Haiti: la falsa coscienza bianca

(Fonte: Inviatospeciale.com/)

Un giornalista ‘commosso’ descrive il cinismo occidentale.

Ha scritto Massimo Gramellini su ‘La Stampa’: “Sconvolto dagli effetti apocalittici del terremoto di Haiti, sono andato in cerca di informazioni per scoprire com’era la vita nell’isola, fino all’altro ieri. Ho appreso che l’ottanta per cento degli haitiani vive (viveva) con meno di un dollaro al giorno. Che il novanta per cento abita (abitava) in baracche senza acqua potabile ne’ elettricita’. Che l’aspettativa di vita e’ (era) di 50 anni. Che un bambino su tre non raggiunge (raggiungeva) i 5 anni. E che, degli altri due, uno ha (aveva) la certezza pressoche’ assoluta di essere venduto come schiavo”.

Benvenuto terremoto, allora, se ha spinto il cinquantenne vicedirettore del quotidiano torinese ad interessarsi del sottosviluppo. Ma il giornalista non si e’ limitato alla ricerche, ha anche elaborato un singolare pensiero.

Nel suo articolo, infatti, ha aggiunto: “Se questa e’ (era) la vita, mi chiedo se sia poi tanto peggio la morte. Ma soprattutto mi chiedo perche’ la loro morte mi sconvolga tanto, mentre della loro vita non mi e’ mai importato un granche’. So bene che non possiamo dilaniarci per tutto il dolore del mondo e che persino i santi sono costretti a selezionare i loro slanci di compassione. Eppure non posso fare a meno di riflettere sull’incongruenza di una situazione che – complice la potenza evocativa delle immagini – mi induce a piangere per un bambino sepolto sotto i detriti, senza pensare che si tratta dello stesso bambino affamato che aveva trascorso le ultime settimane a morire a rate su quella stessa strada. Cosi mi viene il sospetto che a straziarmi il cuore non sia la sofferenza degli haitiani, che esisteva gia’ prima, ma il timore che una catastrofe del genere possa un giorno colpire anche qui. Non la solidarieta’ rispetto alle condizioni allucinanti del loro vivere, ma la paura che possa toccare anche a me il loro morire”.

Secondo Gramellini, comodamente sistemato davanti al suo computer, “non possiamo dilaniarci per tutto il dolore del mondo” e, comunque, oltre la pena per la tragedia haitiana, la cosa piu’ inquietante e’ “la paura che possa toccare anche a me il loro morire”.

I piccoli di Haiti di certo, pur poverissimi, oggi sarebbero ben felici di poter giocare ancora coi loro giocattoli arrangiati per le strade polverose dell’isola invece di essere seppelliti in fosse comuni, ma soprattutto (se vivi) avrebbero potuto almeno sognare di trasformare la propria vita, cosa che al giornalista non e’ neppure venuta in mente.

Ed altro dovrebbe sapere il vicedirettore de ‘La Stampa’, se non avesse studiato poco e male. Per esempio che la responsabilita’ della strage di Hispaniola non e’ solo di Madre Natura, ma principalmente di quelli di ‘colore’ (bianco).

Perche’ nei secoli il popolo haitiano e’ stato costruito prima con le deportazioni spagnole degli schiavi, poi con lo sfruttamento, gli eccidi, le torture ed i saccheggi di francesi, tedeschi e americani. Per secoli fino ad oggi. I cittadini haitiani hanno anche conquistato l’indipendenza, il primo gennaio 1804, diventando il secondo Paese delle Americhe, dopo gli Stati Uniti, a non avere padroni. Ma hanno pagato subito, perche’ si sono visti ricolonizzare immediatamente, fino all’invasione Usa del 1915.

La deforestazione, gli omicidi, gli squadroni della morte, la rapina delle risorse, la corruzione, i dittatori sono stati i prodotti della fervida mente delle cancellerie e degli affaristi occidentali e per questo le case, le strade, i ponti, le reti telefoniche, gli ospedali, tutto cio’ che e’ stato edificato tra tangenti ed imbrogli non ha resistito alle scosse. Come e’ successo per la casa dello studente all’Aquila.

Per la totalita’ del secolo scorso Haiti e’ stata colonia di Washington e dopo la Seconda guerra mondiale e la rivoluzione cubana ha rappresentato un avamposto per il controllo dei Caraibi in funzione anticastrista. I sanguinari dittatori che hanno governato per conto degli interessi del ‘Nord’ hanno preso tutto quello che c’era da prendere, compresa la vita di chiunque anche solo immaginava di opporsi. Oggi l’ultimo dei carnefici, Jean-Claude Duvalier, vive in Francia, coi milioni di dollari estorti al suo popolo.

Il vicedirettore de ‘La Stampa’, infine, potrebbe anche informarsi su un’altra ‘piccola’ cosa. Secondo il rapporto annuale dell’Unicef 2008 ogni giorno 26 mila bambini di eta’ inferiore ai 5 anni muoiono per cause del tutto evitabili come malattie infettive e fame. Un bambino ogni 3 secondi, 20 al minuto.

A quelle piccole vittime vanno aggiunti gli anziani (a 40 anni), le donne, i profughi, le vittime causate da guerre ‘armate’ da ordigni ed interessi del mondo ‘ricco’.

E’ quel Sud per il quale Gramellini suppone non ci si possa “dilaniare”. Ma il giornalista non e’ solo nel suo cinismo: con lui ci sono governi, razzisti, sfruttatori, multinazionali, mercenari, nuovi schiavisti e tanti reporter superficiali. Oggi alcuni di questi signori sono impegnati nel soccorso alle vittime e gia’ pianificano come arricchirsi grazie ai soldi che arriveranno per la ricostruzione.

Soldi occidentali per imprese occidentali e gli spiccioli agli operai haitiani che continueranno a guardare con occhi tristi i Land Cruiser da 81mila euro l’uno della cooperazione internazionale e delle agenzie Onu.

Molti dei ‘filantropi commossi’ stanno adesso comodamente seduti in uffici ad aria condizionata o con efficienti riscaldamenti e sono pronti a depredare qualunque luogo della Terra possa accrescere la loro ricchezza.

Demagogia? No, per nulla. Ci si domandi come mai uno stesso sisma, della stessa violenza, se scuote Los Angeles o Tokyo non massacra decine di migliaia di persone.

Madre Natura non e’ ‘cattiva’, fa semplicemente il suo ‘lavoro’, confidando sulla saggezza degli umani, ormai capaci di evitare gli ‘eccessi di energia’. Quando possono (hanno i soldi) e quando vogliono (hanno la liberta’).

Stia tranquillo Gramellini, non vedra’ da noi al Nord le stesse scene terribili di Port au Prince e neppure le vedranno i suoi figli e nipoti. Ma sappia che nel tempo necessario per leggere questo articolo sono morti almeno 60 bambini, che forse avrebbero preferito vivere poveri e da grandi cambiare il mondo.

E piangano ogni giorno, non solo oggi, i ‘commossi bianchi da casa’ per Haiti e l’esercito di giornalisti che mentre racconta al mondo una tragedia piu’ che annunciata mangia panini a Port au Prince. Perche’ morire a Sud e’ una ‘abitudine’ quotidiana, come il gratta e vinci.

Roberto Barbera

(Tratto da: http://www.inviatospeciale.com/)

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