita’, e trovare la forza di dire basta. Ecco, il mio voto ad Emma Bonino significa basta, perche’ mi vergogno.
Mi vergogno di una destra trasformatasi nel megafono delle voglie satiresche di un satrapo invasato, che osa parlare di amore e di odio dopo aver sfogliato il catalogo settimanale procuratogli dal lenone di turno.
Mi vergogno di una destra che si riduce ad un decreto salvalista, perche’ piu’ grave del decreto salvalista e’ l’incuria, la cialtronaggine e l’impudica autoreferenzialita’ di personaggi arrivati al punto di utilizzare beghe interne e regolamenti di conti, magari percepiti come latenti seppure infelici segnali di dibattito interno, per nascondere un’assoluta mancanza di cultura e spessore politici.
E’ chiaro che la meritocrazia che con tanta ansia ardono di applicare alle piu’ diverse categorie sociali non contempla le loro persone.
Mi vergogno perche’, se il pensiero conservatore si fonda sulla forza dell’esempio, quello che loro mettono a disposizione e’ fatto di parole strafottenti, di espressioni vigliacche, di volti corrotti dall’incoerenza e dalla bugia.
Mi vergogno perche’ non c’e’ morale. Non c’e’ diritto, e se c’e’ ‘si interpreta’. Non c’e’ lealta’ verso gli obblighi stipulati. Non c’e’ competenza. E non c’e’ neanche l’amore, quell’amore di Patria cosi tartufescamente ostentato e cosi prepotentemente tradito, perche’ l’amore implica innanzitutto rispetto, e non accetta di confondersi con attacchi ormonali compensativi di chi prende un’iniziativa e consensi panorgasmici da parte di chi e’ chiamato a plaudire.
Invece ci sono ‘cricche’ e ‘gelatine’ e ‘superuomini’ che, in nome di tale presunta superiorita’, pretendono di eludere leggi e regolamenti al grido di ‘si fa presto, si fa meglio’, mentre non sono neanche in grado di riconoscere la miseria umana di chi li circonda, e si lasciano volentieri coccolare da party esclusivi conditi di lusinghe.
Ci sono piazzisti riciclati che, lungi dal difendere il diritto di voto dei cittadini ”’ sarebbe serenamente esercitato anche in loro assenza, sulla base dell’offerta politica disponibile ”’ sono soltanto terrorizzati dall’ipotesi di doversi misurare con la ricerca di un’occupazione ed essere costretti, come da loro stessi di sovente suggerito ai bamboccioni, ad accettare quello che capita, in attesa del prossimo incarico da pietire.
Mi vergogno di una destra che fa male al Paese perche’ approfitta delle sue debolezze, invece di correggerle. Di una destra che non ha vergogna di se stessa.
La destra a cui penso e’ assai diversa, e per immaginarne lo spirito mi rifaccio alle parole di qualcuno che ho avuto l’onore di conoscere circa due anni fa e che, abituato com’e’ a rifuggire i riconoscimenti e la retorica, rileggendosi, forse sorridera’.
”¦Mi attendo cioe’ che il conservatore sensu meo agisca verso cio’ che gli venga tramandato o affidato (sia esso un incarico, un bene, un patrimonio o quant’altro), proteggendolo, migliorandolo e coltivandone le caratteristiche vantaggiose e, qualora sia necessario portarvi delle modifiche, lo faccia minimizzando il rischio di dissiparlo, disperderlo o degradarlo’¦ Il mio conservatore ideale pertanto dovrebbe avere, per quanto puo’, anche una propria privata, intrinseca, spirituale austerita’ conservatrice. Un po’ come detto in questa poco nota, ma a mio avviso suggestiva poesia di Constantine Cavafy che, in mancanza di traduzioni italiane piu’ qualificate a mia immediata disposizione, vi faccio subire in una traduzione mia:
Per quanto puoi
E se non ti riuscira’ di dare alla tua vita la forma che desideri,
a questo almeno dirigi ogni sforzo,
per quanto puoi: non degradarla
con troppe mondane commistioni,
con troppe vane azioni e parole.
Non degradarla, se riesci, strattonandola di fretta,
portandola in giro ad esporsi cosi spesso
in impegni di societa’ e baldorie,
squallori quotidiani,
fino a renderla quella di un parassita.’
Altri uomini, un’altra destra. Che non c’e’.
(Tratto da: http://www.stampalibera.com)
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